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Home » Energia e ambiente » PREZZO DEL GAS & POLITICA/ L’Europa si riscopre fragile a pochi mesi dall’inverno

  • Energia e ambiente
  • Economia UE
  • Economia e Finanza

PREZZO DEL GAS & POLITICA/ L’Europa si riscopre fragile a pochi mesi dall’inverno

Paolo Annoni
Pubblicato 11 Agosto 2024
Ansa

Ansa

I prezzi del gas in Europa sono tornati a salire in questi giorni: l'Ue si riscopre molto fragile sul fronte energetico

I prezzi del gas europeo sono saliti ai massimi dall’inizio dell’anno; il rialzo è avvenuto in un periodo in cui la domanda è ai minimi perché all’accensione del riscaldamento mancano ancora diverse settimane. I principali media finanziari hanno attribuito questo movimento all’offensiva ucraina, completamente imprevista, nella regione russa di Kursk in cui si trova la stazione di Sudzha che è parte dell’ultimo gasdotto che porta il gas russo in Europa attraverso l’Ucraina. Slovacchia, Ungheria e anche Austria importano ancora gas russo via terra e qualsiasi interruzione delle forniture si ripercuote a cascata su tutto il mercato europeo del gas perché il GNL è molto più costoso e perché bisogna correre, proprio alla viglia della stagione invernale, per trovare alternative. La dipendenza dell’Europa da Mosca non è finita con la guerra in Ucraina. Alcuni Paesi, per esempio la Spagna, importano più gas russo liquefatto di quanto non facessero prima della guerra; anche la Francia continua a importare gas russo e nei primi sei mesi del 2024 ha importato una quantità doppia rispetto allo stesso periodo del 2023.


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Sostituire la principale fonte di gas europea è molto complesso soprattutto dopo un decennio di investimenti sugli idrocarburi al minimo. La principale speranza europea è il Qatar che però è dall’altra parte del Canale di Suez; i piani di espansione della produzione di gas del Paese mediorientale richiedono ancora anni. L’altra speranza è il Nordafrica. L’Egitto, diventato esportatore netto dopo la scoperta del campo di Zohr da parte di Eni, è ritornato a importare perché i consumi di gas del Paese sono aumentati negli ultimi anni e gli egiziani, tra le altre cose, si sono abituati ai condizionatori. In Libia, dopo l’intervento della Nato, sono comparsi russi e turchi. La Russia in questo scenario, nonostante tutto, è rimasto un produttore affidabile e l’Europa in mancanza di alternative ne ha approfittato. I proclami che si sono letti due anni fa di fine “della dipendenza energetica dalla Russia” sono serviti a tranquillizzare dopo una crisi energetica che ha portato l’Europa a pochissima distanza dall’imposizione di black-out; è un rischio che si è materializzato nonostante la domanda di gas per usi industriali fosse crollata come nemmeno nelle peggiori recessioni. Si sono potute evitare “soluzioni” traumatiche solo perché l’inverno 2022/2023 è stato eccezionalmente mite.


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L’Europa negli ultimi due anni non ha fatto altro che discutere di rinnovabili e fantasticare di nucleare di nuova generazione. Il Governo italiano si è accodato e si appresta a varare incentivi per eolico ed solare per miliardi di euro mentre la produzione di gas nazionale è ai minimi da vent’anni. Il problema è che solare ed eolico sono intermittenti e che il costo delle batterie è oltre il proibitivo. Ipotizzando che l’Italia mantenga nei prossimi cinque anni i tassi di sviluppo record delle rinnovabili del 2023/2024, l’unico effetto che si intravede è quello di avere prezzi dell’energia molto bassi in alcune ore della giornata in alcuni mesi dell’anno. Significa che oggi, nel breve termine e nel medio termine, i prezzi dell’elettricità italiani rimarranno ancorati a quelli del gas. L’Italia e l’Europa davvero pensano di resistere per i prossimi dieci anni, in uno scenario di guerre commerciali, a crisi energetiche cicliche?


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Gli Stati Uniti non sono una soluzione perché se c’è una cosa certa è che metteranno le esigenze del loro sistema industriale prima di ogni altri cosa. Questo implica avere prezzi dell’energia bassi ed evitare che vengano influenzati dalle crisi europee. Quindi via libera alle esportazioni all’Europa solo se non aprono le porte del mercato interno ai prezzi europei che oggi sono di sei volte più alti.

Forse in Italia e in Europa non si leggono i giornali e quindi è sfuggito quello che sta accadendo in Medio Oriente o dall’altra parte del Mediterraneo oppure non sono disponibili le pubblicazioni in cui si fanno i conti sulla produzione di idrogeno verde o sui costi delle batterie e non si è in grado di leggere la provenienza dei pannelli solari. In ogni caso basta che il conflitto lambisca l’ultimo gasdotto russo funzionante per mandare i mercati energetici europei sull’ottovolante. L’Europa, in una condizione di fragilità, avrebbe ogni interesse a disinnescare i conflitti per una questione di sopravvivenza prima ancora di qualsiasi altra ragione.

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