Quesito n.1 (scheda verde) del Referendum 2025 sul Jobs Act: cosa succede se vince il Sì e come cambierebbe la legge sui licenziamenti illegittimi
Referendum 2025, il quesito n.1, tra quelli proposti nelle cinque schede consegnate agli elettori, è quello sull’abrogazione della legge inserita nel Jobs Act approvato da Matteo Renzi, e tratta il tema del “contratto di lavoro a tutele crescenti”.
La questione in particolare riguarda i licenziamenti illegittimi, cioè le interruzioni dei rapporti di lavoro senza una valida motivazione che attualmente, proprio grazie alla norma in vigore, non sono più tutelati con il reintegro del dipendente sul precedente posto di lavoro, ma soltanto con un indennizzo economico, che in base alla decisione del giudice o agli anni di servizio in azienda, può andare dai sei ai 36 mesi. Questa regola è valida per i lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015 e soltanto nelle aziende che hanno più di 15 dipendenti.
La necessità di abolire questa legge, quindi di votare Sì al quesito n.1 con la scheda verde del Referendum, è stata sostenuta soprattutto dalla Cgil, che negli anni ha portato avanti una vera e propria battaglia contro il Jobs Act, dichiarando che costituisce una ingiusta disparità di trattamento tra lavoratori e lavoratrici che sono sotto contratto dal 2015, rispetto a quelli che invece possono godere del trattamento previsto dall’Articolo 18, specialmente quando il licenziamento avviene per motivi economici, perchè in quel caso la regola prevede che il dipendente debba essere reinserito in azienda, anche con ricollocazione in altri reparti se necessario, mentre con la norma attuale restano fuori da questa garanzia circa 3milioni di persone.
QUESITO N.1 (SCHEDA VERDE): COSA SUCCEDE SE VIENE ABROGATO IL JOBS ACT SUI LICENZIAMENTI
Se vince il Sì per quanto riguarda il quesito n.1 sui licenziamenti, a patto che venga raggiunto il quorum previsto per la validità del Referendum 2025, verrà abrogato per intero il decreto legge n.23 del 4 marzo 2015 sui contratti di lavoro a tutele crescenti. Quindi si tornerebbe in automatico alla vecchia norma in vigore prima della riforma, e cioè il cosiddetto Articolo 18 nella sua versione ridotta dalla legge Fornero. Il reintegro sul posto di lavoro verrebbe dunque applicato anche ai dipendenti assunti dopo marzo 2015, qualora il licenziamento sia avvenuto per ingiusta causa.
Se da una parte la proposta di abrogazione del Jobs Act ha ottenuto un grande sostegno, non solo dalla Cgil ma anche da partiti come il PD e il Movimento 5 Stelle, altri sindacati e parti politiche stanno spingendo per l’astensionismo o per il NO. Questo perchè tra le ragioni di mantenere invariata la legge, ci sarebbe quella di non rischiare un peggioramento delle condizioni attuali, visto che il precedente provvedimento, stabilisce la riassunzione del lavoratore licenziato, ma nel caso questo scegliesse un compenso alternativo, il massimo dei mesi di indennità si ridurrebbe a 24.