“Quando si esige che anche il Vaticano paghi l’Ici sui luoghi di culto, ci si dimentica del fatto che le chiese non sono di proprietà della Santa Sede. Molte appartengono allo Stato italiano e ai Comuni, oppure a parrocchie, diocesi, ordini religiosi, associazioni, privati ed enti pubblici”. Lo sottolinea Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale dello Stato della Chiesa, nel corso di un’intervista a Ilsussidiario.net. Per l’esperto, “tutte le attività di culto, incluse le moschee che pure non hanno firmato un Concordato, sono esentate dal pagamento dell’Ici. Ma soprattutto abolire l’esenzione per il non profit costringerebbe alla chiusura le mense dei poveri e le altre attività benefiche, creando problemi sociali di proporzioni inaccettabili”.
Che cosa ne pensa delle dichiarazioni del cardinal Bagnasco, che ha aperto sul pagamento dell’Ici da parte della Chiesa?
Bagnasco evidentemente si riferiva al problema, sollevato nel corso di questa polemica, circa l’esistenza o meno di zone grigie sulle quali fare chiarezza. Mi pare che una disponibilità a questo riguardo da parte della Chiesa sia del tutto apprezzabile. Ridiscutere l’esenzione in quanto tale però a mio avviso non avrebbe senso, in quanto quest’ultima non riguarda solo la Chiesa, ma tutti i soggetti non profit che svolgono un certo tipo di attività.
Davvero ritiene che la legge italiana sull’esenzione Ici al non profit sia ambigua?
Forse la normativa non è chiarissima, ma il problema nasce anche dal fatto che l’Ici è un’imposta comunale, e ogni Comune quindi applica e interpreta con prassi diverse le disposizioni della legge nazionale. Non vorrei quindi che quando si parla di zone grigie si faccia riferimento a differenze che possono rilevarsi da Comune a Comune proprio a causa di questa diversità territoriale.
In particolare per quanto riguarda i luoghi di culto, l’esenzione vale solo per la Chiesa cattolica o per tutte le religioni e quindi anche alle moschee?
Io ritengo che sia applicata a tutte le confessioni religiose. E’ pur vero che l’Islam non ha mai sottoscritto un’intesa con lo Stato italiano. Nel nostro ordinamento esiste tuttavia un principio di carattere generale, in base al quale l’attività di culto da un punto di vista tributario è valutata alla stessa stregua delle attività di assistenza e beneficenza.
Alcuni esponenti del Pdl, come Bruno Murgia, hanno chiesto che la Chiesa paghi l’Ici almeno per le attività commerciali …
Ma la Chiesa paga già per le attività commerciali. E’ quindi una polemica, o una precisazione, inutile da questo punto di vista. Laddove ci sono delle attività commerciali chiaramente l’imposta è dovuta anche con la normativa vigente.
I radicali hanno puntato il dito contro le attività commerciali “travestite” da luoghi di culto. La ritiene una notizia fondata?
Sorprende un po’, perché evidentemente non è la cappellina nell’albergo che cambia la destinazione di quell’immobile a un’attività di carattere commerciale. Se ci sono delle situazioni di non corrispondenza alla norma, questo implica una violazione della legge. E quindi ovviamente vanno rilevate e perseguite.
Avrebbe senso ridiscutere l’esenzione per tutte le attività non profit?
No, e per una ragione molto semplice: le attività non profit, siano esse realizzate dalla Chiesa cattolica, da altre confessioni religiose o da istituzioni civili e laiche, hanno una funzione sociale e quindi sollevano lo Stato e gli altri enti pubblici da oneri che sarebbero certamente più gravosi. Il non profit infatti è costituito prevalentemente, se non esclusivamente, da volontariato, che non costa nulla. D’altra parte si tratta di servizi che per le modalità con le quali sono prestati favoriscono una umanizzazione all’interno della società, cioè fenomeni di crescita dei rapporti di solidarietà che sono fondamentali per tenere legata la base sulla quale si fonda lo Stato.
La crisi si può sconfiggere facendo pagare l’Ici alla Chiesa e al non profit?
Non direi proprio che la crisi possa essere risolta cancellando l’esenzione Ici, anzi in questo modo si aumenterebbero i problemi, perché ci sarebbero fasce della popolazione che sarebbero ulteriormente emarginate. Tutti ne risentirebbero, perché l’esenzione o vale per tutti gli enti non profit o non vale per nessuno: la questione quindi non è la Chiesa. E comunque basta prendere l’esempio delle mense dei poveri della Caritas o della comunità di Sant’Egidio. Poniamo che siano costrette a pagare l’Ici e ciò impedisca l’esercizio del servizio: in questo modo si perderebbe la mensa e quindi coloro che ne beneficiavano si troverebbero ad avere un servizio in meno.
Perché la Chiesa è esentata dall’Ici e i sindacati e i partiti invece devono pagarla?
Il legislatore, nel porre in evidenza questa differenza, evidentemente ha considerato la peculiare rilevanza che i sindacati e a maggior ragione i partiti politici hanno nel sistema costituzionale e quindi anche dei benefici di cui già godono sotto altre forme.
Pur facendo le debite distinzioni, ritiene che il Vaticano non sia un potere?
Cominciamo a dire che le chiese non sono di proprietà del Vaticano. Il Vaticano è un termine generico con cui si indicano due realtà distinte: o lo Stato della Città del Vaticano, che è uno Stato straniero come la Francia o la Germania, o la Santa Sede che è l’organo di governo della Chiesa universale e si trova nella Città del Vaticano. Quindi quando si parla di Santa Sede spesso lo si confonde con la Chiesa italiana. Ma il Vaticano, in entrambe le accezioni, non ha edifici di culto in Italia.
Di chi è quindi la proprietà delle chiese?
E’ molteplice, può essere di parrocchie, diocesi, ordini religiosi, associazioni, privati, enti pubblici. Anche i Comuni e lo Stato sono proprietari di alcune chiese. Quindi i soggetti sono i più vari. E i palazzi del Vaticano presenti sul territorio italiano? Nei casi in cui sono affittati come abitazioni private, uffici e negozi, hanno una finalità commerciale e pagano l’Ici. Tanto è vero che il Vaticano è uno dei principali contribuenti, se non il primo in assoluto, del Comune di Roma per quanto riguarda l’imposta sugli immobili.
Il Palazzo della Cancelleria e quello di Propaganda Fide, di proprietà della Santa Sede, però sono esentati …
Quelli sono gli immobili che godono dell’immunità extraterritoriale e cioè dell’equiparazione alle sedi delle ambasciate, che sono un numero limitato e sono quegli immobili nei quali si trovano i dicasteri della Santa Sede.
(Pietro Vernizzi)