SCENARIO/ 2. E ora Bossi scommette sulla morte dell’Euro per salvare la Lega

- Francesco Jori

Grande il disordine sotto il cielo della Lega, nonostante il ruolo di unica opposizione al governo Monti. E Bossi rispolvera la tattica del ’96. Il racconto di FRANCESCO JORI

BossiUmbertoQuirinaleR400 Umberto Bossi (Imagoeconomica)

Ci mancava pure il revisionismo storico: una Lega costretta a smantellare tutta l’iconografia di Alberto da Giussano, per sostituirlo con un più scolorito Guido da Landriano? Già era scoppiato un mezzo casino un paio di mesi fa a San Bonifacio, nel Veronese, per via di due statue da erigere in paese, una dedicata alla Madonna e l’altra all’Alberto in questione; scelta quest’ultima poi congelata. E adesso Landriano, provincia di Pavia, che si mette a contendere il primato di eroe proto padano a Legnano, basandosi sul libro di uno storico che sostiene che Alberto da Giussano non è manco esistito… Grande sembra il disordine sotto il cielo della Lega, malgrado il ruolo di opposizione unica al governo Monti ne abbia ricompattato esternamente il fronte.

Le polemiche in realtà continuano: ultima quella in Veneto, ennesimo capitolo dello scontro nemmeno più tanto sommerso tra il segretario Gobbo e il sindaco Tosi, con il primo a intimare al secondo di non presentare, accanto a quella del Carroccio, una lista propria alle prossime elezioni comunali di Verona. Una scelta peraltro di cui si era avvalso a suo tempo lo stesso Gobbo al momento di candidarsi sindaco a Treviso, e replicata lo scorso anno dal presidente della Provincia Muraro. Il fatto è che da un lato nella Liga veneta è in scena ormai da mesi lo scontro tra i due big in vista del prossimo congresso regionale (e se la lista Tosi dovesse raccogliere più consensi di quella del Carroccio?), e dall’altro la parola d’ordine nella Lega Nord è cercare di tenere assieme il massimo possibile dei consensi al logo di casa, specie in una fase in cui i sondaggi danno il partito in calo malgrado la scelta di stare all’opposizione.

A conferma del fatto che l’aria che tira è pesante, basta scorrere il libro “Gente del Nord” appena arrivato in libreria con la firma del contestato capofila del “cerchio magico” Reguzzoni: peana perfino risibili su Rosy Mauro, che tutto ricorda tranne uno statista, ma che nelle pagine del volume diventa una sorta di Thatcher in variante padana, e tribolate di rigore su Renzo Bossi; mentre al rivale interno Maroni sono dedicate fugaci note.

Il nodo sta tutto nella scommessa di Bossi (quello senior, s’intende), che sta ripetendo pari pari le mosse del 1996, quando scelse di stare all’opposizione solitaria scommettendo sul fallimento dell’ingresso dell’Italia in Europa. Ed è una scelta che lascia perplessa una parte consistente dell’elettorato leghista, perché se il crack dell’euro fosse scongiurato il Carroccio si ritroverebbe con le ruote a terra. Ma l’interrogativo principale è comunque un altro: anche ammesso che la Lega, stando all’opposizione, incassi più voti, cosa se ne farebbe? Come li spenderebbe, un domani, se il risanamento del governo Monti andasse in porto, e il movimento padano si ritrovasse isolato? O se anche partecipasse a una nuova alleanza con un diverso centro-destra, che garanzie darebbe al proprio elettorato, visto che in quasi dieci anni di governo a Roma non ha portato a casa nessun vero risultato, non potendo catalogare come tale un federalismo dimezzato, e comunque in congelatore per via della crisi economica?

In realtà, anche la mossa di ridare vita a un Parlamento padano posto in letargo dal 2007 non ha convinto una parte dei leghisti, che avrebbe semmai preferito un confronto con gli imprenditori e le parti sociali. Ed è significativo il fatto che poco meno di metà dell’elettorato leghista consideri affidabile Monti, malgrado Bossi & soci sparino su di lui a palle incatenate, con l’aiuto del megafono della “Padania”: quotidiano peraltro esangue, che non viene comprato neppure dai dirigenti, e alle prese con lo spettro di tagli e licenziamenti tale da indurre i suoi redattori al ritiro delle firme.

In definitiva, l’odierno atteggiamento della Lega sembra più che altro una sorta di catenaccio calcistico di vecchio stampo: tutti in difesa, e quando arriva la palla calci lunghi a spedirla il più lontano possibile, in attesa di vedere come gira la partita. Scelta magari destinata a pagare nei tempi brevi, ma che lascia irrisolta la questione settentrionale posta con forza ormai da decenni dalla società del nord: la stessa che ha visto mal riposta, in questi anni, la fiducia accordata alla Lega di governo; e alla quale poco importa di una Lega tornata a quella di lotta.







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