“Purtroppo abbiamo scoperto la gravità del costume solo più tardi. La festa si è svolta al buio, inoltre le macchine del fumo non rendevano facilmente riconoscibili i simboli nazisti”. Scott Suttonwood, dirigente della English School Eisp di Padova, non deve aver capito che scrivendo queste sciocchezze ha soltanto aggravato la sua situazione e quella del (ex?) prestigioso istituto internazionale patavino dove sono iscritti allievi provenienti da diversi Paesi e dove nei giorni scorsi per la festa di Halloween si è svolta una sfilata in costume con premiazione finale di un alunno vestito da ufficiale nazista.
Ad aggravare una situazione già aberrante, che in un batter d’occhio ha fatto scattare la reazione di alcuni genitori e, ovviamente, delle comunità ebraiche venete (che hanno scritto al ministro Valditara e al presidente della Regione Zaia) è stata la dichiarazione rilasciata ai giornali dal direttore della scuola, Giulio Rossi: “È difficile controllare 90 ragazzi in una situazione del genere. Credo che neanche il ragazzo fosse consapevole della gravità dei simboli riportati sulla divisa”.
Ricapitoliamo prendendo dal sito dell’istituto: insegnanti madrelingua e native speakers certificati con esperienza, aule come moderni open space con comodi divani e poltroncine, corsi personalizzati per imparare l’inglese con grande flessibilità. Senza voler esprimere giudizi in merito a queste perle di eccellenza da far invidia a qualsiasi scuola italiana, il grave episodio di “inciviltà educativa” di cui sopra ci permette però di dire che i conti non tornano. Per ragioni chiaramente comprensibili. Se la “scoperta” è avvenuta “solo più tardi” significa che chi vi ha assistito aveva le fette di salame sugli occhi. Se “la festa si è svolta al buio” e per di più con “le macchine del fumo in azione” vuol dire che a non vedere sono stati solo gli adulti dal momento che i ragazzi, invece, hanno visto bene, al punto da votare come costume più originale proprio quello della Wehrmacht. Del resto, proprio l’originalità è stato il punto dirimente, tanto da venire considerato meritevole di un premio. Se, del resto, “è difficile controllare 90 ragazzi in una situazione del genere” perché organizzare una festa di questo tipo, coi rischi sottesi?
Scatta poi la difesa dell’allievo (probabilmente minorenne o almeno lo speriamo – le notizie di stampa non ne riportano l’età – perché se maggiorenne la sua posizione sarebbe ancora più grave), secondo un metodo diseducativo” largamente diffuso un po’ ovunque che tende a giustificare a priori: nemmeno lui, poverino, era consapevole di ciò che stava facendo. Insomma un ragazzo sbucato dal nulla, sbarcato forse da Marte, che mai sino ad allora ha sentito parlare di Hitler, nazisti, ebrei, campi di concentramento e via così di nefandezza in nefandezza (non osiamo neppure pensare che ne sia, invece, perfettamente consapevole). Oltre tutto mentre fra Israele e Palestina è in corso una guerra con Hamas che ha il preciso obiettivo di annientare il popolo ebraico.
La vicenda finirà in breve nel dimenticatoio nonostante le scuse e le promesse dei vertici scolastici di intervenire con provvedimenti adeguati a far comprendere a tutti, non solo al diretto interessato (anche ai docenti?), la gravità dell’accaduto. La scuola, qualsiasi scuola, tende a coprire, sfumare, dimenticare anzitutto per il suo buon nome.
Nessuno, poi, si prenderà la briga di proibire all’interno di un istituto formativo feste come quella che coincide, guarda caso, con le ricorrenze cristiane dei Santi e dei defunti, cioè della nostra memoria personale e collettiva, della nostra storia (anche se non siamo credenti), della nostra identità.
Accade, purtroppo, anche in ambito cattolico e chi scrive lo può testimoniare in prima persona, con gruppi parrocchiali dove si invita a “lasciare fuori casa un po’ di dolcetti” in occasione della festa delle zucche, altrimenti detta. Che siano vuote è inutile sottolinearlo.
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