RIFORMA PENSIONI 2024/ La certezza per la manovra resta l’anticipata per anzianità contributiva

- Lorenzo Torrisi

Riforma pensioni 2024, in vista della Legge di bilancio di fine anno c'è una sola certezza di anticipo: la vecchia formula legata all'anzianità contributiva

Pensioni INPS Lo sportello INPS (Ansa Luca Zennaro)

GLI SPAZI RIMASTI PER LA MANOVRA

Non sembra possibile che nella Legge di bilancio che verrà predisposta a partire da settembre si possa anche solo ipotizzare l’introduzione di una misura di riforma delle pensioni come Quota 41. Anzi, come ricorda il Quotidiano Nazionale, è facile che non verranno rinnovate Quota 103, Ape sociale e Opzione, almeno per come sono attualmente. L’unica forma di pensionamento anticipato certa resterebbe quella della vecchia pensione di anzianità, cui si potrebbe accedere indipendentemente dall’età dopo aver versato contributivi per 42 anni e 10 mesi (un anno in meno nel caso delle donne). Forma di pensionamento che tra l’altro consentirebbe il cumulo con altre forme di reddito, mentre è noto che le varie Quote prevedono una stringente incumulabilità salvo casi specifici per i lavoro autonomo. La Fondazione Studi Consulenti del lavoro, rispondendo a una domanda posta all’esperto pensioni da un lettore del sito di Repubblica, chiarisce che il divieto riguarda anche i compensi legati a rapporti di collaborazione coordinativa e continuativa, ovvero i contratto co.co.co.

ALLARME FMI SUI CONTI ITALIANI: PROBLEMA PER LE PENSIONI?

Non le cita direttamente ma è evidente che nel conto dei vari “allarmi” sui conti pubblici italiani il tema delle pensioni sia dirimente nelle osservazioni che Ue e Fondo Monetario Internazionale da tempo indirizzano all’Italia e agli altri Paesi con alto valore del debito pubblico. «È il momento di ridurre il debito e ricostituire le riserve finanziarie. Per tutti i paesi del mondo, inclusa l’Italia», spiega oggi a “La Repubblica” Fabio Natalucci, vice direttore del Monetary and Capital Markets Department dell’Fmi.

Dopo la presentazione del Global Financial Stability Report (pubblicato ieri con Natalucci proprio come coautore, ndr) il rischio che resta dirimente è quello dei conti pubblici e dalla loro sostenibilità: «Per aggiustare la sostenibilità del debito ci vuole una politica fiscale attenta. E’ importante che sia fatta in maniera graduale, legata alle condizioni individuali dei paesi. Ci vuole però a livello generale una revisione dei conti pubblici, in modo che il debito continui ad essere sostenibile». Da un lato operare sui conti pubblici per mantenere il debito “sostenibile”, dall’altro – conclude l’esperto del Fmi – «serve investire in progetti di spesa pubblica che spingano verso l’alto la produttività».

IL DATO FORNITO DA ISTAT

Insieme all’indice dei prezzi, martedì l’Istat ha comunicato il coefficiente di rivalutazione del Tfr che per il mese di marzo è pari a 0,690391. Si tratta di un parametro importante che, come ricorda Italia oggi, “rende possibile rivalutare le somme accantonate al 31 dicembre dell’anno precedente, nel caso di cessazione di rapporti di lavoro e/o conteggi in sede di bilanci infrannuali”. E a proposito di Trattamento di fine rapporto, mentre ancora non si è trovata una soluzione politica al problema della liquidazione per i dipendenti pubblici, che viene interamente versata solo dopo diversi mesi dalla cessazione del lavoro, in particolare per coloro che utilizzano i canali di anticipo pensionistico, visto che occorre poi arrivare ai 67 anni di età, pmi.it ricorda che il calcolo del Tfs per i dipendenti pubblici avviene tramite modalità interamente digitalizzata a partire dall’inizio del 2023. Restano solamente due i casi in cui si può ricorrere alla modulistica cartacea.

LE SIMULAZIONI SU QUOTA 41

Si continua a parlare del Documento di economia e finanza e del mancato riferimento a misure di riforma delle pensioni al suo interno. Cosa dovuta alla mancanza di risorse, vista la situazione dei conti pubblici italiani su cui incide non poco la spesa pensionistica. Secondo quanto riporta pamagazine.it, a questo punto “anche nel 2025 la pensione di vecchiaia resterà salda a 67 anni di età e 20 di contributi. Mentre per andare a riposo con l’anzianità la legge continuerà a imporre 42 anni di contributi”. Non ci sarà invece nulla da fare per quanto riguarda Quota 41, anche perché “le simulazioni dicono che questo impianto potrebbe reggere solo a patto che quegli anni di contributi vengano interamente ricalcolati con il sistema contributivo. Il che, dal momento che il sistema contributivo è stato introdotto nel 1996, si tradurrebbe in forti tagli degli assegni per chi punta al riposo anticipato. In media circa il 20 per cento di assegno in meno. Il Governo sarà costretto a mantenere una linea di forte rigore”.

RIFORMA PENSIONI, LE NUOVE POSSIBILI STRETTE

Il Documento di economia e finanza approvato dal Governo sembra aver reso evidente che quest’anno sarà veramente difficile varare misure di riforma delle pensioni nella Legge di bilancio. Forse si potrebbero prorogare le forme di anticipo in scadenza a fine anno, ma con alcune restrizioni. Claudio Testuzza, in un articolo pubblicato su Sanità 24, sezione del sito del Sole 24 Ore, non esclude che possano essere estese a tutte le limitazioni già vigenti per Quota 103: limite all’importo dell’assegno e ricalcolo contributivo dello stesso. In tal modo, infatti, non solo diventerebbe meno oneroso per lo Stato l’erogazione di prestazioni pensionistiche, ma renderebbe le stesse meno attraenti per i lavorativi, disicentivandone il ricorso.

LE RESTRIZIONI IPOTIZZABILI PER LE PENSIONI IN ESSERE

“Un’ulteriore restrizione potrebbe essere realizzata, anche, per le pensioni di reversibilità, già taglieggiate sulla base, illegittima, dell’eventuale reddito del sopravvissuto”, aggiunge Testuzza, ricordando che, tuttavia, il “piatto forte” in tema di risparmi sulle pensioni deriverebbe da un intervento su quelle di importo più elevato, già in passato ribattezzate pensioni d’oro. Tuttavia, un contributo di solidarietà a loro esclusivo carico rischierebbe di incorrere in una bocciatura da parte della Corte costituzionale, visti i suoi pronunciamenti in materia del passato. Più “facile” sarebbe invece intervenire sull’indicizzazione delle pensioni, che già attualmente è stata parzialmente limitate in base all’importo degli assegni, prevedendo però una rivalutazione superiore al 100% per quelle di importo più basso.

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