Mentre le proteste dalla Francia si allargano in Belgio e in Svizzera, dall’Algeria parte un monito per l’Eliseo: deve tutelare i magrebini. Lo ha messo nero su bianco il ministero degli Esteri algerino, smontando di fatto la storia dell’integrazione. Perché, infatti, deve intervenire l’Algeria, se non ci sono problemi di integrazione tra francesi e magrebini? Se lo chiede Francesco Borgonovo sulle colonne de La Verità, analizzando quanto sta accadendo in questi giorni in Francia, dove le terze e quarte generazioni di immigrati magrebini si stanno rivoltando contro governo, e più in generale contro lo Stato, citando le spiegazioni di illustri studiosi del calibro di Oliver Roy e Michel Maffesoli.
Sui documenti sono francesi, ma si percepiscono diversamente. Lo si evince da due singolari comunicati diffusi dall’ambasciata d’Algeria in Francia. Il primo è un messaggio di condoglianze alla famiglia di Nahel, nell’altro si legge che «il ministero degli Affari esteri e della comunità nazionale all’estero ha appreso con choc e costernazione della scomparsa brutale e tragica del giovane Nahel», quindi «confida che il governo francese svolga pienamente il proprio dovere di protezione, preoccupato per la pace e la sicurezza di cui i nostri connazionali devono beneficiare nel Paese che li ospita».
PROTESTE FRANCIA, SVANITA FAVOLA DELL’INTEGRAZIONE?
L’Algeria ha fatto sapere tramite la sua ambasciata in Francia che il governo «continua a seguire con grande attenzione gli sviluppi di questa tragica vicenda, con la costante preoccupazione di essere al fianco dei membri della sua comunità nazionale nei momenti di avversità e di prova». Infatti, la comunità algerina in Francia è molto nutrita, quindi è comprensibile la preoccupazione del governo algerino per i cittadini che vivono all’estero. Ma Francesco Borgonovo pone l’accento sul tono del comunicato e sull’ambiguità che traspare.
Il documento è, infatti, irrituale, non sembra far differenza tra i cittadini algerini residenti in Europa e quelli francesi di origini algerine, come se tutti appartenessero alla comunità algerina, quindi la loro patria sarebbe l’Algeria, non la Francia. «Sarà pure sgradevole, ma in questo testo c’è molto di vero. Potremmo riassumerla così: i ragazzi delle banlieue sono così tanto francesi che pure l’Algeria li considera africani. Che l’identità esista e sia fondamentale, a quanto pare, sfugge solo ai tifosi europei delle frontiere aperte», conclude il giornalista.