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Home » Sanità, salute e benessere » SANITÀ USA/ La nostra salute in vendita: il metodo Big Pharma nel mirino di Kennedy

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SANITÀ USA/ La nostra salute in vendita: il metodo Big Pharma nel mirino di Kennedy

Alberto Contri
Pubblicato 5 Settembre 2025
Il segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy (Ansa)

Il segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy (Ansa)

Minacce di morte a Kennedy: chiede trasparenza sui vaccini alle aziende, spesso guidate dal profitto nonostante i proclami sulla ricerca per la salute

Uno tsunami sta per travolgere la sanità americana, con evidenti conseguenze su quella internazionale. I media statunitensi parlano apertamente di “bombshell” (notizia bomba) e addirittura di minacce di morte ricevute da Robert J. Kennedy, Segretario generale della Salute.

Che cosa ha deciso il senatore, vigorosamente supportato dal presidente Trump?


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1) Chiedere trasparenza alle case farmaceutiche sui risultati effettivi dei cosiddetti vaccini anti-Covid in termini di efficacia e di effetti avversi. Se è vero che negli USA c’è una ripresa di casi di Covid, significa che nonostante diverse dosi i vaccini non hanno funzionato.

2) Realizzare studi indipendenti in grado di chiarire il motivo per il quale i casi di autismo sono passati in meno di tre decadi da 1 su 10.000 a 1 su 19.


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3) Pretendere che gli studi per l’approvazione dei vaccini comprendano anche il confronto in doppio cieco (somministrazione di principio attivo vs. placebo) e le analisi di carcinogenicità e genotossicità.

Nel frattempo, Kennedy ha messo fuori legge il thimerosal, un eccipiente pericoloso molto usato nei vaccini fino a qualche tempo fa. È solo un primo passo, anche perché le aziende farmaceutiche hanno fatto sapere di non usarlo più da un po’ di anni… ma per moltissimo tempo in realtà lo hanno usato. Stanno inoltre promuovendo – con l’appoggio dei media filo-dem – una campagna di delegittimazione di Robert Kennedy che sarebbe reo di aver smantellato la sanità, solo per aver licenziato dal CDC (Centers for Desease Control and Prevention) dei dirigenti ligi a Fauci e Biden.


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All’unisono, tutte le società di medicina e le associazioni di medici pediatri si sono precipitate a difendere i vaccini da qualsiasi dubbio, e a prescindere. Il che non depone affatto a favore della “scienza”, visto che sono tutte abbondantemente finanziate e sponsorizzate dalle più diverse case farmaceutiche.

Quello del conflitto di interessi tra mondo medico-scientifico e imprese del comparto farmaceutico è quindi il tema all’ordine del giorno.

Per capirci qualcosa, occorre riavvolgere il nastro fin dall’inizio. In sintesi, si può affermare che i fondatori delle più famose aziende farmaceutiche erano sostanzialmente dei ricercatori, che hanno cercato per quanto possibile di mantenere in equilibrio il rapporto tra ricerca e business.

Ma ad un certo punto, al posto delle famiglie dei dr. Roche e del dr. Abbott (solo per citarne un paio tra i più noti) nei consigli di amministrazione sono subentrati i fondi di investimento che, a dispetto dei proclami pubblicitari tipo: “Noi lavoriamo per la vostra salute”, “Investiamo in ricerca per il benessere dell’uomo” eccetera, si sono dimostrati e si dimostrano innanzitutto impegnati nel perseguimento di profitti più alti possibile.

Il che ha significato riduzione dei costi, abbreviazione dei tempi di ricerca, e – fatto oggi sempre più evidente – una vera e propria occupazione delle istituzioni sanitarie nazionali e mondiali. La riprova la si è vista nelle cosiddette “porte girevoli”: dirigenti di istituzioni regolatorie assunti con alti stipendi nelle imprese dopo aver concesso rapidamente autorizzazioni a farmaci di loro interesse.

Grandi investimenti sono poi stati destinati alla costruzione di una lobby potentissima in grado di influenzare parlamenti e governi, e di sostenere tramite la pubblicità le più prestigiose riviste scientifiche, fino ad arrivare direttamente ai medici, con viaggi vacanza mascherati da convegni scientifici.

Un caso clamoroso è costituito dall’Italia: nelle brochure di presentazione delle multinazionali americane, negli anni settanta-ottanta il mercato italiano risultava sempre il più remunerativo del mondo per i loro farmaci. Come mai?

È successo che sotto l’impero del tristemente noto Duilio Poggiolini, già direttore del Servizio farmaceutico nazionale e poi presidente della Commissione per i prodotti farmaceutici della CEE, nonché rappresentante dell’Italia presso l’OMS, era stato creato un sistema che permetteva di incassare tangenti e regalie a fronte dell’approvazione di farmaci o di aumenti di prezzo.

