La Germania è un Paese frammentato cui servono risposte decisive, a partire da quelle per uscire dalla crisi economica
Mentre la Bundesbank non esclude che anche il 2025 possa chiudersi senza crescita dell’economia tedesca, il Cancelliere in pectore Friedrich Merz cerca di accelerare i negoziati per arrivare a una coalizione di Governo tra Cdu/Csu e Spd e si dice disponibile a una riforma del freno al debito in modo da avere più spazio fiscale per gli investimenti pubblici.
Abbiamo chiesto un commento a Monica Poggio, amministratore delegato di Bayer Italia e presidente di AHK Italien, la Camera di commercio italo-germanica.
C’era molta attesa per il voto di domenica, non solo in Germania, visto il ruolo che il Paese ha per il resto dell’Europa. Sembra si andrà verso una nuova “Grosse Koalition”: sarà in grado di portare stabilità interna e anche contrastare la fase di debolezza dell’Ue?
Il voto ha confermato che la Germania sta attraversando una fase di profonda incertezza politica ed economica. L’attenzione era alta anche fuori dalla Germania, ovviamente, perché le difficoltà tedesche hanno un impatto su tutta l’Europa, e l’esito elettorale riflette un Paese frammentato, che ora dovrà trovare una coalizione stabile.
Questa frammentazione è certamente un rischio, ma credo la si affronti anche con risposte decisive: la priorità è affrontare la crisi economica, che si trascina da anni, e questo richiede un Governo capace di agire in tempi rapidi su temi fondamentali come la competitività industriale, i prezzi dell’energia e l’innovazione.
Su temi economici importanti come la transizione green e la riforma del freno al debito sarà possibile trovare un accordo chiaro ed efficace?
L’accordo su questi temi sarà complesso, ma non impossibile. Dal freno alla transizione green, andrà trovato un equilibrio tra esigenze e posizioni confliggenti, ma reali e concrete. Bisognerà puntare a una strategia equilibrata, per evitare nuovi shock al settore manifatturiero.
Ma non è utile un dietrofront totale: pensiamo all’elettrico, su cui sono state approntate strategie e si è investito, e sul quale rischieremmo di subire ancora di più la concorrenza cinese. Di sicuro, uno dei temi da affrontare sarà come reperire fondi e mobilitare investimenti. Su questo ci sarà probabilmente un confronto aspro, ma è l’urgenza principale dell’economia tedesca ed europea, come ci ammoniva Mario Draghi.
Sarà possibile arrivare a un sì tedesco ai contenuti del Rapporto Draghi, tra cui il debito comune europeo?
La Germania è sempre stata prudente sulla mutualizzazione del debito, ma la necessità di rilanciare la competitività europea potrebbe spingere Berlino a valutare strumenti di investimento comuni. Serve mobilitare risorse per innovazione e infrastrutture, ed è chiaro che senza un approccio coordinato l’Europa rischia di perdere terreno rispetto a Stati Uniti e Cina. Anche Next Generation Eu è stato reso possibile grazie a un cambio di posizione della Germania…
Nonostante siano passati più di 30 anni dalla riunificazione, la Germania alle urne è apparsa spaccata in due. Come mai l’Est del Paese ha visto prevalere AfD? Ci sono ragioni anche economiche?
Il voto all’AfD nell’Est è sintomo di un malessere che ha radici economiche e sociali. La Germania orientale ha un reddito medio più basso rispetto all’Ovest, una minore presenza di grandi aziende, che facilita l’emigrazione verso l’Ovest, e una percezione di marginalizzazione. A questo si aggiunge una diffusa insoddisfazione per la gestione della crisi economica e della questione migratoria, temi su cui l’AfD ha costruito il suo consenso.
Dopo il 2023, anche il 2024 per la Germania si è chiuso con un Pil in decrescita. Cosa occorre per un rilancio della più importante economia europea?
Servono tre azioni immediate: ridurre i costi dell’energia, semplificare la burocrazia e attrarre investimenti. A lungo termine, la Germania deve puntare su innovazione e digitalizzazione, settori in cui sta perdendo terreno. La crisi industriale tedesca è strutturale e riflette un problema più ampio dell’Europa: la mancanza di competitività in settori chiave per il futuro, dall’intelligenza artificiale alla produzione avanzata.
Cosa chiedono, invece, le imprese tedesche a un Paese come l’Italia che si sta distinguendo per stabilità politica e prudenza fiscale?
Le imprese tedesche vedono l’Italia come un partner essenziale, soprattutto per la manifattura. Chiedono stabilità nelle regole, un contesto più favorevole agli investimenti e un maggiore coordinamento nelle politiche industriali. Il piano d’azione bilaterale firmato nel 2023 è un primo passo, ma deve essere reso più concreto per affrontare sfide comuni come la transizione energetica e la competizione globale.
Quanto è temuto dalle imprese il rialzo dei prezzi energetici e il conseguente rischio di una ripresa dell’inflazione?
Il costo dell’energia è una delle principali preoccupazioni delle imprese, perché incide direttamente sulla competitività dell’industria europea. La Germania, con la sua dipendenza dal gas russo e la transizione green, ha subito aumenti maggiori rispetto ad altri Paesi. Un nuovo rialzo potrebbe aggravare la recessione, rendendo urgente una strategia europea per garantire prezzi stabili e accessibili. Ma è importante tenere salde le lezioni apprese: non possiamo tornare a dipendenze strategiche.
A suo avviso, quale deve essere la risposta europea a un momento internazionale particolarmente delicato come quello attuale?
L’Europa deve rafforzare la sua autonomia strategica, sia sul piano economico che politico. Questo significa investire in settori chiave, ridurre la dipendenza da fornitori esterni e creare un mercato più integrato. Italia e Germania devono giocare un ruolo guida, proponendo strategie industriali comuni e coordinando la risposta ai dazi americani, che rappresentano una minaccia per il commercio europeo.
L’Ue (e la Germania in particolare) è riuscita a crescere grazie alla sua capacità di esportare. È un modello ancora valido per il futuro?
Il modello export-centrico della Germania è in difficoltà, soprattutto per la ridefinizione delle catene del valore globali e la crescente competizione di Cina e Stati Uniti. Berlino deve diversificare la sua economia, puntando su innovazione e nuove tecnologie. L’Europa, invece, deve rafforzare il mercato interno e sviluppare politiche industriali comuni per evitare di dipendere solo dall’export. Ma questo è in ottica di diversificazione, non di cambiamento strutturale della vocazione esportatrice di Italia e Germania, che è fondamentale per continuare a essere colossi industriali.
(Lorenzo Torrisi)
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