Vent'anni fa usciva il film "Le passeggiate al Campo di Marte" su Mitterand. Oggi "La Grazia" di Sorrentino che fa pensare a Mattarella
Vent’anni fa in Francia è uscito “Le passeggiate al Campo di Marte”, un biopic sugli ultimi anni di Francois Mitterrand. Il Presidente socialista si muove nella fiction come il gigante politico che è stato dal vero, per il suo Paese e per l’Europa: anche quando ha deciso di rimanere all’Eliseo fino all’ultimo di quattordici anni di doppio mandato popolare.
La malattia lo indeboliva e, soprattutto, gli anni Novanta del secolo scorso – dopo la caduta del Muro e l’avvento della globalizzazione – non erano più la sua casa storica. Non per questo Mitterrand rinuncia – anche nel film, pochi mesi prima di lasciare la presidenza, per morire poco dopo – a ricordare ai francesi che nel loro Paese “la ricchezza è prodotta da tutti a vantaggio di tutti”. L’estrema eredità di due secoli di socialismo europeo, dalla Rivoluzione all’euro passando per la Comune; e del nazionalismo solidale alla base di “quella certa idea della Francia” che animava il generale De Gaulle.
Forse la crisi del semipresidenzialismo francese – oggi conclamata attorno all’Eliseo di Emmanuel Macron – è cominciata allora: nel crepuscolo di quello che appare sempre di più come il più alto interprete della Quinta Repubblica. Certamente quello rimasto Presidente più a lungo: il successore Jacques Chirac fu Presidente per due mandati, ma il secondo solo quinquennale. E l’ultimo epigono di De Gaulle non si è certo mostrato all’altezza di alcuno dei due predecessori.
Il Generale aveva resistito all’invasione nazista come capo della Francia Libera in esilio, riconsegnato il Paese alla democrazia occidentale e poi chiuso i conti col colonialismo in Algeria e Indocina. Del partigiano “maquis” Mitterrand resta invece nitida la foto a mani congiunte con il Cancelliere tedesco Helmut Kohl davanti alle tombe di Verdun: l’Europa di Maastricht è nata in quel momento, quando la Germania riunificata e l’euro sembravano ancora chimere. Ma Mitterrand non dubitava che il suo impegno fosse cominciare a costruire quel futuro (ne parla anche nel film, passeggiando per il centro di Parigi con un giovane giornalista).
De Gaulle fu eletto due volte all’Eliseo, ma solo la seconda sotto un regime costituzionale riformato (da lui) in senso semipresidenzialista. E sotto quell’ombrello istituzionale il Generale governò poi solo per quattro anni: la Francia del Sessantotto non era più la sua. Sulle prime pensò di rispondere con i blindati, ma poi non temette di chiamare i francesi a referendum, sapendo che l’avrebbero pensionato per sempre.
Nel 1965 il suo primo rivale “semipresidenziale” era stato Mitterrand. Che però si vide poi sfilare davanti prima il delfino gollista Georges Pompidou, poi Valery Giscard d’Estaing, prototipo di liberaltecnocrate alla guida di un grande Paese europeo. Giscard si ricandidò nel 1981, ma i francesi lo bocciarono: a favore del “vecchio” socialista Mitterrand, poi confermato nel 1988.
Il semipresidenzialismo – a Parigi – ha funzionato davvero solo se innervato in un consenso democratico effettivo e quando “l’uomo solo dell’Eliseo” era un leader riconosciuto nel Paese. Altrimenti – fin dalle “coabitazioni” fra Presidente e Premier e poi con le nette degenerazioni incarnate da Nicolas Sarkozy e infine da Macron – il semipresidenzialismo diventa una trappola istituzionale: un fake contro gli interessi degli elettori.
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Sergio Mattarella merita certamente – vivo, in salute e in carica – l’omaggio di un regista Oscar come Paolo Sorrentino (ben più incisivo e meno istituzionale, tuttavia, nel ritrarre Silvio Berlusconi in “Loro”). E a interpretare il presidente della Repubblica in “La grazia” non poteva che essere il miglior attore italiano contemporaneo (ma è indossando la maschera scespiriana del “Divo” Giulio Andreotti che Toni Servillo è diventato una star internazionale).
È facile pensare che Mattarella desideri rimanere al Quirinale fino all’ultimo giorno dei suoi quattordici anni di mandato: servendo la democrazia nel suo Paese e in Europa come Mitterrand ha voluto e saputo fare. Però l’Italia non è – non è mai stata – una Repubblica semipresidenziale. E il semipresidenzialismo francese – l’unico nell’Ue – nel ventunesimo secolo appare irrimediabilmente obsoleto. La Francia – si legge – sta già interrogandosi sul passaggio a un premierato di modello tedesco.
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