Gentile direttore,
in una intervista pubblicata dal Sussidiario (“Poco coraggio, burocrazia e troppi poteri a Palazzo Chigi”) sono stati espressi giudizi lesivi nei confronti dell’Autorità anticorruzione che meritano di essere rettificati.
In primo luogo, l’affermazione secondo cui nel decreto Semplificazioni “il Codice degli appalti andava depurato di tutto quello che fu aggiunto sotto la pressione dell’Anac”. Stupiscono dichiarazioni tanto inesatte e generiche: una disamina imparziale dimostrerebbe che il Codice del 2016 ha semplicemente confermato i poteri attribuiti da tempo all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e che eventuali competenze aggiuntive non sono state mai richieste dall’Anac.
Ancora più grave è l’affermazione secondo cui i rilievi mossi al decreto Semplificazioni sarebbero dettati da una volontà di difendere i poteri dell’Anac anziché l’interesse nazionale. In primo luogo, perché nel provvedimento in questione non sono in gioco i poteri dell’Autorità, ma soprattutto perché l’Anac si è limitata, nel pieno esercizio del proprio mandato, a segnalare rischi di corruzione, infiltrazioni criminali, paralisi amministrativa e di possibile violazione della concorrenza. È questo l’interesse nazionale che la legge ha affidato alla cura di una Autorità indipendente come la nostra. C’è da augurarsi che nessuno consideri i pericoli evidenziati una questione di poco conto.
Autorità nazionale anticorruzione