SCENARIO/ Violante: col Pdl c’è l’accordo sulla nuova legge elettorale
Sono in corso incontri di valutazione tra le formazioni politiche per individuare un percorso riformista condiviso. LUCIANO VIOLANTE spiega quali ostacoli potrebbero frapporsi

Deposte le armi e ceduto il disbrigo delle emergenze al governo Monti, i partiti hanno un sacco di tempo a loro disposizione. Grazie al commissariamento, godono, paradossalmente, di più ampi margini d’azione. I leader, per lo meno quelli delle formazioni che sostengono l’esecutivo, possono incontrarsi alla luce del sole. Alcuni fattori vitali per il nostro sistema richiedono ben più della semplice maggioranza parlamentare. Come la riforma delle legge elettorale. Al di là dei distinguo d’ordinanza in situazioni pubbliche, la stanno mettendo a punto. Abbiamo chiesto a Luciano Violante a che punto sono.
Le risulta che sia in corso una tale trattativa?
Per il momento, non si può ancora parlare di trattative vere e proprie. Si tratta di incontri e scambi di opinioni che, effettivamente, stanno avendo luogo tra tutti i partiti.
Si dice che Pd e Pdl stiano tentando di “far fuori” l’Udc.
No, assolutamente. Chi sarà escluso lo sarà in virtù, eventualmente, della decisione di autoescludersi.
Quali sono gli elementi a cui i singoli partiti non rinunceranno?
Se la questione fosse impostata in questi termini, ovvero, se ciascuno partito dovesse esprimere un veto, difficilmente si giungerebbe a un accordo. Occorre, anzitutto, ribaltare il metodo. La base di partenza per un intesa è che ognuno rinunci a qualcosa.
E, in tal senso, a che punto siamo?
Il Pdl ha rinunciato a porre una pregiudiziale per mantenere la coalizione di maggioranza. Noi abbiamo un’opzione per il collegio uninominale a doppio turno, cui siamo particolarmente “affezionati”, ma sulla quale non abbiamo posto una pregiudiziale negativa. Tutto ciò ha sbloccato la situazione.
Quale sistema potrebbe essere condiviso dai principali partiti?
Attenzione: non si può pensare che i principali partiti proseguano nella stesura della riforma senza l’apporto di tutti gli altri. La legge elettorale riguarda il sistema politico nel suo complesso, e non le singole formazioni, piccole o grandi che siano. Per cui, gli incontri in corso, hanno lo scopo di individuare una soluzione che ottenga l’unanimità dei consensi o che, quantomeno, sia il più largamente condivisa.
Quali sono i punti maggiormente condivisi?
Vi è a mio avviso, un consenso generale sulla necessità di non reintrodurre il voto di preferenza, in quanto rappresenterebbe un fattore corruttivo, in grado di far lievitare fortemente i costi della campagna elettorale. Si tratta, a questo punto, di valutare, tra i sistemi in circolazione, quale sia il più adatto al nostro ordinamento e alle nostre tradizioni.
In molti sostengono che se i partiti non approveranno una riforma entro fine legislatura, saranno fagocitati dall’antipolitica. E così?
Certamente. Nei termini di un’enorme disaffezione da parte dei cittadini. Chi, infatti, si opponesse al cambiamento, contribuirebbe alla conservazione, nei gruppi di comando dei partiti, del potere di scegliere i Parlamentari, privando i cittadini di tale diritto.
Crede che la Bozza Ceccanti potrebbe rappresentare la base di partenza per una riforma condivisa?
Di sicuro piace a Pd e Pdl, perché li favorisce. Ma, contestualmente, è avversata da tutti gli altri.
E la sua proposta?
A parole, sulla mia bozza, si dicono praticamente tutti d’accordo. Non son sicuro che, nei fatti, tutti i punti presenti in essa siano praticabili.
Quali, invece, lo sono?
Il taglio dei Parlamentari, il superamento del bicameralismo perfetto, l’attribuzione di diversi poteri al premier e la sfiducia costruttiva.
(Paolo Nessi)
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