“L’ILLUSIONE” DEL RICALCOLO CONTRIBUTIVO
Giuliano Cazzola, intervistato da Adnkronos/Labitalia, evidenzia che se si arrivasse a una riforma pensioni con il ricalcolo contributivo degli assegni in cambio della flessibilità non si avrebbe un sistema in equilibrio. “Questo stato di grazia, infatti, in un sistema finanziato a ripartizione (i contributi versati dai lavoratori attivi sono utilizzati per pagare le pensioni in essere) non basta che il trattamento erogato sia ‘collegato strettamente’ ai contributi versati perché il sistema sia sostenibile. Infatti, i diritti maturati ora dai lavoratori attivi, verranno onorati dalle generazioni future, se saranno in condizione di farlo in base ai dati demografici, economici, retributivi e dell’occupazione”, spiega l’ex deputato. Inoltre, chi andasse in pensione a 62 anni con poco più di 20 anni di contribuzione avrebbe per forza di cose diritto a “una prestazione modesta, la quale finirà per essere integrata, fino ad un minimo legale, a carico dello Stato”. Dunque si avrebbe un costo per la collettività.
LA CIRCOLARE INPS SULL’ADV
In un circolare diffusa oggi, l’Inps ricorda quali sono gli effetti del decreto interministeriale dello scorso novembre relativo all’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita che saranno in vigore dal 1° gennaio 2021. Come già noto, quindi, l’età pensionabile resterà a 67 anni fino alla fine del 2022. Per effetto invece delle misure di riforma pensioni varate alla fine del 2018, la pensione anticipata di anzianità sarà accessibile fino al 31 dicembre 2026 con 42 anni e 10 mesi di contribuzione (un anno in meno per le donne). Fino alla stessa data resterà in vigore anche il requisito di 41 anni di contribuzione per “la pensione anticipata per i lavoratori precoci”. Di fatto quindi l’Inps mette nero su bianco il mantenimento dello “status quo” rispetto alla situazione dello scorso anno. Vedremo se il blocco dell’aspettativa di vita per la pensione di anzianità finirà o meno tra le misure oggetto del confronto tra Governo e sindacati sulla previdenza.
GLI INCENTIVI AI VERSAMENTI AGGIUNTIVI
Senza bisogno di leggi riguardanti la riforma pensioni, le casse previdenziali dei professionisti stanno cercando di adottare misure per aumentare il numero degli iscritti che effettuano versamenti aggiuntivi volontari. Come ha spiegato Il Sole 24 Ore, gli psicologi attraverso il metodo della “scelta gentile”, forniscono agli iscritti un’avvertenza nel momento in cui, chiamati a decidere quanto versare, scendono sotto il valore massimo del 20%, sul rischio che corrono circa l’importo della futura pensione. Sembra che il metodo abbia funzionato determinando una crescita dal 2 al 14% degli iscritti che effettuano versamenti. I commercialisti si sono trovati in una mail un cartone animato che spiegava come portare l’aliquota al 17% anziché al 12% mostrando i vantaggi sulla pensione futura di questa scelta. Mossa che ha portato a un aumento di cinque volti del numero di iscritti che effettuano versamenti aggiuntivi. I consulenti del lavoro vengono invece incentivati a versare contributi aggiuntivi con una rivalutazione dell’1,5% sul montante.
M5S TORNA SU PENSIONI D’ORO
Con un post su Facebook, il Movimento 5 Stelle evidenzia l’importanza della misura di riforma pensioni che è intervenuta inserendo un contributo di solidarietà sulla pensioni più alte. “Con il taglio delle pensioni d’oro ristabiliamo equità e giustizia sociale. In Italia ci sono persone che da anni percepivano pensioni che dire di lusso è poco. Nababbi a spese nostre che arrivavano a prendere anche 90 mila euro al mese (avete letto bene) di pensione d’oro. Alla faccia di chi si spacca mani e schiena per una vita e per una pensione 100 volte minore. Questa roba in un paese NORMALE non era più accettabile”, scrivono i pentastellati, ricordando di essersi sempre opposti “a questi soprusi ai danni della stragrande maggioranza degli italiani e appena siamo arrivati al governo abbiamo iniziato a cancellarli, anche per rispetto di tutte le persone oneste di questo Paese”. La misura, per M5s, consentirà di risparmiare “oltre 400 milioni di euro che potranno essere usati per sostenere le fasce più deboli della società”.
LE PAROLE DI PROIETTI
In vista del nuovo incontro tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni in programma oggi, in cui si parlerà delle rivalutazioni degli assegni, Domenico Proietti ricorda che “il blocco dell’indicizzazione delle pensioni dal 2011 ad oggi ha generato danni gravissimi e permanenti a milioni di pensionati”. Il Segretario confederale della Uil cita dei dati contenuti in uno studio realizzato dal suo sindacato: “Un esempio per tutti, un pensionato che nel 2011 aveva un assegno pari a 1.500€, oggi riceve una pensione pari a 1.575€, mentre se fosse stato utilizzato il meccanismo ordinario avrebbe ricevuto una pensione mensile pari a 1.649€, 962€ in meno ogni anno. Danno che sarà permanente per tutta la vita del pensionato”. La Uil chiederà quindi il ritorno alla piena indicizzazione degli assegni, con la creazione di un meccanismo per restituire ai pensionati “quanto loro sottratto in questi anni. Bisogna poi aggiornare i criteri con i quali ad oggi è valutata l’indicizzazione”, in modo che siano rispecchiate “a pieno le reali spese sostenute dalla fascia più anziana della popolazione”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PADULA
Il tavolo tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni è chiamato ad affrontare anche il tema della previdenza complementare. Intervistato da L’Economia, l’inserto del Corriere della sera, Mario Padula spiega che per la Covip “è importante quella che chiamo l’inclusione previdenziale. Per superare quei dualismi che si manifestano anche in altri settori dell’economia italiana. Si tratta così di affrontare il tema della più bassa adesione ai fondi che si riscontra tra le donne, i giovani, tra i lavoratori delle piccole imprese e nel Mezzogiorno”. Secondo il Presidente della Covip, è utile cercare di aumentare l’inclusione “di queste stesse categorie nel mercato del lavoro. Anche per garantire la sostenibilità sociale del sistema nel suo complesso. Poi si possono fare interventi più specifici sulla previdenza complementare”.
IL NO AL FONDO PREVIDENZIALE PUBBLICO
In questa direzione cita “un uso più flessibile della deducibilità dei contributi fino a 5.164 euro, immaginando che lo sconto fiscale non utilizzato o utilizzato solo in parte in un anno possa essere recuperato in altri anni, così da aiutare chi ha carriere discontinue. Altro esempio: consentire di devolvere nel fondo anche solo una parte del Tfr, anziché tutto, cosa che oggi si può fare solo se lo prevede il contratto collettivo di lavoro”. Riguardo l’ipotesi di creare un fondo complementare pubblico per i giovani gestito dall’Inps, Padula ritiene che tale strumento “introdurrebbe elementi di instabilità perché si indebolirebbe la divisione tra primo, secondo e terzo pilastro, con conseguenze negative sul peso della previdenza pubblica sui conti dello Stato”.