RIFORMA PENSIONI 2023/ Quota 41 slitta: verso proroga di Quota 103 (ultime notizie)

- Lorenzo Torrisi

Riforma pensioni, ultime notizie: medici di famiglia e pediatri possono lavorare fino a 72 anni grazie ad una norma inserita nel decreto Milleproroghe, ma rispettando due requisiti

Calderone, Lavoro Marina Calderone, ministro del Lavoro e delle politiche sociali (LaPresse)

RIFORMA PENSIONI: POSSIBILE QUOTA 103

La riforma delle pensioni è in stallo a causa delle scarse risorse finanziarie a disposizione del governo. Per questo, secondo quanto riportato dal Messaggero, si va verso una proroga di Quota 103, quindi il pensionamento con 41 anni di contributi e 62 di età. La discussione su Quota 41, il pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, slitta invece al 2025. Avrebbe bisogno di un budget da 9 miliardi di euro per andare in porto.

Questo il motivo per il quale verrà confermata per un altro anno Quota 103, per il quale è previsto un tetto massimo per l’assegno che non può essere superiore a 5 volte il valore dell’assegno minimo, quindi sopra i 2.870 euro lordi. Così il governo Meloni decide di prendere tempo per non irritare l’Europa che sta discutendo della riforma del patto di Stabilità per introdurre dei vincoli alle spese, come la riforma delle pensioni, e si prepara a tagliare gli acquisti dei titoli di Stato. (agg. di Silvana Palazzo)

RIFORMA PENSIONI, STOP A 72 ANNI PER MEDICI DI FAMIGLIA SE…

Via libera alla norma per far lavorare medici di famiglia e pediatri fino a 72 anni. Una norma-tampone per garantire i livelli di assistenza ed evitare uno tsunami sulla sanità italiana. Come riportato da Quotidiano Sanità, per i prossimi tre anni i medici convenzionati potranno continuare a prestare servizio fino al compimento dei 72 anni. La norma è contenuta nel decreto Milleproroghe approvato definitivamente giovedì. La novità riguarda anche il personale addetto ai servizi di continuità assistenziale, dell’emergenza territoriale e medicina dei servizi, oltre agli specialisti ambulatoriali convenzionati. Enpam nella sua pagina specifica che si tratta di una norma con carattere transitorio, quindi è valida fino al 31 dicembre 2026, pensata per tamponare una situazione su cui Enpam mette in guardia da una decina d’anni. L’opzione però può scattare se l’Azienda sanitaria non ha personale medico convenzionato collocabile e chiaramente deve esserci anche la disponibilità da parte dell’interessato. (agg. di Silvana Palazzo)

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PACIFICO

Marcello Pacifico ricorda che “la passata estate durante la campagna elettorale diversi politici oggi al Governo avevano più volte promesso che in caso di vittoria delle elezioni politiche avrebbero provveduto a cancellare la Legge Fornero che manda in pensione alle soglie dei 70 anni anche dopo una vita di lavoro. Non solo questo non è stato fatto, ma si è approvata una modalità peggiorativa rispetto a quella degli ultimi governi. Inoltre, continuano a non esserci adeguata considerazione per chi opera professionalmente nella scuola, dove il rischio burnout è tra i più alti in assoluto e nella pubblica amministrazione: l’insegnamento e l’impiego di chi lavora a contatto con gli studenti, è un lavoro usurante e noi continueremo a chiederlo in tutte le sedi, a partire dalla Commissione Lavori gravosi”.

LE RICHIESTE DELL’ANIEF

Secondo il Presidente nazionale dell’Anief, “il sindacato ha tutte le ragioni per ritenere che per i dipendenti della scuola, docenti e Ata, deve essere prevista una ‘finestra’ con il riscatto gratuito della formazione universitaria: 40 anni di contributi (massimo 64 anni con 20 anni di contributi), con il massimo contributivo, senza tagli all’assegno pensionistico e tanto di ringraziamento da parte del Presidente della Repubblica con la nomina a Cavaliere del lavoro. La conversione gratuita in contributi degli anni universitari è stat chiesta più volte di recente anche dal Presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Secondo Anief basterebbe adottare gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, permettendo al personale della scuola, uomini compresi, di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza”.

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