Tutti green? Mica tutti. Sembra che… più si è ricchi, più si inquina. Lo scorso anno una ricerca condotta dalle Nazioni Unite ha messo in evidenza che l’1% più ricco del mondo rappresenta più del doppio delle emissioni di CO2 del 50% più povero. Ma chi sono i super-ricchi che inquinano di più? Una risposta arriva da un’analisi recente, condotta da due antropologi dell’Indiana University, che ha passato in rassegna 2.095 miliardari elencati nella lista Forbes 2020.
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Il rapporto, pubblicato su “The Conversation”, ha rivelato che “i miliardari lasciano impronte di carbonio che possono essere migliaia di volte superiori a quelle dell’americano medio”. Nota bene, anzi molto bene: sono quelli che non spendono tutto quel che hanno! Notato? Cavolo, quelli che hanno meno, allora, inquinano meno?
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Roba grossa la questione ambientale. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, lo sa: “Questo è un Governo che ha preso l’impegno di fare progetti nella transizione ecologica, nel digitale, nella lotta al cambiamento climatico. Un’altra sfida: attuare il vecchio che va bene e aprire il nuovo che va bene”.
Nuovo che va bene, vediamo: quella transizione ecologica, appunto, che ha in mente Roberto Cingolani, responsabile del nuovo Ministero, quando dice: “La biocapacità del Pianeta si è esaurita tra luglio e agosto; viviamo un’era spaventosa di debito ambientale, non solo economico. Il percorso della transizione ecologica parte da un momento particolarmente complesso determinato dalla pandemia e dovrà essere capace di conciliare istanze diverse”.
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Dunque, istanze diverse da conciliare: quelle di chi, con il malloppo intascato, paga il debito ambientale contratto con quelli che hanno poco ma… molto credito ambientale? I capitali ci sono, le risorse pure; c’è anche l’indifferibilità dell’agire per una Terra che stenta a riprodurre risorse e a smaltire i rifiuti. La materia prima sta in quel rifiuto che l’Iva e la Tari attribuiscono a quelli della spesa; al capitale sta invece l’investire nella trasformazione/riciclo di quei residui in nuove merci; chiude il cerchio un consumo nuovo che genera quel residuo/risorsa. Circolare, appunto e palla al centro!
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Si riduce la filiera, meno costi, meno profitto da distribuire; prezzi più contenuti e guadagni dalla vendita della “nostra” materia, rifocillano il potere d’acquisto per tenere attivo un ciclo economico finalmente virtuoso. E si rende alfin conveniente fare una “domanda ecocompatibile” per poter poi disporre di miglior residuo da portare al mercato e vendere e, alla fine di ogni ciclo, poi rivendere e ancora ri-ri-vendere: la responsabilità, insomma, incontra il tornaconto.
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