LA MOZIONE M5S
I dati dell’Inps diffusi ieri hanno messo in luce la persistenza del gap di genere previdenziale, che fa sì che l’importo medio delle pensioni erogate alle donne risulti inferiore di un terzo circa a quello delle pensioni degli uomini. Come spiega Valentina Barzotti, si tratta di “un gap che affonda le proprie radici nel fatto che esse sono pagate meno dei colleghi maschi e sono più precarie”. La deputata del Movimento 5 Stelle, come riporta Ansa, evidenzia che “invece di lavorare per invertire tale tendenza, il Governo, con il decreto che si appresta a varare, aumenterà la precarietà danneggiando soprattutto le stesse donne e i giovani. Come M5S, lo scorso 8 marzo abbiamo depositato alla Camera una mozione con cui intendiamo impegnare l’esecutivo a mettere in campo una serie coordinata di azioni per favorire l’occupazione femminile di qualità, riducendo il gender gap tanto sul fronte delle retribuzioni quanto su quello pensionistico” e “auspichiamo che la mozione venga discussa quanto prima e che, di conseguenza, il Governo inizi a concentrarsi sui reali bisogni del Paese”.
PENSIONI MINIME, LA RICHIESTA DELLA MAGGIORANZA NEL DEF
Mentre il Governo Meloni si interroga sugli effettivi spazi “rimasti” anche per la riforma pensioni 2023-2024 dopo la presentazione del nuovo Piano di Stabilità e Crescita Ue, in Parlamento alla Camera prosegue l’esame del Def: le risoluzioni, di cui una richiede la maggioranza assoluta, verranno votate dall’Assemblea di Montecitorio nel pomeriggio dopo il question time. Come informa l’ANSA, in una di queste la maggioranza impegna il Governo a valutare «nell’ambito degli eventuali spazi di bilancio disponibili per la prossima manovra, un intervento in materia di innalzamento delle pensioni minime».
La medesima risoluzione sul Def l’esecutivo viene impegnato a «proseguire nell’azione di riduzione del cuneo fiscale» e «a valutare la riallocazione della spesa pubblica dai settori che hanno un basso impatto sulla crescita a quelli che ne possano aumentare il potenziale, considerato che dall’aumento del Pil può derivare un impatto positivo su tutti gli indicatori di finanza pubblica».
GLI EFFETTI DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ
La proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita presentata ieri dalla Commissione europea rischia di influire negativamente sui progetti di riforma delle pensioni del Governo italiano. Repubblica scrive infatti che “non ci sono spazi per la riforma delle pensioni e quella del fisco né per lo ‘shock’ a misura di famiglia annunciati dal governo Meloni, a meno di tagliare la spesa o alzare le tasse. La conferma, se ce ne fosse bisogno, arriva ora anche dalla proposta del nuovo Patto di stabilità europeo. Ma era chiaro pure dal Def, il Documento di economia e finanza, varato dal governo quindici giorni fa che già incorpora la stretta delle regole Ue”. Dunque, è la conclusione del quotidiano romano, “per fare le sue ‘politiche’, quelle promesse agli elettori in campagna elettorale, l’esecutivo dovrà quindi trovare le risorse all’interno del bilancio dello Stato, sacrificando più di un capitolo di spesa. Non solo detrazioni e deduzioni per scendere da quattro a tre aliquote Irpef nel 2024. Ma forse anche i 7 miliardi del Reddito di cittadinanza, messi nel mirino come bacino da cui attingere”.
L’AUMENTO DELLE PENSIONI IN GERMANIA
Mentre in Italia si valuta un nuovo aumento delle pensioni minime, come riporta Ansa i “circa 21 milioni di pensionati della Germania ricevono un sostanzioso aumento della pensione per il secondo anno consecutivo”. Infatti, “il Governo tedesco ha approvato un aumento delle pensioni del 4,39% nei Laender dell’Ovest e del 5,86% in quell dell’Est, a partire dal 1 luglio. In questo modo, a distanza di 33 anni dalla Riunificazione e con un anno di anticipo rispetto a quanto pianificato, si arriverà anche alla parità di valore tra le pensioni occidentali e quelle orientali. L’aumento era già stato annunciato a marzo, ma è stato adesso ufficialmente approvato dall’esecutivo. Manca ancora la formalità dell’approvazione del Bundesrat, mentre non è necessaria quella del Bundestag”. Intanto l’Usb di Napoli si prepara alla manifestazione del 1° maggio ricordando la necessità di alzare stipendi e pensioni per far fronte agli aumenti di prezzi e tariffe determinati dall’inflazione.
RIFORMA PENSIONI, I DATI EXCELSIOR
Come ricorda Il Sole 24 ore, dal Rapporto elaborato dal Sistema informativo Excelsior, di Unioncamere e Anpal, sul quinquennio 2023-2027 emerge che “nel prossimo decennio ci saranno poco più di 6 milioni di persone che si affacceranno alla pensione, rendendo sempre più importante il fenomeno del ricambio generazionale”. In particolare, “se prendiamo i dati Istat, la popolazione residente tra 50-59 anni è pari a 9,4 milioni di unità con un tasso di occupazione intorno al 64,1%. Questo consente di stimare circa 6,1 milioni di occupati che nei prossimi 10 anni andranno in pensione, a fronte di una popolazione residente tra 20-29 anni di età pari a 6 milioni di unità e quindi insufficiente a garantire una piena sostituzione”.
LA PRESSIONE SUL MERCATO DEL LAVORO
È così che si determina “una pressione sia nel pubblico che nel privato, ad allineare domanda e offerta del mercato del lavoro. Uno dei motivi, insieme all’equilibrio dei conti, che ha portato a un innalzamento progressivo delle soglie di accesso alle pensioni”. Inoltre, “l’alta incidenza della componente ‘replacement’ nei prossimi cinque anni evidenzia due fenomeni, diversi e opposti. Il primo è l’allargamento del bacino dei potenziali interessati alla sostituzione, dato l’ingresso nella fascia di età dei lavoratori maggiormente coinvolti nei processi di sostituzione”, i baby boomers, “che accedono alle soglie di età previste per le pensioni anticipate e di vecchiaia. Il secondo è invece la contrazione delle maglie di accesso al pensionamento data dal progressivo calo dei tassi di pensionamento”.
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