Così si trovò un sistema assai originale per consentire alle imprese farmaceutiche estere di introdurre le loro specialità in Italia con un alto prezzo: se volevano entrare nel mercato italiano, dovevano concedere la licenza anche a due imprese italiche. Cosicché, da allora i medici si sono visti proporre dagli informatori medico/scientifici di tre aziende diverse (volgarmente chiamati propagandisti), tre specialità medicinali identiche, ma dal nome commerciale differente. Risultato: per oltre vent’anni, la spesa per farmaci a carico del SSN ha raggiunto la non indifferente somma di 13mila miliardi del vecchio conio… l’anno.

Un tale sistema favorì inevitabilmente anche la nascita di una prassi definita comparaggio: ovviamente in difficoltà nel vantare prestazioni migliori rispetto ad un farmaco concorrente in realtà identico, si premiavano i medici forti prescrittori con somme in denaro, poi con attrezzature per lo studio in comodato gratuito, per non parlare della favolosa stagione dei convegni scientifici ad Acapulco, Marrakech, Cancun eccetera: una mattinata di convegno seguita da alcuni giorni di vacanza. Prassi messa fuori legge un po’ di anni fa.

Ma chi era la star del convegno (si fanno ancora oggi, senza vacanze ma con spese pagate e lauti pranzi e cene di gala)? Il cattedratico disposto a fare consulenze all’azienda, spesso fornendo anche “i letti” con i pazienti per le sperimentazioni.

Vaccini Covid
Iniezione di vaccino anti-Covid nell’hub vaccinale di Acea a Roma, 26 novembre 2021 (Ansa)

Ne è conseguito che negli anni il rapporto tra industria farmaceutica, mondo scientifico e classe medica si è fatto sempre più stretto e interconnesso. I lavori scientifici importanti costano parecchio, e quindi solo l’industria se li può permettere. Ma le sperimentazioni non si fanno senza i primari con i loro pazienti.

Come già sottolineato, anche le più serie riviste scientifiche sono particolarmente sensibili ai desiderata delle aziende investitrici, fino a mettere in atto anche comportamenti di assai dubbia moralità. Famoso il caso dell’Ivermectina, l’antiparassitario a basso costo impiegato con successo nella terapia precoce del Covid e di cui si stanno scoprendo anche promettenti doti antitumorali.

Nel 2021 Lancet pubblicò un articolo che la stroncava, e tale recensione negativa fu riportata dai media di tutto il mondo. Ad un certo punto l’articolo venne ritirato – ma in gran silenzio – perché basato su dati falsi. Però, sui media di tutto il mondo l’onda lunga della delegittimazione si diffonde ancora oggi. Perché? Secondo diversi analisti perché l’Ivermectina costa troppo poco.

Con il passare degli anni, inoltre, i brevetti dei farmaci più noti e remunerativi hanno cominciato a scadere, e così è nata la categoria dei farmaci generici od equivalenti, venduti ad un prezzo molto più basso della molecola originale di marca. Una gran botta per l’intero sistema.

Secondo gli stessi analisti, ritenuti ipso facto complottisti, la vaccinazione di massa realizzata con terapie sperimentali approvate in gran fretta con la scusa dell’emergenza pandemica sarebbe stato il test di partenza della produzione dei vaccini mRNA messaggero e poi autoreplicanti.

In effetti sembrerebbero la nuova gallina dalle uova d’oro, in quanto l’industria farmaceutica pare intenzionata a mettere sul mercato una quantità di terapie vaccinali per altrettante diverse patologie. Mentre gli scienziati critici sostengono che questo tipo di farmaci rischia di modificare il DNA umano trasmettendone gli effetti alle generazioni successive.

Senza parlare dell’assenza di studi a lungo termine di carcinogenicità e, appunto, di genotossicità. E proprio in un periodo in cui, dopo la vaccinazione di massa, stanno aumentando in maniera esponenziale i turbo-cancri, le morti improvvise tra giovani e giovanissimi, i nati morti e le malformazioni fetali, e molte patologie mai viste (o raramente) viste prima.

E così si torna al punto di partenza: le aziende farmaceutiche lavorano per la salute o per il profitto?

Il tentativo di Robert Kennedy è di riportare in equilibrio un sistema che difenda la salute degli americani salvaguardando il giusto profitto, con un particolare riguardo per la responsabilità sociale delle aziende farmaceutiche, chiedendo loro molta più trasparenza di prima.

Si merita per questo di vivere sotto minaccia di morte?

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