In Giappone è stato creato con successo il primo sangue artificiale: è universale e si può conservare fino a un massimo di 5 anni
Per la prima volta dopo anni di inefficaci test di laboratorio, in Giappone è stato creato e testato con successo per la prima volta il cosiddetto “sangue artificiale” che potrebbe rivoluzione – con le giuste e doverose accortezze, anche dal punto di vista etico – la medicina, superando (potenzialmente) uno dei più grossi problemi per la sanità mondiale, ovvero la carenza strutturale di sangue umano ricavato dalle donazioni dei volontari.
Il test giapponese sul sangue artificiale è stato condotto da un team dell’università di Nara capitanato dal dottor Hiromi Sakai che ha iniziato lo sviluppo del suo rivoluzionario composto già nel 2022: di fatto si tratterebbe di un liquido in grado di replicare le due principali funzioni del sangue – ovvero il trasporto di ossigeno a tessuti e organi e la coagulazione – ricavato a partire dalle cosiddette “vescicole di emoglobina“.
Iniettato per la prima volta in una lunga serie di test clinici a partire già dal 2022, fino a questo momento il sangue artificiale giapponese sembra essere completamente sicuro, senza alcun tipo di controindicazione; mentre tra i numerosi pregi e successi del composto c’è anche la emivita che può estendersi fino a cinque anni nel caso in cui sia conservato in frigo, partendo – però – da un minimo di 2 anni se mantenuto a temperatura ambiente, rispetto ai 42 giorni massimo del sangue umano donato.
Cos’è, come funziona e a cosa serve il sangue artificiale creato in Giappone: è universale e potrebbe aiutare nelle zone di guerra
Attualmente il sangue artificiale giapponese è ancora nella fase di test, ma l’obbiettivo – nel caso in cui i successi iniziali fossero confermati – è quello di renderlo disponibile già a partire dal 2030, il tutto con l’ulteriore pregio di essere “universale“: come sarà noto ai più, infatti, il sangue per essere trasfuso in un paziente deve rispettare il sistema di classificazione A, B o 0 e deve essere di un determinato fattore RH per evitare il rigetto; mentre il sangue artificiale funziona senza limiti su qualsiasi tipologia di paziente.

Insomma, grazie al sangue artificiale prodotto in Giappone si potrebbe limitare la carenza di sangue per le donazioni che riguarda ormai qualsiasi paese al mondo; mentre la contempo si potrebbe anche facilmente distribuire in contesti svantaggiati – pensiamo, per esempio, a uno scenario di guerra, oppure a paesi in via di sviluppo con scarso accesso all’energia elettrica -, ma per ora resta solamente una promessa futura e i prossimi test sulla sicurezza si terranno solamente nel corso dei prossimi mesi.
