CAOS ROMA/ Ecco dove cade la teoria del complotto che “assolve” Marino

- Patrizia Ciava

Mentre il sindaco Marino "riflette" sulle sue dimissioni, i suoi sostenitori si danno appuntamento in piazza, oltre che sui social network. Ecco dove sbagliano. PATRIZIA CIAVA

ignaziomarino_stampaR439 Ignazio Marino (Infophoto)

Il sindaco Ignazio Marino ha deciso di “riflettere” sulle sue dimissioni e i suoi sostenitori sperano riesca a trovare una maggioranza in consiglio comunale che gli consenta di ritirarle prima che diventino definitive.

Dal giorno in cui è stato travolto dall’inchiesta sugli scontrini i suoi fans si sono mobilitati in rete, hanno organizzato sit-in davanti al Campidoglio e hanno presentato una petizione — che ha raccolto ben 36mila firme — per invitarlo a ripensarci. A supporto della loro causa  hanno pubblicato on-line un documento in cui elencano le “40 cose buone” che il sindaco avrebbe fatto durante il suo mandato. 

In realtà gli attribuiscono numerosi meriti non suoi, contando probabilmente sulla buona fede di quanti fanno copia-incolla senza controllare.

Per esempio, asseriscono che Marino avrebbe liberato il centro storico dai camion bar, contrapponendosi allo strapotere della famiglia Tredicine, mentre è stato il Governo con il Dl cultura nel 2013, e successivamente con il Dl enti locali approvato da Camera e Senato, a vietare l’accesso a luoghi di pregio storico-artistico a camion-bar, bancarelle e venditori ambulanti. Per la precisione, come ha scritto Michele Trotta su Oltremedia, “a far arrabbiare non poco le associazioni di categoria e gli storici leader degli ambulanti romani ci ha pensato Raffaele Ranucci, senatore Pd”, che ha introdotto la possibilità di individuare le aree pubbliche con valore di pregio archeologico e paesaggistico da rendere off-limits per camioncini e caldarroste (ottobre 2013). 

Si legge inoltre nel documento a supporto della petizione che Marino avrebbe “risparmiato 120 milioni ogni anno confrontando le spese allegre del Comune con i prezzi di mercato”. Ma la giunta ha semplicemente applicato, come tutti gli altri enti pubblici, la spending review voluta dal Governo Monti con l’introduzione di una Centrale Unica per gli Acquisti.

I suoi fans gli attribuiscono il merito del restauro del Colosseo, mentre l’iter era stato avviato dalla giunta Alemanno, come anche quello della Barcaccia.

Potrà sorprendere ma anche il piano per la raccolta differenziata era stato presentato da Alemanno nel 2012. Il piano, elaborato dal gruppo di lavoro Roma Capitale-Ama-Conai (Consorzio nazionale imballaggi) con il contributo del ministero dell’Ambiente, era stato completato nel corso del mese di giugno 2012 a seguito del confronto con le parti sociali, indicando le attività che sarebbero state svolte nel 2012, nel 2013 e nel 2014. 

“Marino ha chiuso Malagrotta dopo 30 anni” chiosano i suoi sostenitori. E’ vero, ma in due anni non ha saputo creare un’alternativa valida e l’immondizia viene conferita presso impianti di terzi, privati e costosi, tra cui alcuni di proprietà della Colari (l’azienda di Manlio Cerroni, patron di Malagrotta). “Malagrotta per noi c’è ancora. I camion dei rifiuti percorrono ancora la nostra strada, gli impianti di trattamento continuano a lavorare, il cattivo odore è sempre lo stesso e accompagna le nostre vite, forse più di prima” spiegano gli abitanti di Valle Galeria. 

Insomma, oltre ad essere infarcito di inesattezze quel documento rischia di diventare un boomerang, in quanto dimostra inequivocabilmente l’inadeguatezza di Marino come sindaco. Non sarebbe infatti necessario elencare presunte sue azioni meritevoli se ci fossero iniziative di riqualificazione della città evidenti e riscontrabili dai cittadini.    

Basta vivere a Roma — o meglio “vivere Roma” — per rendersi conto dell’ulteriore e progressivo deterioramento che ha subito la città in questi ultimi due anni. La situazione di partenza non era certamente idilliaca, ma Marino è stato persino capace di peggiorarla. Di questo dobbiamo rendergli merito, forse era difficile fare peggio di così. 

Troppo spesso i nostri politici, che si muovono in auto blu, ignorano le difficoltà che incontrano i cittadini costretti a recarsi ogni giorno al lavoro con mezzi pubblici fatiscenti, ad attendere bus per ore perché le corse sono state ridotte del 20 percento con il piano di “risanamento” dell’azienda Atac. Anche quelli che utilizzano l’auto devono affrontare quotidianamente una situazione snervante; in due anni e mezzo la giunta di Marino non è riuscita a proporre un piano parcheggi coerente in una città soffocata dal traffico e dalla sosta selvaggia. 

