Quattro milioni di italiani fanno l'accesso al pronto soccorso senza un reale motivo e vengono valutati con codice bianco. Cos'è che non funziona nel sistema?
Troppi ingressi senza ragione al pronto soccorso. Come riporta il Corriere, infatti, sono tantissimi i codici bianchi che vengono riscontrati dopo la prima visita al pronto soccorso. Nessuna urgenza, dunque, per tante persone che avrebbero potuto evitare di “scomodare” tali strutture, rivolgendosi magari al proprio medico di base o a tutte quelle entità intermedie, come la guardia medica, che hanno come scopo proprio quello di tale da tramite tra i medici di famiglia e i ps. A riportare i dati è Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. 4 milioni di pazienti, secondo il report, avrebbero potuto evitare di rivolgersi ai pronto soccorso. Secondo lo studio, su 18 milioni di accessi al ps, 12 milioni di pazienti, cioè il 68%, ha ricevuto un codice verde o bianco.
Andrea Fabbri, dipendente dell’ufficio di presidenza della Società italiana della medicina di emergenza urgenza e direttore del pronto soccorso di Forlì, spiega sulle pagine del Corriere: “Negli ultimi anni il ps è diventato il luogo in cui si cercano risposte ai propri bisogni di salute che non si trovano altrove”. I pazienti a bassa criticità ad esempio potrebbero essere visitati “in strutture prossime al pronto soccorso, dove si curano problemi di salute urgenti ma non gravi”. Eppure secondo l’esperto i mali del pronto soccorso “non dipendono principalmente dai codici bianchi e verdi all’ingresso, tra i quali possono nascondersi problemi anche gravi che richiedono il ricovero”. I problemi veri e propri sono infatti relativi alla carenza di personale e ai pochi posti letto disponibili nei reparti, come spiega l’esperto.
Pronto soccorso in emergenza: quali sono i reali problemi delle strutture
Sulle pagine del Corriere, in merito alla situazione dei pronto soccorso, parla anche Fabio De Iaco, presidente Simeu e direttore del ps dell’ospedale Maria Vittoria di Torino: “Da anni denunciamo il cosiddetto boarding, cioè la permanenza in pronto soccorso, in molti casi in barella, di pazienti già critici e spesso anziani, in attesa di un posto letto per il ricovero”. La riforma del 2019 prometteva “mia più pazienti lasciati giorni sulle barelle”. Così non è stato: il documento sull’Osservazione breve intensiva (Obi) e sulla gestione del sovraffollamento sarebbe dovuto essere recepito dalle Regioni entro febbraio 2020 e reso operativo entro 18 mesi dalla data di approvazione.
Poi, però, è arrivata la pandemia da Covid-19 e le strutture sono precipitate nel caos e spesso, ancora oggi, non sono tornate alla gestione precedente al Covid. Il dottor Fabbri, ancora, spiega: “Quei documenti sottoscritti da Stato e Regioni sono ancora validi e indicano soluzioni tuttora utili, che andrebbero applicate”. Nel piano si parla di gestione del sovraffollamento, del servizio di bed management per facilitare i ricoveri e le dimissioni, del monitoraggio dei tempi di esecuzione e refertazione di esami di laboratorio, di consulenze al fine di ridurre i tempi di permanenza in pronto soccorso e così via.
