Francia: Macron attivissimo sull'Ucraina ma senza costrutto. Il governo Bayrou rischia la sfiducia e secondo i sondaggi Bardella vincerebbe le presidenziali
Emmanuel Macron è iperattivo in politica estera e fa sentire la sua voce sull’Ucraina e sul Medio Oriente. Nel frattempo, la crisi politica francese sembra diventata di sistema e il governo Bayrou rischia sempre di venire sfiduciato.
E mentre Attal è il nuovo leader della Macronie, l’astro nascente per contrastare il Rassemblement National nella corsa all’Eliseo sembra essere il sindaco di Le Havre, Philippe. Se RN, però – spiega Francesco De Remigis, giornalista già corrispondente da Parigi – presentasse Bardella come candidato e non la Le Pen, potrebbe raccogliere i voti necessari per eleggerlo.
Macron offre la possibilità di dislocare le armi nucleari francesi in altri Paesi. Dove vuole portare la Francia e che intenzioni ha, in particolare, con la coalizione dei volenterosi?
Dagli elementi che abbiamo, sappiamo che le interlocuzioni sul nucleare hanno due sole certezze. La prima è che non sarà di certo Parigi a finanziare questo eventuale processo di condivisione, e che, anzi, la Francia dovrebbe ricevere denaro dai partner dell’Ue che decideranno di aderire a una prospettiva per nulla concretizzata; la seconda è che la decisione su di un eventuale ricorso ad armi atomiche francesi sarà sempre e comunque nelle mani del presidente della Repubblica francese.
Aprendo all’ipotesi di condivisione dell’arsenale, Macron prova a spostare la Francia più al centro dell’Europa anche come “presenza” fisica. Si parla di bombe dislocate in Polonia. E sta lavorando per porre Parigi al centro del processo di riarmo europeo.
Qual è la sua strategia?
Partendo da un’instabilità politica interna, l’Eliseo spinge per andare verso acquisti Made in Europe e sempre meno Made in Usa, come accade invece in larga parte oggi. Farlo significherebbe avvantaggiare l’industria francese, dunque dare manforte anche all’economia dell’Esagono. Ed è qui che entrano in gioco i “Volenterosi”.
Legittimamente, il presidente francese ha stretto un’intesa con Londra, ormai fuori dall’Ue, e con il premier Starmer, per dare una cornice di sicurezza all’Ucraina una volta raggiunto un accordo di pace. Ma il progetto si è via via disunito, perché la Francia ha fatto intendere che sarebbe stata pronta a inviare truppe anche senza il sì di tutti i partecipanti, dando alla coalizione una valenza prettamente militare.
Macron parla di truppe di “rassicurazione”. Ma se i russi attaccheranno anche in caso di cessate il fuoco controllato, i “Volenterosi” dovranno combattere?
C’è il cessate il fuoco, precario per definizione – ha spiegato il presidente francese – e poi la pace. Quello che è stato proposto finora è un cessate il fuoco supervisionato dagli Stati Uniti con satelliti cattura-immagini per dire se e quando sarà violato, e attribuire così le responsabilità. Gli europei, secondo Macron, non saranno sulla linea del fronte, e a suo dire questo sarebbe sufficiente per scongiurare una terza guerra mondiale. Ma ha anche detto che, se ci sarà un mandato dell’Onu, si discuterà un eventuale riposizionamento.
Se la Russia violasse un cessate il fuoco ancora da definire, la prima reazione sarebbe degli ucraini?
Sulla carta delle intenzioni francesi, sì. Per questo Macron ha annunciato che Parigi continuerà a investire, formare, equipaggiare l’Ucraina, spiegando che in Ucraina si gioca oggi la sicurezza europea.
Ma è stato il suo ministro della Difesa a svelare che ci sono già tre aziende francesi pronte a installarsi in Ucraina per produrre armamenti e, dunque, qualcuno tra i partner ha subodorato l’ipotesi che, nei fatti, la presenza militare “europea” dei Volenterosi sarebbe servita a rifornire più rapidamente di armi l’esercito ucraino, oltre a dare un supporto logistico, ma soprattutto a presidiare la nascitura industria bellica francese in Ucraina.
Quella tedesca è già presente. E senza che ci sia stata prima un’intesa diplomatica con Mosca, con la Federazione Russa che, dal suo punto di vista, considera già i siti tedeschi di produzione di armi come legittimi obiettivi militari.
A Gaza, in Siria e in Libano, Macron sta giocando le sue carte. La Francia agisce autonomamente rispetto alla UE anche nella crisi mediorientale?
