Ieri è stato approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina, un'opera che ha più di un senso realizzare
Ieri il Cipess ha approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina che sarà il più lungo al mondo tra quelli a campata unica (3.666 metri di lunghezza). Il progetto richiederà un investimento complessivo di 13,5 miliardi di euro e sarà completato entro la fine del 2032.
Il ponte avrà tre corsie stradali per senso di marcia più due binari ferroviari ed è progettato per resistere a scosse sismiche fino a 7,1 della scala Richter. Nel consorzio che si occuperà dei lavori, oltre alla capofila Webuild, che ha completato nel 2016 il Terzo Ponte sul Bosforo (lungo 2.164 metri), ci sono società di costruzioni internazionali che hanno all’attivo opere infrastrutturali complesse tra cui ponti in Giappone, Turchia e in altri Paesi europei. I tempi di attraversamento dello stretto si ridurranno dalle attuali due/tre ore per i treni e da circa 60 minuti per le macchine a 15 minuti.
Questi sono alcuni numeri di un’opera che è sicuramente destinata a cambiare la vita di chi oggi deve attraversare lo Stretto e anche di quelli che finora si sono arresi molto prima di provare l’avventura magari pagando cifre fuori mercato per i biglietti aerei. Chiunque abbia provato ad attraversare lo Stretto è consapevole di quanto sia inadeguata “l’infrastruttura” attuale con le curve a gomito per accedere al porto o le gimcane, dentro la città, a cui si costringono gli automobilisti per attese che nei giorni di punta arrivano a molte ore. I treni invece devono essere “smontati”, rimontati sulle barche e poi di nuovo messi a terra.

Il volume di traffico sulla rete ferroviaria, autostradale e sugli aeroporti italiani non è, ovviamente, quello degli anni ’70 e nemmeno quello del 2019 perché da quell’anno, fortunatamente, il turismo è esploso e tutti i dati sono ormai superiori a quelli antecedenti al Covid. L’attraversamento dello Stretto, invece, è sempre lo stesso mentre nel resto d’Italia si è costruita l’alta velocità, si sono aggiunte terze e quarte corsie alle autostrade e si sono ampliati gli aeroporti; è anche aumentato il parco macchine e si è passati dalle Fiat 127 ai Suv e alle monovolume.
Come calcolare quindi il rapporto “costo/benefici”? Questa opera è un unicum nella lunghezza, ma è parte di un insieme, quello dei ponti sospesi, che esiste e su cui si sono esercitati anche imprese italiane. Il futuro in questo settore, quello dei ponti sospesi come di molti altri, parla cinese per tante ragioni tra cui quella che in Europa si è persa la capacità del fare e, molto più grave, anche la voglia di fare. L’unico modo che esiste per recuperare il controllo dei costi è quello di non smettere di fare.
Oggi la Cina ha un tasso di costruzioni di nuove centrali nucleari che non ha eguali al mondo mentre l’Europa arranca a completare progetti tradizionali perché a furia di non fare ha perso ogni capacità e buona parte della filiera industriale. Ed è la stessa ragione per cui la stragrande maggioranza dei ponti sospesi in costruzione sono in Cina e per cui l’unico in Europa sarà quello approvato ieri.
Torniamo ai benefici. Essi sono di due ordini. I primi sono facili da calcolare e i secondi molto meno. Non ci possono essere obiezioni alla constatazione che beni e servizi nelle isole costano di più che sulla terraferma e questo è vero anche nel caso siciliano, dai costi di noleggio di una macchina fino a prodotti di largo consumo che pagano il dazio del trasporto via mare. I benefici del ponte che annullano l’handicap dell’isola sono pervasivi e riguardano il minore costo dei beni in entrata e in uscita su cui ci si può esercitare scoprendo i differenziali di prezzo con la terraferma.
La Sicilia, inoltre, si presta particolarmente bene allo sviluppo delle rinnovabili e, alle condizioni giuste, potrebbe creare le condizioni per uno sviluppo industriale; la condizione necessaria, però, è che possano entrare e uscire merci a costi competitivi.
C’è un secondo ordine di benefici per cui si deve immaginare un mondo che non c’è e che non è la semplice estrapolazione dell’oggi. Oggi sulla tratta Milano-Roma ci si sposta via treno e se qualcuno riscopre l’aereo non è per un atto di sfiducia sul treno; il successo è stato tale che la rete è congestionata. Questo secondo ordine di benefici è la ragione vera per cui si fanno le opere perché diversamente, con una rigorosa analisi dei “costi”, non si sarebbe mai fatta neanche l’Autostrada del Sole dato il parco macchine dell’epoca. E nemmeno si sarebbero posati i cavi della fibra internet, quando ancora si pagava a consumo, oppure oggi si aprirebbero i data center per l’intelligenza artificiale.
Torniamo per un attimo alla Cina. Il successo industriale cinese è anche una derivata di un Paese diventato il più infrastrutturato del mondo. L’Europa avrebbe ogni interesse a intestarsi quest’opera non solo perché parte di un corridoio europeo che ha sempre reputato strategico ma come segnale di rinascita industriale e geopolitica. Proiettarsi sul Mediterraneo dopo aver perso l’accesso a est e con un rapporto burrascoso con l’America a ovest dovrebbe essere una priorità in Europa. Ancora di più dovrebbe esserlo per l’Italia che di questo cambio di prospettiva avrebbe tutto da guadagnare.
Quanti sono infine 13 miliardi di euro? Sono i soldi che si sono spesi in alcuni anni in Italia per gli incentivi alle rinnovabili e che gli italiani hanno puntualmente pagato in bolletta. Soldi spesi senza alcun disegno industriale per comprare pannelli cinesi e poi accorgersi, vent’anni dopo, di non avere più un settore industriale europeo.
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