SABOTAGGIO NORDSTREAM/ Nella spy story del Baltico i veri sospetti cadono su Biden

- Marco Zacchera

Le modalità con cui è stato compiuto il sabotaggio dei gasdotti NordStream e gli interessi in gioco portano sul banco degli indiziati più Biden che Putin

russia putin biden Il presidente Usa Joe Biden (LaPresse)

Sarebbe un magnifico soggetto per un film di spionaggio (che, vedrete, prima o poi arriverà): chi ha sabotato il gasdotto NordStream 1 nel Mar Baltico?

Si accavallano ipotesi e accuse, ma mentre nel mondo, e soprattutto in Nord Europa, la questione è in prima pagina, da noi va in onda verso la fine dei Tg, quasi fosse una notizia marginale.

Cominciamo con il dire che sono escluse ragioni accidentali, sismologiche o guasti agli impianti: ci sono state almeno quattro esplosioni subacquee che gli esperti (stando alla stampa internazionale) valutano causate da esplosivi pari a circa 500 chili di tritolo. Un vero e proprio attentato deliberato (anzi, più attentati) per mettere fuori uso il gasdotto che in tempi normali pompava gas dalla Russia verso l’Europa “bypassando” l’Ucraina.

Parliamoci chiaro: nessuna piccola nazione o di livello “intermedio” ha le capacità tecnologiche e militari o l’interesse a un sabotaggio come questo e alla fine le ipotesi si riducono a due soggetti (o loro stretti alleati) che possano aver messo in atto il piano: Russia o Usa.

La Nato accusa la Russia senza però fornire prove, parlando di un attentato (a mezzo di robot russi) per accrescere l’instabilità dei prezzi e nella regione. La Russia ribatte di non saperne nulla e che – avendo pagato lei la costruzione del gasdotto – distruggendolo si tirerebbe la zappa sui piedi. Oltretutto – e su questo i russi hanno gioco facile – il gasdotto attualmente è fermo per presunta manutenzione (l’Occidente accusa Mosca di una chiusura voluta per ricattare l’Europa) e avendo Mosca in mano le chiavi di ingresso per pompare il gas, se vuole fermarne il flusso basta che chiuda le turbine (come ora) senza distruggerlo.

Per trovare il colpevole il commissario Montalbano o Maigret comincerebbe a questo punto a valutare chi può avere un vantaggio a sabotare l’impianto, senza per ora avere prove, ma almeno valutando gli indiziati.

L’“indiziato” Biden, idealmente chiamato a deporre, ha come indizio a carico il precedente di non aver già voluto che partisse il Nord Stream 2 (gemello dell’1), costringendo la Germania a rinunciare all’impianto che era quasi pronto per l’inaugurazione. Una sua dichiarazione a inizio anno risulta sospetta, ma il testimone dichiara: “Interpretano male le mie parole, volutamente ci stanno ricamando sopra, sono innocente”.  Intanto, però, l’impianto numero 2 – complice la guerra – effettivamente è fermo.

Un altro “indiziato” potrebbero essere i colossi produttori o commerciali di gas, che impedirebbero così comunque – almeno per un certo periodo – l’afflusso di gas all’Europa, speculando sul prezzo e rendendola più debole e divisa, alle prese con una grave crisi energetica. Ipotesi interessante: “armare” qualcuno per portare a termine l’operazione “militare” e lucrare sui prezzi.

Effettivamente alla Borsa di Amsterdam il prezzo del gas è schizzato all’insù e chi lo ha già in casa come produttore oppure lo ha stoccato ha visto crescere il suo valore. Un sabotaggio per procura? Ma chi potrebbe davvero realizzarlo e come mai la Nato, che presidia tutta l’area, non si è accorta (ufficialmente) di nulla? Eppure per realizzare gli attentati servirebbero sottomarini o unità navali, difficile possano muoversi in incognito in un mare poco profondo come il Baltico, dove chi entra e chi esce viene attentamente controllato da Svezia e Danimarca, preoccupatissime anche per i conseguenti guasti ambientali.

Avanti con l’inchiesta: chi ha interesse a sabotare l’economia europea e a far crescere la tensione, proprio in concomitanza con i referendum (scopertamente farlocchi) tenuti nel Donbass, che però potrebbero giustificare ora uno stop alla guerra da parte di Putin “per risultato raggiunto”?

Immaginiamo che Putin sostenesse: “Sono sazio, offro un armistizio, chiedo che a livello internazionale si controlli con un nuovo referendum – “garantito” a livello internazionale – cosa vogliono effettivamente le popolazioni locali e mi adeguerò al risultato. Intanto, come gesto di buona volontà, riprendo comunque le forniture di gas e sollevo l’Europa alla vigilia dell’inverno…”. Prima un discorso così avrebbe potuto farlo, adesso il gas – salvo che passando (e poco) dall’Ucraina con i vecchi gasdotti e in attesa di quelli a sud, nella zona del Mar Nero – in Europa non arriverebbe più.

C’è allora qualcuno che ha interesse a continuare la guerra? Purtroppo sì, nel senso che trattandosi di invasione è ben sostenibile il concetto che prima di una pace vanno almeno riconquistati i territori invasi (che a Mosca ora hanno annesso) e adeguatamente punito l’aggressore. Nell’attesa l’Ucraina è rifornita di armi (1,1 miliardi di dollari concessi dagli Usa solo questa settimana) e la guerra continua.

Gira e rigira, il maggior indiziato per gli attentati nel Baltico è così chi guadagna nel continuare una guerra e – salvo prova contraria – a mettere in difficoltà l’economia europea, oltre che a seminare zizzania interna alla Ue, viste le sempre più difficili condizioni economiche degli stessi europei e la crisi industriale e produttiva che l’accompagna. Gira e rigira, si ritorna dalle parti di Washington.

Serve un supplemento di indagine, ma intanto l’indiziato Biden (o, meglio, chi lavora per lui) resti a disposizione delle autorità inquirenti e non si allontani dal proprio domicilio, perché se mai gli indizi diventassero prove, sarebbe un pasticcio di livello mondiale.

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