I DATI INPS-MIUR SU QUOTA 100 E LEGGE FORNERO
Come riporta orizzontescuola.it, “Miur e sindacati, insieme al Direttore Generale dell’Inps, hanno fatto il punto sull’accertamento del diritto a pensione riguardante il personale della scuola, alla data del 24 giugno 2019”. Risulta che “a fronte di 22.197 domande presentate con i requisiti previsti dalla cosiddetta quota 100, è stato certificato il diritto a pensione di 16.713 istanze, pari al 74,17%”. Secondo quanto spiegato dall’Inps, entro la fine di luglio dovrebbe concludersi l’iter per la certificazione del diritto a pensione delle rimanenti domande. La Cisl Scuola fa invece sapere che “le domande presentate entro il 12 dicembre, quindi con i requisiti previsti dalla legge Fornero, sono state 25.023”, di cui “24.980 hanno avuto già il benestare dell’Inps, ossia è stato accertato il diritto a pensione degli interessati. Si tratta del 99,12% delle istanze presentate”. Nell’incontro è stato anche comunicato che le pensioni che saranno liquidate entro il 12 agosto andranno in pagamento dal 2 settembre, mentre per tutte le altre si dovrà attendere ottobre.
L’ANTICIPO DI 5 ANNI NEL DL CRESCITA
Il decreto crescita dovrà essere convertito in legge entro pochi giorni dal Senato. Il sito del Sole 24 Ore ricorda che al suo interno c’è il contratto di espansione, valido per le aziende con più di 1.000 dipendenti, che “abbina ammortizzatori sociali e uno scivolo verso la pensione con l’obbligo di nuove assunzioni a tempo indeterminato (ma senza un tasso di sostituzione obbligatorio rispetto ai dipendenti che lasciano l’impresa) e la riqualificazione del personale in base a un progetto di formazione dettagliato, con rientro in azienda di almeno il 70 per cento”. Il quotidiano di Confindustria ricorda che “i dipendenti distanti non più di cinque anni dalla pensione di vecchiaia (se hanno già maturato il minimo contributivo) o da quella anticipata (esclusa quota 100) possono essere licenziati e accompagnati al trattamento previdenziale. Nel periodo che trascorre tra l’uscita dall’azienda e la pensione, il datore di lavoro deve erogare un importo pari all’assegno previdenziale maturato alla cessazione, eventualmente inclusivo della Naspi. Se l’accesso è alla pensione anticipata, vanno versati anche i contributi, escluso il periodo coperto da contribuzione figurativa per Naspi”.
LE PAROLE DI SALVINI
Matteo Salvini è stato ospite della trasmissione Cartabianca, in onda su Rai 3, dove ha parlato anche di riforma pensioni, spiegando che Quota 100 “non si tocca: è prevista per tre anni, l’obiettivo è quota 41, per far andare in pensione la gente dopo 41 anni di lavoro. I soldi si trovano se gli italiani lavorano. Non useremo i soldi degli altri, vogliamo far scendere il debito. Riforme in deficit? Vedremo, ci sono tante ipotesi..”. Secondo quanto riporta fanpage.it, il vicepremier ha anche promesso un adeguamento delle “pensioni di invalidità attualmente ferme a 278 euro. Non useremo i soldi europei, ma se mio figlio ha fame io non gli nego il panino”. “Adeguare le pensioni di invalidità, portarle al doppio, costerebbe tre miliardi. Ci sono i soldi? Chiediamo, per dignità, di poter usare per gli italiani i soldi degli italiani. Senza chiedere nulla a nessuno”, ha aggiunto Salvini, che si augura non venga avviata la procedura d’infrazione contro l’Italia, più che altro perché “sarebbe una scelta politica, non economica”.
LA PENSIONE ANTICIPATA A 61 O 63 ANNI
Riuscire ad andare in pensione anticipata a 61 o a 63 anni quando non si ha un’anzianità contributiva alta non è semplice. Lo capiamo dalle risposte dei consulenti di orizzontescuola.it ai quesiti posti dai lettori. C’è la strada della Rita, che consente anche un anticipo fino ai 57 anni se si è disoccupati. Tuttavia occorre essere iscritti alla previdenza complementare. C’è anche l’Ape social per chi, a 63 anni, ne ha almeno 36 di contributi. Purché rientri in determinate categorie di lavori o abbia specifici requisiti. Infine, c’è anche la strada dell’Ape volontario, che consente il pensionamento anticipato a 63 anni, anche se questo comporta l’utilizzo di un prestito bancario, il cui importo va restituito in 20 anni mediante una decurtazione dal proprio futuro assegno pensionistico. Da non dimenticare la possibilità di “mixare” Ape volontario e Rita per fare in modo che la futura decurtazione sia meno gravosa. In ogni caso, come detto, la strada verso la pensione anticipata, in questi casi, non è agevole e comporta scelte che vanno ben ponderate.
