Nell’ultimo discorso come presidente dell’atea URSS Gorbaciov ringraziò Dio. Non riuscì a riformare lo Stato perché non aveva con sé il popolo. E lo sapeva
Un amico ex funzionario dell’ONU mi ha fatto avere il testo della dichiarazione che fece Mikhail Gorbaciov il 25 dicembre 1991 firmando al Almaty (Kazakistan) la fine ufficiale dell’Unione Sovietica. Ebbi la possibilità di seguire in diretta questa dichiarazione ma poi non ho più ritrovato il testo. Eccolo di seguito.
“Cari compatrioti, a causa della situazione creatasi nella Comunità degli Stati Indipendenti, cesso la mia attività di presidente dell’URSS e parlo a voi per l’ultima volta. Il destino ha deciso che, quando sono diventato il capo del Paese, le cose non andassero bene. Da noi c’è tutto: la terra, il petrolio, il gas e altre ricchezze naturali. Dio ci ha dato cervello e talento, ma viviamo peggio di altri Paesi sviluppati, sempre più lontani da loro, ma nutro speranza e fiducia in voi. Il motivo è chiaro: la società era soffocata dalla morsa di un sistema di comando burocratico, eravamo condannati a servire l’ideologia e a portare il terribile peso della corsa agli armamenti.
La società si è emancipata politicamente e spiritualmente, ha ottenuto libertà politiche e religiose, ma si è perso tempo perché il vecchio sistema è crollato prima che il nuovo potesse funzionare. Sono intervenuto fermamente per l’autonomia e l’indipendenza dei popoli, per la sovranità delle repubbliche, ma contemporaneamente, per l’unità dello Stato e del Paese.
Lascio il mio posto con preoccupazione, ma con la speranza e la fiducia in voi, nella vostra saggezza e forza d’animo. Siamo gli eredi di una grande civiltà e dipende da ognuno di noi la crescita di una nuova, moderna e rispettabile vita. Auguro a voi tutto il bene possibile!”.
E così concluse il discorso commosso. Ricordo che attraverso il patto storico Reagan-Gorbaciov la Russia avrebbe ritirato dall’Europa le truppe del Patto di Varsavia, com’è successo, in cambio di un arresto della NATO che Reagan accettò davanti a testimoni, ma che evidentemente non è accaduto.
Ricordo che durante una lezione di Gorbaciov all’istituto di diplomazia dove insegnavo ebbi la possibilità, grazie a un mio studente (per non espormi troppo) di domandargli come mai il suo progetto non avesse avuto successo, come invece era capitato a Lech Walesa. Gorbaciov rispose, con un sorriso tristemente ironico, che lui aveva un grande progetto di riforma (perestrojka), ma non aveva avuto con sé il popolo, mentre il polacco, che non aveva nessun particolare progetto politico, aveva goduto dell’appoggio della gente.
Mi pare che questa difficoltà di sviluppo di un popolo abituato alla dittatura si manifesti anche ora. Rimane comunque pregevole, nell’ultimo discorso dell’ultimo primo segretario dell’URSS, l’alto contenuto di una visione aperta al futuro, nonché il fatto che chiudendo la storia dell’Unione Sovietica l’ultimo suo capo riconoscesse l’importanza per il suo popolo di quel Dio che a lungo era stato negato o ignorato.
Mi sento di proporre il testo di questo discorso perché chiunque, al di là delle mie osservazioni, possa leggerlo e giudicarlo, traendo le conclusioni che ritiene opportuno alla luce della storia attuale.
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