Marino aveva impostato la sua campagna elettorale prefigurando una città sostenibile, con parcheggi sotterranei e chilometri di piste ciclabili, ma le promesse sono rimaste tali. Ha inaugurato con grande risalto mediatico nel 2014 la pista ciclopedonale del Parco Lineare a Monte Mario, di appena 5km, senza pensare a preservare dal degrado quanto già realizzato, cosicché quella esistente sul Lungotevere va in malora per mancanza di manutenzione.

Molti si sorprendono del fatto che il 30 percento di quelli che hanno firmato la petizione non sono cittadini romani, ma dovrebbe sorprendere di più il restante 70 percento di romani che vogliono ancora Marino come sindaco della capitale d’Italia.

In due anni e mezzo il sindaco Marino ha dimostrato scarso interesse per i problemi della città. In compenso si è prodigato assiduamente per assicurare il benessere delle comunità rom. Quando emerse, grazie alle indagini del procuratore Pignatone (avviate nel 2012, cioè prima dell’insediamento di Marino) l’enorme giro d’affari che ruotava attorno all’accoglienza nei campi rom, furono in molti a chiedersi se l’impegno del sindaco verso le minoranze fosse dettato solo da altruismo e solidarietà.   

I suoi sostenitori, tuttavia, non hanno dubbi, secondo loro Marino sarebbe stato “scaricato” dal Pd perché troppo onesto. “Marino, gli onesti sono con te” si leggeva su alcuni cartelli esposti davanti al Municipio. Per molti di loro sarebbe addirittura vittima di un complotto da parte dei “poteri forti” e della mafia, che per colpa sua non sarebbe più riuscita ad ottenere lucrosi appalti da parte del Comune di Roma.

A questo punto sarebbe interessante chiedere come interpretano la frase di Buzzi (protagonista di Mafia capitale) quando in un’intercettazione del 17 novembre 2014 disse  “se resta sindaco Marino altri tre anni e mezzo, con il mio amico capogruppo ci mangiamo Roma”.  

Le spiegazioni sono solo due: o intendeva dire che il sindaco era colluso oppure che era un ingenuo, inconsapevole di ciò che accadeva nella sua giunta. In entrambi i casi — sia egli uno sprovveduto o un disonesto — non è certamente auspicabile che rimanga sindaco di Roma.

E’ tuttavia difficile credere all’estraneità di Marino ai fatti contestati. Lo stesso prefetto Gabrielli, nella sua relazione al ministro dell’Interno Alfano, scrive: “Pare di poter cogliere una differenza tra il modus operandi dell’organizzazione nel periodo della giunta Alemanno, durante il quale lo strumento principe era l’intimidazione mafiosa, e quello utilizzato successivamente all’insediamento della giunta Marino in cui la disponibilità di amministratori e dipendenti pubblici viene acquisita attraverso la corruzione agevolata in alcuni specifici casi dalla vicinanza di alcuni ambienti politici a Buzzi, in virtù del suo ruolo di rilievo nel mondo della cooperazione sociale”. 

E ancora: “I mancati controlli sugli affidamenti di appalto senza gara in un’amministrazione che di esse faceva ampio uso e abuso, ha costituito un fattore di oggettiva facilitazione delle pratiche illegali messe in atto dal sodalizio criminale capeggiato da Carminati”. 

Grave per Gabrielli è anche la scelta di sostanziale inattività mantenuta anche dopo la relazione di ispettori del ministero dell’Economia che nel gennaio 2014 avevano segnalato anomalie negli appalti. 

Marino aveva asserito di non conoscere Buzzi e di non aver mai parlato con lui, ma è stato sbugiardato da foto che li ritraevano insieme e da un video in cui lui stesso dichiara: “Il primo stipendio da sindaco di giugno 2013 lo investirò tutto in obbligazioni della Cooperativa 29 Giugno”. Effettivamente, doveva contraccambiare i bonifici effettuati dalla Cooperativa 29 Giugno di Buzzi per finanziare la sua campagna elettorale. Il 17 maggio 2013 sul conto corrente 000000001019 della Banca Popolare di Novara, agenzia Roma 8, transitarono dalla Cooperativa 29 Giugno 10.000 euro con operazione descritta nell’estratto conto come “BON. DA SOCIETA COOPERATIVA A R.L. 29 CONTRIBUTO ALLA CAMPAGNA ELETTORALE DI IGNAZIO”. Il 21 maggio sullo stesso conto transitò dalla Eriches 29, della galassia Buzzi, un bonifico di 20.000 euro con operazione descritta come “BON. DA ERICHES 29 CONSORZIO DI COOPER CONTRIBUTO ELETTORALE PER IGNAZIO MARINO”.

