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Home » Lavoro » Pensioni » RIFORMA PENSIONI/ Se Opzione donna finisce sacrificata per la finta Quota 41

  • Pensioni
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RIFORMA PENSIONI/ Se Opzione donna finisce sacrificata per la finta Quota 41

Mauro Marino
Pubblicato 20 Dicembre 2022 - Aggiornato alle ore 06:52
mortalità covid pensioni

Inps (Lapresse)

Tra le misure di riforma delle pensioni contenute nella Legge di bilancio c'è un peggioramento relativo a Opzione donna

Siamo ormai arrivati all’assurdo e dobbiamo scomodare perfino il famoso scrittore boemo Franz Kakfa scomparso quasi un secolo fa per cercare di spiegare quello che sta succedendo sulle pensioni e su Opzione Donna in particolare a dieci giorni dal ritorno in toto della Legge Fornero.

Perché Kafla? Perché i suoi scritti pregni di alienazione, brutalità psicologiche e angosce esistenziali ben si addicono a quello che sta succedendo in particolare su Opzione Donna con la conseguenza che molte donne sono ormai sull’orlo di una crisi di nervi.


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Ma procediamo con ordine. Durante tutta la campagna elettorale i partiti di centrodestra e Salvini in particolare hanno sempre proclamato di voler mettere definitivamente nel cassetto l’odiatissima Legge Fornero attuando fin da subito i 41 anni di contributi per tutti uomini e donne per uscire dal mondo del lavoro indipendentemente dall’età e senza penalizzazioni. Poi, dopo le elezioni la Premier Meloni nella sede istituzionale più prestigiosa, il Parlamento, durante il discorso programmatico di insediamento del suo Governo ha affermato che quest’anno a causa del poco tempo a disposizione e soprattutto perché il grosso della manovra è destinata a ristorare famiglie e imprese contro il caro bollette sarebbero stati rinnovati solamente gli istituti in scadenza e il grosso della riforma previdenziale sarebbe stato procrastinato al prossimo anno.


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Quindi si pensava al rinnovo “tout court” di Opzione Donna, Ape Sociale e “Quota 102”. Poi la Quota 102 che all’inizio sembrava composta da 41 anni di contributi sommati ai 61 anni di età è diventata “Quota 103”, con 41 anni + 62 di età e per giunta con le limitazioni che l’assegno previdenziale non può superare di cinque volte il trattamento minimo fino ai requisiti della “Fornero”, ma come un fulmine a ciel sereno su Opzione Donna, che anzi molti politici auspicavano potesse diventare strutturale, è arrivata la pagina bianca. Infatti, nella prima stesura del ddl bilancio l’articolo relativo a Opzione donna non era scritto. Già questo denotava confusione in seno al Governo, poi finalmente, quando è arrivato il testo bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato ecco la bomba: Opzione Donna destinata solamente alle donne che entro il 31 dicembre 2022 avranno maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e un’età anagrafica di sessanta anni, ridotta di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due, e che assistano un convivente con handicap grave da almeno sei mesi, oppure siano loro stesse dichiarate invalide almeno al 74% o ancora siano state licenziate o siano dipendenti da imprese dichiarate in stato di crisi.


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Poi dopo le sacrosante proteste delle donne e dei partiti dell’opposizione che evidenziavano come l’istituto di Opzione Donna fosse stato “confinato” solo a categorie svantaggiate e per giunta con la discriminante tra chi aveva figli e chi no e non fosse più una libera scelta che facevano le donne anche rinunciando a un assegno previdenziale ridotto di oltre il 25%, abbiamo assistito alle stucchevoli dichiarazioni di esponenti della maggioranza sul fatto che su Opzione Donna il Governo stava lavorando a un maxi emendamento per il ripristino dei requisiti precedenti. Finalmente, dopo continui ritardi nella presentazione di questo emendamento governativo la sorpresa: su Opzione Donna nessuna modifica.

A margine di ciò assistiamo alle affermazioni di due autorevolissimi esponenti della Lega, il sottosegretario Durigon che afferma che a lui Opzione Donna non piace perché toglie alle donne il 30% dell’assegno previdenziale e del ministro dell’Economia Giorgetti che ribadisce che su Opzione Donna il Governo ha le sue opinioni che si scontrano con un’onerosità significativa sul livello pluriennale. In pratica per finanziare il cavallo di battaglia di Salvini, la famosa “Quota 41” che poi non è tale in quanto associata al requisito dell’età, si sacrifica Opzione Donna che esiste dal 2004 e che dopo i primi anni di erogazione fa risparmiare all’Erario decine di milioni di euro in quanto la decurtazione dell’assegno calcolata col sistema contributivo dura per tutta la durata della vita e non fino al raggiungimento dell’età di pensionamento ordinario.

Non c’è da stare allegri. Può darsi e ce lo auguriamo tutti, che poi in extremis Opzione Donna tornerà con i requisiti dell’anno precedente, ma sicuramente questa è un’ulteriore dimostrazione dello scollamento che esiste tra istituzioni e cittadini, delusi da dichiarazioni roboanti che poi nella realtà dei fatti vengono completamente disattese.

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Tags: Opzione DonnaGoverno MeloniRiforma pensioniMatteo SalviniGiorgia MeloniGiancarlo GiorgettiQuota 41Ape SocialLega

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