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Home » Politica » PONTE SULLO STRETTO/ Firmato l’accordo di programma: ecco come viene sbugiardata la mappa del “no”

  • Politica
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PONTE SULLO STRETTO/ Firmato l’accordo di programma: ecco come viene sbugiardata la mappa del “no”

Manlio Viola
Pubblicato 17 Luglio 2025 - Aggiornato alle ore 16:31
Matteo Salvini, leader Lega e Ministro delle Infrastrutture (ANSA 2025, Massimo Percossi)

Matteo Salvini, leader Lega e Ministro delle Infrastrutture (ANSA 2025, Massimo Percossi)

Ieri è stato firmato al MIT l’accordo di programma del Ponte sullo Stretto. Comprende 20 miliardi per infrastrutture stradali e ferroviarie ulteriori

Un ulteriore passo avanti verso l’avvio dei cantieri per il Ponte sullo Stretto. È stato firmato a Roma l’Accordo di programma che disciplina gli impegni amministrativi e finanziari volti a garantire la piena operatività della società Stretto di Messina e il completamento dell’opera. Al tavolo del ministero delle Infrastrutture c’erano i ministri Salvini e Giorgetti, i presidenti della Regione Sicilia Schifani e della Regione Calabria Occhiuto oltre ai vertici di Anas, Rfi e Società Stretto di Messina.


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Per i siciliani, la maggior parte dei siciliani, si tratta di una buona notizia anche perché il Ponte non resterà una cattedrale nel deserto. Lo ha garantito lo stesso Schifani confermando l’esistenza di “un vero e proprio piano strategico di infrastrutturazione stradale e ferroviaria per la Sicilia, con investimenti di quasi 20 miliardi di euro”. Si tratta della linea a media velocità ferroviaria Palermo-Catania-Messina e della linea ferroviaria Catania-Ragusa. Viene riammodernata l’autostrada A19 Palermo-Catania e completata la SS 640 Caltanissetta-Agrigento. Tutte queste strutture, ha dichiarato Schifani, sono “direttamente connesse al Ponte e fondamentali per garantirne piena funzionalità e integrazione nel sistema dei trasporti regionali e nazionali”.


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Ma ad ogni passaggio che avvicina i cantieri del Ponte si contrappone, sempre, una sequenza di polemiche da parte di un variegato fronte di oppositori. Ma chi sono questi oppositori? Da una parte sono quelli di sempre, che potremmo riassumere nel fronte già chiamato “No Tav”, quel gruppo che negli anni ha dato filo da torcere ad altre grandi opere pubbliche e che adesso sposta la propria attenzione verso questa grande opera.

Ma il vero fronte non è questo. L’area antagonista, in questo senso, appare residuale. Così come non è più neppure quello politico tradizionale.

Il fronte dei No Ponte lo si può riconoscere in due grandi categorie: una politica, l’altra di natura sociale e territoriale.


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Il fronte politico

L’opposizione politica è certamente radicata nella sinistra italiana e siciliana, ma contrariamente a quel che si potrebbe pensare, lo è sempre meno nel Pd siciliano. Fra i dem c’è certamente il fronte di sinistra che rimane ideologicamente e saldamente contrario a questa grande opera (e per lo più a tutte le grandi opere), ma sono sempre di più i singoli deputati, consiglieri, aderenti e simpatizzanti che si riconoscono più in posizioni di centro e che, pur non dicendolo apertamente, hanno dismesso i panni degli oppositori al Ponte. Non li si sente dire che si tratti di un’opera utile e necessaria, ma non li si sente più neanche intervenire contro e tantomeno con toni duri, forti, esacerbati.

Su questo fronte a prendere in mano l’ascia di guerra sono più i 5 Stelle, che non perdono occasione per attaccare le “incongruenze del progetto”, l’inevitabile “cattedrale nel deserto”, lo “sperpero di risorse”, la “non realizzabilità dell’opera” che, a loro dire, è solo un bluff e “non si farà”.

Con loro ci sono le sinistre più estreme, da Avs ai Verdi passando per Sinistra italiana, che però, in Sicilia, non sono più rappresentate politicamente nel Parlamento regionale e questo la dice lunga sugli effetti pratici della loro contrarietà all’opera.

Il fronte “sociale”

C’è, poi, un fronte di opposizione che per semplicità possiamo definire sociale ma in realtà dipende anche da un elemento territoriale. Se i siciliani sono generalmente favorevoli, il fulcro dei contrari si trova, invece, proprio a Messina e nel Messinese. Non che altrove non ci siano contrari, ma sicuramente sono meno agguerriti.

I motivi sono tanti. C’è chi da decenni lavora con le società di navigazione sullo Stretto e teme per il suo futuro, ci sono i proprietari di immobili e terreni che vedono dietro l’angolo l’esproprio, c’è chi teme per l’impatto ambientale e chi per le inevitabili conseguenze in città da cantieri inevitabilmente così impattanti.

A Messina, poi, c’è un intero “mondo di mezzo”, quello stesso mondo politico che nel 2013 elesse sindaco, fuori da ogni previsione, Renato Accorinti, fondatore del Movimento “No Ponte” e sindaco fino al 2018.

Messina è da sempre una città politicamente “anomala” che non si può catalogare negli schieramenti tradizionali. Non è un caso che sempre nel Messinese sia nato un personaggio politico come Cateno De Luca, oltre ad Accorinti. Persone estremamente diverse fra loro ma entrambe fuori dagli schemi, in modo e per motivi diversi.

Le “parti sociali”

Infine un cenno va fatto alle parti sociali, i sindacati. Ormai contro il Ponte convintamente sembra rimasta solo la Cgil. Qualcuno la metterebbe nel primo paragrafo, quello politico. Altri continuano a considerare la Cgil un sindacato o addirittura l’unico sindacato.

Le posizioni sono variegate ma non maggioritarie. A Messina sono più rumorose che nel resto della Sicilia. A tirar le somme, i contrari al Ponte sembrano arretrare ogni giorno di più per numero e per convinzione ed anche che sostiene “fate prima le strade, la ferrovia, gli acquedotti” non sembra più troppo convinto. Già una volta il Ponte fu cancellato ma quei soldi non andarono alle altre infrastrutture.

Insomma quando il governo di centrosinistra decise di non fare più il Ponte mettendo in liquidazione progetto e Società, in Sicilia non cambiò mica nulla per strade, ferrovie ed acquedotti. E questo qualcuno se lo ricorda.

(L’autore è direttore di BlogSicilia.it)

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