La tregua è a rischio: ieri Netanyahu ha fatto chiudere i valichi e autorizzato l’IDF a colpire nuovamente Hamas. Si realizza il monito di Trump?
Segnali in ordine sparso. L’Iran ha annunciato di non essere più vincolato da restrizioni sul suo programma nucleare, dopo la scadenza del suo accordo del 2015 con le potenze mondiali.
Hamas dichiara che intende mantenere il controllo a Gaza per un periodo imprecisato e non potrebbe impegnarsi a disarmare, per “motivi di sicurezza”.
L’Egitto sostiene che il valico di Rafah riaprirà oggi, ma Netanyahu ha detto che ne ha ordinato la chiusura “fino a nuovo avviso”.
Rightsreporter rivela che droni che trasportano armi e altri beni di contrabbando stanno sorvolando il confine egiziano e penetrando fino al cuore di Israele. La Knesset, il parlamento israeliano, si è riunito il 15 ottobre per una “discussione urgente” sul nuovo pericolo.
“La portata di questa minaccia – sostiene RR – sottolinea la vulnerabilità del confine meridionale di Israele e i limiti della volontà o della capacità del Cairo di frenare le reti di traffico di armi e droga che operano nel Sinai. Sebbene Israele abbia investito in recinzioni e sorveglianza, i droni rappresentano una nuova sfida”.
Tra il 16 luglio e il 25 agosto, la Brigata Paran delle Forze di difesa israeliane (IDF), l’unità di difesa responsabile del confine tra Israele ed Egitto, ha registrato 384 incidenti di violazione da parte di droni, con centinaia di avvistamenti aggiuntivi.
Fin troppo semplice insomma dedurre che il Medio oriente è come sempre una polveriera. Israele continuerà a bloccare la libertà di movimento palestinese tra la Cisgiordania, Israele e Gaza e a limitare l’ingresso dei palestinesi dall’estero e degli attivisti internazionali nella Striscia. La pace sembra insomma ancora lontana.
Nei quattro giorni successivi al rilascio degli ostaggi israeliani da Gaza, il presidente Donald Trump ha più volte insinuato che la guerra tra Israele e Hamas potrebbe essere rinnovata e che Israele potrebbe rimandare immediatamente le sue forze a Gaza “se lo dicessi io”. E ha aggiunto che “se Hamas continua a uccidere persone a Gaza, non avremo altra scelta che entrare ed eliminarla”.
Al di là della consueta esplosione dell’ego trumpiano, non sembrano minacce a vuoto. A maggior ragione dopo che Netanyahu ieri ha dato ordine di chiudere tutti i valichi e colpire Hamas a Gaza. Dunque la guerra potrebbe ricominciare
“Hamas ha firmato l’accordo di Trump – commenta l’analista Amir Tibon – scommettendo che una volta che tutti gli ostaggi israeliani viventi saranno tornati da Gaza, Israele perderà la sua argomentazione finale per continuare la guerra e rischierà un drammatico isolamento internazionale con nuovi attacchi a Gaza”.
E il fatto che 19 cadaveri di israeliani e stranieri che sono stati uccisi e presi il 7 Ottobre siano ancora nelle mani di Hamas è visto al di fuori di Israele come un problema da risolvere attraverso la diplomazia, non come un motivo per tornare in guerra.
“Riavviare la guerra e rischiare la vita dei soldati per il ritorno di quei corpi – continua Tibon – sarebbe anche una vendita difficile in Israele, dove questa settimana si è sentito un enorme senso di sollievo. Decine di migliaia di riservisti sono stati mandati a casa, i genitori di giovani soldati stanno respirando più facilmente sapendo che i loro figli non sono a rischio di morire tra le macerie di Gaza, e le comunità lungo il confine di Gaza possono finalmente concentrarsi sulla loro ripresa dal 7 Ottobre senza i suoni quotidiani di esplosioni e spari”.
“Ciò non significa – commenta ancora Tibon – che gli israeliani non siano pienamente impegnati nel ritorno di tutti gli ostaggi morti per una sepoltura adeguata in Israele e non sosterranno misure che applichino più pressione su Hamas per raggiungere tale obiettivo. Il governo Netanyahu ha già approvato diverse azioni di questo tipo, come limitare la quantità di camion di aiuti umanitari che entrano nella Striscia [in queste ore momentaneamente cessati, ndr] e ritardare la riapertura del valico di Rafah. Ma sono iniziative ben diverse dal rimandare le truppe nelle strade di Gaza”.
Nel frattempo, tra le macerie e i disperati di ritorno che vagano cercando una medicina, una minestra, una tenda dove dormire, i terroristi di Hamas stanno riprendendo il controllo del territorio lasciato libero dai soldati IDF ritiratisi. Ed è un controllo sanguinoso, tra esecuzioni in piazza di presunti collaborazionisti col nemico e gli scontri mortali con i clan che ostacolano i loro traffici, come gli Al Majaida o Abu Sahabab.
Di fatto, nessuno può dirsi al sicuro: se i gazawi (con l’aiuto dei sottoscrittori del patto di Trump) non riusciranno ad ottenere a breve un governo civile e disarmare le metastasi terroriste, resta inutile parlare di uno Stato palestinese, pacifico e convivente con quello israeliano.
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