Chi è Raniero Busco, il fidanzato di Simonetta Cesaroni e tra i sospettati del delitto di via Poma: dall'arresto all'assoluzione definitiva
Tra i sospettati dell’omicidio di Simonetta Cesaroni c’è stato Raniero Busco, che però ha visto la fine del tunnel nel 2012, quando è arrivata l’assoluzione dall’accusa di aver ucciso la ragazza la cui morte è nota anche come il delitto di via Poma. Oggi Raniero Busco parlerà tramite il suo legale, l’avvocato Paolo Loria, nella puntata di “Linea di confine“, il programma condotto da Antonino Monteleone su Rai 2 e in onda alle ore 23:20.
Il coinvolgimento ufficiale nelle indagini del fidanzato di Simonetta Cesaroni risale al 2005, quando venne prelevato il Dna a lui e ad altre 29 persone per confrontarli con la traccia biologica trovata sul corpetto e il reggiseno della vittima, di cui Busco era fidanzato all’epoca del delitto. Due anni dopo solo un sospettato non vene scartato all’esame del Dna: si trattava di Raniero Busco, che venne quindi indagato con l’accusa di omicidio volontario.
RANIERO BUSCO E IL REBUS DEL DNA
Ma tracce del Dna dell’uomo furono trovate dalla Scientifica anche in quella di sangue presente sulla porta della stanza in cui Simonetta Cesaroni fu uccisa. Era una commistione tra il sangue della vittima e un uomo, forse l’assassino. La parte maggiore apparteneva alla vittima, comunque vennero isolate 8 sequenze che coincidevano con il Dna di Raniero Busco misto a quello della fidanzata, incompatibili comunque con i Dna degli altri 29 sospettati.
IL FIDANZATO DI SIMONETTA CESARONI: LA SVOLTA, I PROCESSI E L’ASSOLUZIONE
Fu un vero e proprio colpo di scena quello offerto dal Ris di Parma, che portò Raniero Busco sul banco degli imputati. Nel processo di primo grado il fidanzato di Simonetta Cesaroni, protagonisti di una relazione burrascosa, venne condannato a 24 anni di carcere, l’assoluzione con formula piena arrivò un anno dopo in appello e venne confermata poi dalla Cassazione due anni dopo.
Nelle motivazioni di quest’ultimo verdetto si segnalò l’assenza di prove sulla certezza che Raniero Busco fosse presente sul luogo del delitto quando venne compiuto, ma vennero anche messe in dubbio le tracce di Dna e la compatibilità con il morso, che in principio era un pizzicotto. Quel morso, comunque, venne attribuito a Busco per la sua dentatura, ma in realtà non c’era appunto compatibilità. Fu una superperizia a scagionarlo, poi emerse che il Dna sul reggiseno apparteneva a tre uomini diversi e quel morso tornò a essere considerato di nuovo un pizzicotto.
