Quello che l’autore ci propone è un rigoroso studio scientifico, avente per tema quanto esplicitato nel sottotitolo: la morale in Luigi Giussani. Del saggio scientifico – in campo filosofico e teologico – il volume ha il taglio serrato dell’argomentazione, la stringente consequenzialità dei nessi, la precisione dei riferimenti testuali. E non era impresa semplice, per la natura stessa dell’oggetto preso in esame. Con una buona metodologia di schedatura può, infatti, essere abbastanza semplice sintetizzare e presentare il pensiero di un teologo o di un filosofo «di professione», analizzarne e descriverne la concezione morale. Ma Luigi Giussani è stato molto di più; la sua teologia – e, quindi, la sua concezione della morale – non derivano dallo studio asettico di altre concezioni cui aggiungere la propria.
Si è trattato, piuttosto, della continua «riflessione sull’esperienza»: l’esperienza propria di vita di fede e di morale e l’esperienza semisecolare di rapporto educativo con migliaia di persone, i loro bisogni, le loro domande e le loro scoperte. I testi stessi in cui Giussani ha fissato il suo pensiero non si possono considerare la cristallizzazione di una dottrina, ma appunto lo svolgersi continuo della riflessione su una esperienza continuamente in sviluppo.
Il che non toglie, evidentemente, che sia possibile e necessario individuare linee di forza, capisaldi fondamentali, fonti di ispirazione e novità contenutistiche e metodologiche. È quello che Konrad fa essenzialmente nella parte centrale e più corposa – la seconda – del suo lavoro.
Il punto di partenza è la constatazione giussaniana che il problema fondamentale della mentalità in cui siamo immersi è che essa porta con sé una grave «trascuratezza dell’io». Non c’è impostazione morale autentica che non parta dalla considerazione di questo profondo disagio dell’umano e che non tenti pertanto di porvi un rimedio, di indicare un metodo di superamento. Konrad individua in cinque «vie» la sostanza di questo rimedio per la ricostruzione dell’umano. Una ricostruzione che parte sempre – e questo accomuna tutte e cinque le «vie» – da una questione ontologica e non morale. In tal senso si pone sempre in primo piano il problema di un certo tipo di conoscenza e, quindi, di affezione; le conseguenze morali sono, appunto, solo delle conseguenze.
Le cinque «vie» sono indicate attraverso parole che costituiscono come l’ossatura costante della preoccupazione educativa di Giussani: avvenimento, esperienza, comunione, presenza e misericordia. Sono parole che hanno un significato preciso e per molti aspetti del tutto innovativo nel panorama filosofico e teologico del ’900. Konrad le presenta con abbondanza di citazioni e individuando le reciproche connessioni nonché il loro sviluppo in altre parole centrali nel pensiero di Giussani. Di esse cerca anche di rintracciare la possibile sorgente da cui Giussani le possa aver attinte, nella consapevolezza però che attorno ad esse si coagula un pensiero veramente «sorgivo», cioè un «numero primo» del pensiero cristiano, ricco di sfumature inedite e foriero di fecondi sviluppi. Ognuna di queste parole è infine osservata nelle sue conseguenze specificamente morali nel senso dell’atteggiamento che esse determinano nella libertà che le accetta come definitorie della sostanza del proprio io: sequela, apertura alla totalità, appartenenza, offerta, adesione amorosa. È in questo cammino che si raggiunge lo scopo, perennemente in divenire, della educazione cristiana e della morale: l’io adulto (e non più «trascurato»).
Attorno a questo cuore del libro ruotano le altre parti. La prima che cerca di ricostruire il contesto storico e culturale in cui si colloca la proposta di Giussani. E l’ultima che tenta una valutazione critica dell’apporto del sacerdote di Desio; secondo Konrad tale apporto è «attuale» nel senso che coglie appieno il bisogno dell’uomo contemporaneo, «non riduttivo» in quanto evita le più correnti banalizzazioni della morale; «originale» perché offre prospettive completamente nuove. Prima di questa conclusione Konrad inserisce un capitoletto sui «principi fondamentali» dell’impostazione giussaniana; principi che sono veramente «altri» rispetto a tanta teologia o filosofia morale. Come quando Giussani parla dell’inizio della morale come «stupore» per una Presenza che desta tutta l’ampiezza del proprio cuore e, pertanto, suscita la propria «simpatia profonda».