ELEZIONI AL SUD/ Il voto clientelare e il flop dei sondaggisti premiano M5s

- Sabatino Savaglio

Nelle regioni del Sud e in Calabria in particolare il voto, storicamente clientelare, dichiara una cosa ma ne farà un’altra. E andrà oltre ogni previsione a M5s. SABATINO SAVAGLIO

luigi_dimaio_5_lapresse_2018 Luigi Di Maio e Matteo Salvini sull'inchiesta stadio Roma - LaPresse

C’è un sentire diffuso nelle regioni del Sud e in Calabria in particolare: tra opinionisti accreditati, sondaggisti di professione e chiacchiere da bar, in molti si sperimentano nel pronosticare una vittoria di distanza del Movimento 5 Stelle che potrebbe assumere dimensioni molto più ampie di quella maggioranza relativa, ma solo a livello di lista e non di coalizione, di cui attualmente si parla. 

Anche se i pentastellati probabilmente non supereranno, a livello nazionale, il fatidico muro del 40 per cento, la loro affermazione in alcune regioni meridionali potrebbe assumere dimensioni clamorose.

C’è un malcontento generalizzato per “la vecchia politica”, per quei personaggi che da decenni occupano la scena politica regionale, consumando la pazienza dell’elettore che, stremato dai dinosauri e dalle dinastie familiari, vede nei candidati grillini l’unica soluzione per sparigliare le carte e rompere quelle sacche di potere che un po’ da destra e un po’ da sinistra opprimono lo sviluppo del territorio. 

Infatti, quello che colpisce, discutendo negli uffici, nelle scuole, nelle strade è che in Calabria il voto per i candidati del M5s sembra raggiungere numeri plebiscitari.

Il rancore è soprattutto verso il Partito democratico, ma anche il centrodestra non ne è esente. Specie tra gli imprenditori e tra i professionisti, pur con molte cautele quando si parla in pubblico, perché vale sempre la convinzione che “farsi nemici i potenti non conviene”, nelle discussioni private ci si sbilancia: “qui non funziona più niente”, “meglio ribaltare il tavolo”, “peggio di così non può venir nulla” …ed altre considerazioni analoghe.

Nei confronti del Pd affermazioni di questo tipo sono più frequenti; probabilmente incide la presenza di una giunta regionale di centrosinistra che ha prodotto risultati percepiti a dir poco al di sotto delle attese. L’alternanza di governo (specie regionale), altrove considerata un arricchimento della dialettica politica, nel contesto della Calabria è una diminutio. Si assiste ormai da diversi anni ad una penalizzazione dell’area politica che è al governo. Ma si è sempre finiti nella gattopardesca situazione del “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Non esistono, in tutto il meridione, regioni che possano essere stabilmente considerate rosse o azzurre; è probabilmente la conseguenza della cattiva gestione di molte regioni che conduce ad un’inesorabile bocciatura di chi ha governato per ultimo o sta ancora governando.

Le simulazioni basate sui sondaggi mostrano, in Calabria, un Pd incapace di affermarsi in nemmeno un collegio uninominale per la Camera. Il probabile crollo verticale del Pd rischia di riflettersi anche sulle altre liste della coalizione, considerate solo dei portatori d’acqua, ovvero la lista +Europa di Emma Bonino e “Insieme” composta da Verdi e Socialisti.

Disincanto e insofferenza tanto per il centrosinistra quanto per il centrodestra perdurano da oltre un ventennio, a causa di una classe politica che da anni si tramanda da padre in figlio, da marito in moglie, da zio in nipote. E non sono casi limitati: in ogni zona della Calabria insistono gruppi politici su base familiare che hanno costituito delle piccole monarchie.

Così come ci sono dei “grandi vecchi” della politica, non certo stimati come grandi statisti, che ricoprono il mandato prima di consigliere e assessore regionale e poi di parlamentare (e a volte sottosegretario) fin dal 2000 o anche capaci di essere stati parlamentari per ben nove legislature, con una sola interruzione, la cui prima elezione è avvenuta nel 1976 ovvero, per intenderci, ai tempi in cui Berlinguer sperava nel sorpasso del Pci nei confronti della Dc e di candidarsi nuovamente al mandato parlamentare a circa 80 anni di età.

A beneficiare del probabile crollo della vecchia politica non sarà solo il M5s. Una parte consistente di quello che era l’elettorato di centrosinistra sembra orientata a dar fiducia a Liberi e uguali, sperando che la formazione guidata da Pietro Grasso possa rilanciare in qualche modo una politica di sinistra, non massimalista ma capace di porsi come forza di governo in un sistema largamente proporzionale.





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