TAGLI DAL 15% AL 40% NELL’ARS
“Via libera al taglio delle pensioni degli ex burocrati dell’Ars”. Così Gianfranco Micciché, Presidente dell’Assemblea regionale siciliana, ha commentato il voto con cui è arrivato l’intervento di riforma pensioni per il personale già in quiescenza che si sostanzia in un contributo di solidarietà di cinque anni. “Il Consiglio di Presidenza dell’Ars, con voto unanime, ha deciso di recepire la legge nazionale che, per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e le aziende private, prevede dal primo gennaio 2019 e per la durata di 5 anni, la riduzione dei trattamenti pensionistici diretti superiori ai 100 mila euro lordi l’anno”, ha detto Micciché. Saranno esentati dal contributo di solidarietà gli ex dipendenti “dispensati dal servizio per motivi di salute”. I risparmi della spesa pensionistica, derivanti dall’applicazione della norma, saranno accantonati in un apposito fondo istituito nel bilancio dell’Ars. Il contributo di solidarietà varierà da un percentuale del 15% fino al 40% per gli assegni che superano i 500.000 euro.
ARS TAGLIA PENSIONI D’ORO
L’Assemblea regionale siciliana ha varato il taglio delle pensioni d’oro per gli ex dipendenti in quiescenza. Una misura resa necessaria dalle disposizioni nazionali, che hanno imposto una riforma pensioni anche alle regioni per non perdere una quota dei trasferimenti dal centro alla periferia. Giancarlo Cancelleri, Salvatore Siragusa e Stefano Zito, deputati regionali del Movimento 5 Stelle, in una nota spiegano che i siciliani risparmieranno 4,3 milioni di euro ogni anno fino al 2023. “Abbiamo dato una bella sforbiciata ai privilegi dei burocrati di questo palazzo dall’ex segretario generale, il cui stipendio è sempre stato il ‘quarto segreto di Fatima’, alle varie cariche apicali di questo palazzo. Siamo riusciti a tagliare anche del 40 percento le loro pensioni, con un provvedimento che ci consentirà un risparmio di oltre 20 milioni di euro nei prossimi 5 anni”, spiegano i pentastellati, sottolinenando che “la prima battaglia è vinta. Adesso continuiamo con il taglio ai vitalizi degli ex onorevoli”.
RIFORMA PENSIONI, IL POST DI M5S
Il Movimento 5 Stelle muove una forte critica ai sindacati dopo che la Cgil ha accusato M5s di essere assente da importanti vertenze e dopo che sono arrivate critiche a Decreto dignità e Reddito di cittadinanza. In un post sul Blog delle Stelle viene ricordato non solo che le confederazioni non hanno fatto nulla mentre il Governo Renzi varava il Jobs Act “precarizzando in modo selvaggio il mondo del lavoro italiano”, ma che “è stato lo stesso Mario Monti a dichiarare che la sua Manovra “lacrime e sangue” fu discussa con i leader delle federazioni sindacali, che poi si limitarono a solo due ore simboliche di sciopero. Giusto per dare un senso alla loro esistenza. Tanto è vero che accettarono senza alcuna reazione la legge Fornero, nonostante abbia tolto il diritto alla pensione a centinaia di migliaia di lavoratori”.
LE DOMANDE PER I SINDACATI
Dunque i pentastellati ricordano che la riforma pensioni del 2011 non ha incontrato resistenza da parte dei sindacati, mentre “noi abbiamo iniziato a smontarla con Quota 100, consentendo a 150mila persone di godere della meritata pensione, e ci siamo posti l’obiettivo di andare anche oltre con Quota 41”. Nonostante questo, però, “i sindacati ci hanno quasi dichiarato guerra. Siamo alla follia”. Il post si conclude con alcune domande scomode per i sindacati: “L’atteggiamento ostile dei sindacati verso riforme che, finalmente, mettono al centro il lavoratore, lascia interdetti e preoccupa. Questi attacchi continui alla nostra proposta sul Salario Minimo Orario Legale, portati a braccetto con Confindustria, ispirano alcune domande: da che parte stanno i sindacati? E, soprattutto, dove sono stati finora? Quali interessi rappresentano?”.