Il presidente che, dai primi giorni di mandato, si è presentato come “padrone degli orologi”, in grado di dare lui il tempo agli altri – in Europa come nelle aree di crisi dove in passato la Francia ha avuto un ruolo di primo piano – ha inanellato una serie di inceppamenti che il suo iperattivismo non riesce a risolvere.
Anche alcuni giornalisti d’Oltralpe hanno iniziato a far presente che è fuori sincrono. Étienne Gernelle, il direttore del settimanale Le Point, che nei primi anni di “Macronie” non è stato certamente ostile all’attivismo dell’enfant prodige, sette mesi fa spiegava che Macron era diventato il maestro degli orologi guasti. Dalla sua dichiarazione sullo stop alle forniture di armi a Israele a pochi giorni dall’anniversario del 7 Ottobre e nel momento in cui Israele stava subendo attacchi massicci da parte di Hezbollah e dell’Iran, è stato un crescendo.
E se quelle prese di posizione sul conflitto in Medio oriente gli erano già valse fischi durante la cerimonia del CRIF, il Consiglio delle istituzioni ebraiche di Francia, in omaggio alle vittime del 7 Ottobre, ha continuato a dare prova di aver perso, forse, il senso del ritmo.
Sul fronte interno, il governo Bayrou come sta procedendo? Ha margini di manovra, idee e voti sufficienti per incidere sulla situazione francese?
Sorvolando sulla crisi politica francese, forse diventata già anche di sistema durante il secondo mandato di Macron, da giorni il premier Bayrou è inseguito da un affaire che affonda le radici negli anni Novanta. E ciò indebolisce ulteriormente un esecutivo che deve convivere con due opposizioni che, se unite su una mozione di sfiducia che abbia un tema comune, potrebbero sfiduciarlo, come accaduto a Barnier nell’autunno scorso.
Sta scadendo l’anno entro il quale non si poteva sciogliere l’Assemblea nazionale: è possibile che si torni ancora a votare? Il governo ha ancora margini per agire o è già al capolinea?
Margini ne ha. Bisogna capire che tipo di concessioni andrà a fare il premier a Marine Le Pen sul sistema elettorale. Il proporzionale è un’opzione, su cui tanto Bayrou quanto i lepenisti sono piuttosto vicini. Ma i macroniani nicchiano, perché se si andasse a votare con questo sistema rischierebbero quasi di scomparire.
Ci sono nuovi nomi protagonisti della scena politica, con i partiti che si stanno già preparando a un possibile voto? Ci sono segnali di nuove alleanze?
La cosiddetta “Macronie” è oggi guidata dall’ex premier Gabriel Attal, l’ultimo della famiglia centrista del presidente con cui Macron, l’estate scorsa, scelse di andare a votare. È lui che ha preso in mano il partito, anche marcando differenze rispetto all’inquilino dell’Eliseo. Ma non ha grandi chances.
Piuttosto, ciò che resta in piedi del progetto centrista, allargato a seconda delle fasi politiche, potrebbe essere ricomposto dal primo premier di Macron, Edouard Philippe, oggi sindaco di Le Havre e candidato per le presidenziali del 2027. Neogollista, già macroniano, forse pentito, comunque in grado di attirare consensi moderati, anche oltre il centro che rappresenta il suo movimento Horizons.
Resta da vedere chi sarà il candidato della destra neogollista tra Laurent Wauquiez, attuale leader, e il ministro dell’Interno Retailleau, più combattivo e più conservatore, le cui quotazioni salgono. Potrebbe prendere voti anche tra elettori pronti, allo stato attuale, a votare Le Pen.
Il Rassemblement National come ha reagito alla sentenza contro Marine Le Pen? È cambiato qualcosa nel partito come leadership e contenuti?
Si è compattato ancora di più attorno a Marine Le Pen. Anche se, nei sondaggi, si sonda la potenziale candidatura di Jordan Bardella, che presiede il partito. Lui è stato tra i primi a dare manforte a Marine e a dire che la candidata resta lei, nonostante la condanna. Ma i giochi sono aperti, a destra. E Bardella continua a essere “sondato”. Secondo l’Ifop, se al secondo turno si sfidassero lui e Mélenchon, vincerebbe il lepenista 67 a 33. Idem contro Retailleau, lasciato al 47, Attal al 48, Philippe al 50. Mentre se corresse Le Pen, secondo l’Ifop, vincerebbe Philippe. Ma sono intenzioni di voto e con un periodo che non mancherà di offrire sorprese.
(Paolo Rossetti)
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