Legambiente ha realizzato, a dieci anni dal disastro di Fukushima, un report sui rifiuti radioattivi in Italia in cui vengono denunciate tutta una serie di irregolarità che devono fare riflettere. Come riportato da IlFattoQuotidiano, oltre a 31mila metri cubi di rifiuti che sono depositati in 24 impianti, spesso inidonei e pericolosi, di otto diverse regioni, c’è da fare i conti con un traffico e uno smaltimento illegale di questi materiali, che come si sa, hanno un costo decisamente elevato. Proprio per questo la criminalità organizzata ci ha puntato gli occhi da tempo, ottenendo dei profitti alquanto importanti, tutti ovviamente illeciti. L’esistenza di una illegalità sommersa viene denunciata anche dal ministero della giustizia nel rapporto Ecomafia 2020: dal 2015 al 2019, 25 processi avviati, dieci denunce e un arresto. Legambiente sottolinea che per fermare il fenomeno serve realizzare dei depositi nazionali di rifiuti a media e bassa attività, applicando inoltre ove serve la legge 68/2015, quella dei delitti ambientali nel codice penale.
Inoltre “è indispensabile anche la rapida entrata a regime del Sistema informatico di tracciabilità di tutta la filiera legata all’uso di materiali e sorgenti radioattive, dal commercio alla detenzione”. A riguardo Stefano Ciafani, numero uno di Legambiente, sottolinea: “Tracciabilità e lotta ai traffici illegali, che vedono anche il coinvolgimento di organizzazioni criminali devono essere al centro delle nuove politiche di gestione dei rifiuti radioattivi a media e bassa radioattività di origine sanitaria, industriale e da attività di ricerca da smaltire nel futuro deposito nazionale”.
RIFIUTI RADIOTTIVI, LEGAMBIENTE: NUMEROSI IMPIANTI A RISCHIO
“Nella nostra Penisola – prosegue Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – al di là dei 24 siti temporanei che gestiscono attualmente i rifiuti radioattivi, esistono anche 95 strutture autorizzate all’impiego di radioisotopi e macchine radiogene ben distribuite nelle varie regioni italiane a cui si aggiungono tutte le strutture ospedaliere o di laboratorio che fanno uso di tali macchinari. A livello comunitario occorre da subito trovare accordi internazionali per gestire e stoccare i nostri piccoli quantitativi di rifiuti ad alta attività, quelli più pericolosi. A livello nazionale, invece, il tema della gestione dei rifiuti nucleari a media e bassa attività deve essere accompagnato, da parte delle istituzioni, da una comunicazione e informazione chiara e trasparente nei confronti dei cittadini”. Legambiente, nel suo report, si è soffermata sulle condizioni degli impianti e delle strutture di stoccaggio di materiale radioattivo, sottolineando la loro pericolosità, soprattutto perchè nella maggior parte dei casi si tratta di siti posti vicini a zone ad alto rischio, come ad esempio l’ex centrale nucleare di Borgo Sabotino (Latina), a meno di un chilometro dalla costa, o le ex centrali di Garigliano e di Caorso “entrambe poste in aree ad elevato rischio idrogeologico in quanto costruite a ridosso di due importanti fiumi come il Garigliano ed il Po”.