In Italia la maglia nera d'Europa per la povertà educativa: gli scarsi numeri sulla formazione che costano circa 48 miliardi di euro di PIL all'anno

In occasione del recente Forum Ambrosetti è stato presentato un report – citato in queste ore da La Stampa – sulla povertà educativa in Italia, paragonata ai dati del resto dell’Europa e a quelli sul rischio di esclusione sociale: l’immagine che ne emerge è a dir poco impietosa perché il Bel paese si posiziona ben al di sotto (ovviamente dal punto di vista negativo) rispetto agli altri paesi del Vecchio continente, con una povertà educativa da maglia nera che finisce per trainare inevitabilmente anche il rischio esclusione; oltre a intaccare in modo considerevole il PIL nazionale.



Entrando subito nel merito dei dati sulla povertà educativa, è interessante notare che secondo il report – stilato Thea e Fondazione CRT sulla base dei dati dell’Eurostat – attualmente in Italia si conta il maggior numero di persone in Europa che ha conseguito solamente il diploma di terza media: si tratta di 10,9 milioni di persone, pari a circa il 30% della popolazione tra i 25 e i 64 anni e che assume maggiore senso se contiamo che in Grecia (dalla parte opposta della classifica) sono solamente 1,1 milioni.



Non solo, perché un ulteriore specchio della povertà educativa è rappresentato dal numero di laureati: in Italia, infatti, solamente il 31,6% dei giovani (ovvero chi ha tra i 25 e i 34 anni) ha conseguito un titolo di istruzione superiore, rispetto a una media europea di oltre il 44% e superiore solamente alla Romania che si ferma al 23,2 per cento; tutto senza ignorare il fatto che secondo il report (in ordine) Calabria, Campania, Sicilia e Puglia sono tra le cinque peggiori regioni delle 242 che compongono l’Europa per i dati sulla povertà educativa.

Cosa comporta la povertà educativa: la scarsa ci “costa” 48 miliardi di euro di PIL

Mettendo assieme questi tre dati, insomma, appare evidente che la povertà educativa in Italia sia un vero e proprio – oltre che ormai innegabile – problema che dovrebbe attirare l’attenzione dell’intero corpo politico; ma ad aggiungere ulteriore complessità ci sono anche altre tre gravissime realtà: il nostro paese, infatti, è secondo tra i 27 europei per numero di Neet (ovvero i giovani che non studiano, né lavorano), pari al 15,2%; conta circa il 9,8% di giovani (ottavo dato peggiore in UE) che abbandonano il sistema educativo e – infine, ma non per importanza – è tra i peggiori per le competenze digitali, possedute solamente dal 56% degli under 19, rispetto al 73% medio.



Studenti in classe (Ansa)

Naturalmente, i dati sulla povertà educativa finiscono per ripercuotersi anche sul sistema economico del nostro paese che registra – non a caso – uno dei dati peggiori (23,1% della popolazione) per quanto riguarda il rischio di esclusione sociale e che conta 1,3 milioni di minorenni in condizioni di povertà assoluta: complessivamente, secondo il rapporto la povertà educativa ci fa perdere qualcosa come 48 miliardi di euro di PIL dato che aumentando i livelli di istruzione si potrebbe colmare (e addirittura superare) quel divario tra domanda e offerta lavorativa creando 3,2 milioni di posti di lavoro.