La prossima riforma pensioni dal 2026 al 2028 potrebbe prospettare un blocco sull'adeguamento delle aspettative di vita. Si attende solo il Decreto.
Per la riforma pensioni 2026 non resta che sperare in un cambiamento da parte del Governo. Le potenziali novità sono piuttosto ampie, dal taglio Irpef per aumentare i cedolini allo stop sulla rivalutazione che si prospetta “negativa”.
Di fatto il Governo Meloni non starebbe più pensando a niente di “strutturale“, visto che le priorità al momento sono variegate e tra queste “non rientrerebbe” il tema delle pensioni. In pole position tra i topic più discussi sono la sicurezza nelle città, la sanità pubblica, la povertà, l’istruzione e il flusso dei migranti.
Facciamo il punto sulla riforma pensioni 2026
Il primo punto dell’ipotetica riforma pensioni 2026 riguarda la proposta di bloccare l’adeguamento ogni 2 anni e basato sulle aspettative di vita. Infatti tra l’anno prossimo e il 2027 tale base potrebbe aumentare, danneggiando e allungando l’uscita dal lavoro.
Stoppando l’adeguamento il Governo riuscirebbe – senza grossi sforzi economici – a prendere tempo per pensare ad una misura migliore per i futuri pensionati, garantendogli per almeno 2 anni uno stallo sull’età pensionabile minima.
Naturalmente, l’ente previdenziale dovrà considerare comunque di recuperare parte del gettito fiscale visto che è indispensabile accantonare delle risorse per mantenere la stessa età pensionistica per un periodo minimo di 2 anni.
La risposta definitiva si avrà non prima della fine del 2025, quando il Governo deciderà di emettere il Decreto stabilendo se “congelare” l’adeguamento oppure approvare il suo normale processo.
Le prime ipotesi dal Governo
Nonostante non ci sia ancora niente di certo, alcuni esponenti politici starebbero supponendo che la prossima riforma pensioni possa realmente sospendere l’aumento dei requisiti, consentendo l’uscita ordinaria a 67 anni per minimo 3 anni (dal 2026 al 2028).
Secondo gli attuali dati ISTAT l’adeguamento di vita dovrebbe prospettare un aumento delle condizioni a 3 mesi in più, in alcuni casi anche 7. Dunque i lavoratori coinvolti sarebbero una platea piuttosto ampia, e sarebbe una soluzione – seppur temporanea – agevolativa.