E come si può considerare “onesta” una persona che viene a conoscenza di illeciti ma li denuncia solo per ripicca? “Cacciarmi? Se lo fate farò tutti i nomi”, ha minacciato Marino. “Chi del Pd mi ha proposto Mirko Coratti e Luca Odevaine (due degli arrestati di Mafia capitale, ndr) come vicesindaco e come comandante dei vigili. Vi tiro giù tutti”, ha detto, asserendo di “avere anche gli sms di dirigenti nazionali del Pd”. Marino non sembra rendersi conto che l’obbligo giuridico di denunciare un reato vige per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio (art 357-358 cp.) nell’esercizio delle loro funzioni,anche  per i reati di cui vengono a conoscenza in ragione dell’esercizio che essi svolgono. L’omissione della denuncia configura un reato a carico del pubblico ufficiale. Essa è disciplinata dagli art 361-362 del codice penale italiano. Ora la Procura dovrebbe convocarlo e costringerlo a rivelare quei nomi e tutto ciò che sa. 

L’immagine di un Marino che, come Alice nel Paese delle Meraviglie, frequenta inconsapevolmente i protagonisti del malaffare è indubbiamente poco credibile, ma, anche se fosse reale, farebbe comunque di lui una figura inadeguata, evidentemente incapace di gestire una città come Roma. 

Marino non sembra ancora aver capito perché dovrebbe dimettersi, così come non lo hanno capito i suoi fans. Lui continua a fornire puerili giustificazioni per comportamenti altrettanto puerili, come fosse un bambino colto con le mani nella marmellata: le famose multe non pagate della Panda rossa per le quali aveva denunciato persino l’azione di un hacker, le firme sulle ricevute che asserisce essere false, le note spese gonfiate quando lavorava a Pittsburgh, il presunto invito del papa a Philadelfia smentito dallo stesso pontefice. 

Senza nulla voler togliere alla gravità di utilizzare denaro pubblico per scopi privati, la questione importante, tuttavia, non è stabilire se lui sia andato a cena con sua moglie o con l’ambasciatore vietnamita, né se fosse stato o meno invitato in America, ma il fatto che a due mesi dall’inizio del Giubileo il sindaco di Roma dovrebbe essere impegnato a organizzare e a gestire la città non ad andare in giro per il mondo. In un’intervista televisiva, alla critica della giornalista che si meravigliava che lui stesse in vacanza mentre si decideva sull’eventuale commissariamento di Roma, ha replicato “non sono un sindaco sceriffo che gira con le pistole per la città”. Invece è proprio quello che dovrebbe fare un bravo sindaco: andare in giro per la città, con — al posto delle pistole — un taccuino su cui annotare le criticità per cercare il modo di risolverle. 

Come si dice a Roma “le chiacchiere stanno a zero“, i cittadini che contestano Marino non sono mafiosi, non hanno ordito un complotto contro di lui, sono semplicemente stanchi ed esasperati, vorrebbero una città pulita, con strade ben asfaltate e con mezzi pubblici efficienti, come tutte le capitali europee. E’ forse pretendere troppo? Chiedono di vedere cosa ha fatto di concreto Marino, non sentire concetti vaghi e indimostrabili del tipo “si è messo contro la mafia”, “è troppo onesto” o “sono tutti contro di lui perché è un personaggio scomodo”.  

Questi concetti vengono ripetuti come un mantra dai suoi seguaci, i quali sono riusciti ad auto-convincersi che, in fondo, se sono tutti contro il sindaco ci deve essere un complotto, e se c’è un complotto ci deve essere una ragione. Ma nessuno sembra interrogarsi su chi sarebbero questi “tutti”. Perché è normale che i partiti di opposizione siano critici nei confronti del sindaco, è sempre accaduto e sempre accadrà, è una delle caratteristiche della democrazia. Quindi perché tanto stupore? 

La verità è che a lasciare sconcertati i sostenitori di Marino è stata la presa di posizione del Pd e di Renzi. Molti lo hanno considerato un tradimento ed hanno persino strappato la tessera del partito. Certo, è un atteggiamento nuovo per un movimento che di solito difende  i propri membri contro ogni evidenza pur di non darla vinta all’avversario politico. 

E’ questa “sconfitta” che brucia e che spinge molti a difendere l’indifendibile Marino. Alcuni lo hanno apertamente esplicitato nei social network: “non sopporto l’idea di vedere i fascisti esultare”, hanno scritto. Ma questa non è una partita di calcio, a perdere è l’intero paese perché Roma è la capitale d’Italia e tutti dovrebbero desiderare un sindaco che ne sia all’altezza. 

Al contrario, questo comportamento del Pd dovrebbe essere visto come un segno di maturità, il superamento di una faziosità che ha troppo spesso caratterizzato lo scenario politico italiano ostacolando la crescita del paese. Che il leader di un partito sappia riconoscerne gli errori, che sia capace di rimuovere i propri rappresentanti quando sono evidentemente inadatti a ricoprire il ruolo che è stato loro assegnato, è un comportamento normale nelle democrazie evolute. Chissà che non si avvicini il giorno in cui diventerà normale anche in Italia.





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