Il Pordenonelegge non perde la sua originalità. Molto è dovuto all'intuizione di Gian Mario Villalta. "Il festival è nato dalle nostre passioni"
Gian Mario Villalta appare rilassato. Ha superato da poco un brutto episodio di salute, ne è consapevole. Ma non si ritira dalla sua creatura, il Pordenonelegge, arrivato alla 26esima edizione. È ancora direttore artistico? Si schernisce. “Non è una carica”, dice, “è un ruolo condiviso con gli altri, in gran parte sempre gli stessi, fin dall’inizio. Il festival è nato dalle nostre passioni, da un’amicizia che dura nel tempo”.
Chiedo: cosa qualifica il Pordenonelegge rispetto ad altre manifestazioni simili? “Per cinque giorni all’anno Pordenone diventa una città-festival, potremmo dire che come Dante scrive che in ogni luogo è Paradiso, a Pordenone è ovunque festival”.
Come sono i rapporti con la città, gli amministratori, la politica? “Il legame con il territorio è costitutivo, siamo nati grazie a una collaborazione decisiva con la Camera di Commercio locale. Con la politica e con le imprese c’è un legame virtuoso: abbiamo sempre goduto di totale autonomia, non c’è soggezione alla politica, ma rispetto reciproco. C’è un minimo di presenza dei politici, legata sempre alle singole occasioni”.
Cifra di Pordenonelegge è l’attenzione alla poesia contemporanea e al pubblico degli studenti. Come si declina la proposta culturale ai giovani e qual è la loro reazione? “Raccogliamo risultati dopo un lungo lavoro, che non si improvvisa. Del resto abbiamo poeti ‘giovani’ di trent’anni e oltre, a cui affidiamo iniziative, che non devono essere fatte per loro, ma da loro. Abbiamo una nostra collana di poesia – la gialla – molto quotata, dove pubblichiamo molti giovani poeti, provenienti anche dall’estero. E non bisogna dimenticare il ruolo di tanti ragazzi e ragazze che operano come volontari e sono bravissimi. Sono fermamente contrario alla politica delle ‘deportazioni’ per cui intere classi venivano portate agli incontri per riempire i posti. Bisogna lavorare con loro, fin dall’inizio, progettare insieme”.
Ultima domanda, Villalta: cosa caratterizza l’edizione di quest’anno? Come cambia il festival nel tempo? “Abbiamo un rapporto costante con gli editori, che ci propongono autori e temi sempre nuovi, concordati per tempo. Adesso c’è l’intelligenza artificiale, le guerre. Ci fa da guida la realtà, come sempre”.
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