C’è un detto attribuito a Pietro Nenni che è tornato di grande attualità con la stagione di Mani pulite e ora con i manettari a 5 Stelle. “A fare a gara a fare i puri, c’è sempre qualcuno di più puro che ti epura”, disse il vecchio leader del Partito socialista. La frase è stata applicata ai vari Robespierre degli ultimi 25 anni, i moralizzatori paladini della legalità poi decaduti, da Antonio Di Pietro fino agli avvisi di garanzia piovuti su vari amministratori locali pentastellati, da Chiara Appendino fino a Virginia Raggi.
Ma ieri il destino ha giocato un bruttissimo tiro al M5s, piazzando nello stesso giorno un “uno-due”, come si direbbe nel pugilato, che ha messo alle corde i grillini. Nell’arco di poche ore è stato prima arrestato per corruzione il capogruppo pentastellato nel Consiglio comunale di Roma, Marcello De Vito, tradito dalle intercettazioni, proprio la bandiera giustizialista impugnata a lungo come una clava contro gli avversari politici di ogni colore. E successivamente i parlamentari fedeli alla linea hanno votato contro l’autorizzazione a procedere a carico del ministro Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti. Tutto nello spazio di un mattino in un colossale imbarazzo collettivo: un doppio sigillo sulla perdita di credibilità del Movimento che si è stabilmente guadagnato un quarto dell’elettorato con parole d’ordine come onestà, diversità, spazzacorrotti, fiducia cieca nella magistratura, difesa nei processi e non dai processi.
Il voto parlamentare appartiene a una ragione di Stato, o di governo, che i grillini di Luigi Di Maio hanno appreso – e applicato – molto rapidamente una volta messo piede nei palazzi del potere. Nel pacchetto di scambio con la Lega è senz’altro compreso lo scambio di favori che andrà in scena oggi, quando il Parlamento dovrà votare la mozione di sfiducia contro Danilo Toninelli. Il ministro delle gaffe, oltre che delle Infrastrutture, passerà indenne dalle forche caudine delle Camere, come ieri il collega Salvini. Per entrambi i partiti di governo sono giorni difficili in cui ognuno perde qualcosa in questi passaggi parlamentari. Ma c’è qualcuno che paga un prezzo più alto, e sono i grillini.
La presunta diversità a 5 Stelle appare una parola vuota per la maggioranza al Comune di Roma, che conquistò il Campidoglio sull’onda dell’indignazione per le inchieste di Mafia capitale e ora scivola sui lavori per il nuovo stadio, che non sono ancora cominciati. Nessuno è immune dal virus della corruzione, nessuno ha ancora il vaccino giusto contro le mazzette nel “partito no vax”: anche i grillini si dimostrano permeabili al malaffare, e poco importa che il capogruppo sia stato espulso immediatamente dal Movimento, un atto dovuto che non copre la clamorosa assenza di anticorpi interni.
I grandi enunciati di principio crollano come castelli di carte nel giorno in cui i grillini consentono all’alleato di governo di sottrarsi alla magistratura. Salvini è salvo, e oggi lo sarà anche Toninelli. Uno scambio quasi alla pari.
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