Smotrich parla della Riviera di Gaza come affare immobiliare per coprire i costi di guerra. Ma i rischi per Israele ora vengono da Turchia e guerra civile

La Riviera di Gaza, che secondo Smotrich sarà un Eldorado immobiliare, non servirà semplicemente a dare un futuro alla Striscia, senza i palestinesi. Sarà una parte del Grande Israele che Netanyahu vuole realizzare prendendosi i territori palestinesi e sconfinando in Siria (nel sud e magari fino a Damasco) e in Libano, ma anche un modo per ripagare economicamente il Paese delle spese sostenute per la guerra.



Nel futuro degli israeliani, però, osserva Lucio Caracciolo, direttore di Limes, ci sarà una maggiore difficoltà a controllare confini più estesi e anche un possibile scontro non più con l’Iran, ma con la Turchia di Erdogan, con la quale gli israeliani hanno interessi divergenti in Siria. Non solo: nel dopoguerra, in un Israele diviso in cui prende sempre più piede la cultura ultra-religiosa, si potrebbe concretizzare il rischio di una guerra civile.



Bezalel Smotrich sostiene che il progetto della Riviera per Gaza è serio e sarà una sorta di Eldorado immobiliare. Cosa hanno in mente davvero gli israeliani per il futuro di Gaza?

Quello che ha detto Smotrich: l’idea è di evacuare tutti i palestinesi sopravvissuti da Gaza e di iniziare i lavori di una grande riviera, un progetto che è contemporaneamente geopolitico e immobiliare. Geopolitico perché è una parte del capitolo “Grande Israele”, cioè dell’allargamento dello Stato di Israele, che a questo punto dovrebbe controllare direttamente Gaza, Cisgiordania (annessa anche formalmente, almeno in gran parte), parte della Siria meridionale, dove gli israeliani stanno avanzando, e parte del Libano Meridionale. In futuro c’è chi, come Smotrich, pensa anche di prendersi Damasco.



I media israeliani riprendono l’ipotesi di un piano a cui starebbe lavorando l’ex premier britannico laburista Tony Blair raccordandosi con gli americani. È possibile?

Francamente non è molto credibile, anche perché Blair, comunque, appartiene alla cordata Riviera, quantomeno è parte interessata nella vicenda. Non viene preso sul serio credo da nessuno.

La sua proposta comprenderebbe l’istituzione di un’Autorità internazionale di transizione: in realtà la transizione che ha in mente porta dritto alla Riviera di Trump?

Certamente. Tutto avverrebbe, comunque, sotto lo stretto controllo di Israele: ci potrebbe essere, per una fase, una partecipazione internazionale anche americana, ma come subappalto di un’idea, di un progetto israeliano.

Il progetto di Israele è di annettere tutti i territori che può; lo porterà veramente a realizzare quell’obiettivo di sicurezza di cui parla sempre Netanyahu?

Direi che sicuramente realizzerà il contrario, perché più sono estesi i confini e meno sono controllabili. E in secondo luogo perché la perdita di reputazione che Israele sta subendo per sua stessa colpa in questa guerra riduce di molto la sua capacità di avere aiuti di ogni genere in caso di conflitto. Molto dipenderà, ovviamente, dall’atteggiamento dell’America. Rispetto al passato, sotto questo profilo, ci sono dubbi e incertezze.

Gli USA potrebbero non appoggiare più Israele come prima?

Non parlo di Trump, ma dell’America in una prospettiva anche di medio periodo. Mentre prima più o meno c’era una identificazione fra Israele e Stati Uniti, e viceversa, adesso non mi pare che sia così.

I nemici di Israele come Hamas, Hezbollah, l’Iran si sono indeboliti. Continueranno a essere un pericolo per Israele? Come sarà il Medio Oriente che esce da questa guerra?

Bombardamento aereo israeliano nel settore ovest di Gaza City (Ansa)

Credo che il problema di Netanyahu in futuro sarà sempre meno l’Iran e sempre più la Turchia. Prima di tutto perché Israele e Turchia confinano in Siria, nel senso che i turchi hanno messo dei loro uomini (poi vedremo se affidabili) a Damasco, mentre Israele sta avanzando dal Golan verso la capitale siriana. Inoltre Erdogan ritiene Netanyahu una specie di Hitler (più o meno anche viceversa) ma è considerato da Tel Aviv un esponente, se non il capo, dei Fratelli musulmani, e quindi sostanzialmente pro-Hamas e anti-israeliano.

Israele può sostenere ancora a lungo una guerra economicamente e umanamente così dispendiosa come quella che sta conducendo? Può reggere un conflitto senza fine come quello che sembra avere in mente Netanyahu evocando il modello Sparta?

Mi chiedo cosa c’entri Sparta: siamo nell’ambito della propaganda, almeno spero. E comunque il signor Smotrich, che fra l’altro è il ministro delle Finanze, ha fatto capire che il prezzo della guerra è alto, ma sarà ripagato alla grande con la Riviera di Gaza e qualcos’altro.

Nei giorni dell’inizio dell’anno scolastico i numeri rivelano che gli studenti delle scuole religiose sono per la prima volta superiori a quelli “laici”. È un segnale di come sta cambiando Israele?

È un segnale importante, perché, a parte il numero, ci sono incentivi governativi sempre più forti per le scuole religiose, con un’ovvia perdita di risorse e di importanza della scuola pubblica. In Israele ci sono gruppi religiosi, tribali, gli haredim, gli arabi: è un mosaico di tribù sempre più divise fra loro, a cominciare dalla formazione scolastica.

Questo vuol dire che Smotrich e Ben-Gvir avranno un bacino elettorale sempre più ampio?

Questo lo vedremo. Certamente da un punto di vista culturale la parte religiosa di Israele, ultra-religiosa direi, avanza.

Secondo alcuni analisti la guerra nasconde in qualche modo le divisioni interne a Israele, che dopo il conflitto potrebbe tornare a dividersi e implodere. È possibile?

Forse è un’impressione eccessiva, ma certamente siamo di fronte al rischio di una guerra civile.

L’Unione Europea minaccia sanzioni contro Tel Aviv. C’è qualcuno che può fermare Israele?

Non l’Unione Europea. Potrebbe farlo l’America se smettesse di appoggiare Israele e di rifornirlo di armi e di munizioni: la guerra durerebbe forse qualche mese, non di più.

(Paolo Rossetti)

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