Diritti civili e sociali: la Commissione bicamerale pubblica un documento sui livelli essenziali delle prestazioni. C’è ancora molto lavoro da fare
Se torno a parlare dei LEP (Livelli essenziali delle prestazioni) a breve distanza da un precedente contributo è solo perché un recente documento licenziato (11 giugno 2025) dalla Commissione bicamerale per le questioni regionali merita di essere conosciuto e commentato.
Si tratta della “Indagine conoscitiva sulla determinazione e sull’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, indagine che ha tenuto impiegata la Commissione a partire dal novembre 2023 con audizione di diversi esperti, visite dirette in tutte le regioni e acquisizione di molteplici documenti proposti da differenti soggetti, istituzionali e non.
Dopo aver ricordato che i LEP rappresentano lo standard dei servizi che riferiscono alla tutela dei diritti civili e sociali, che tali servizi devono essere erogati sull’intero territorio nazionale, che il compito della loro definizione compete allo Stato e deve essere svolto in maniera distinta materia per materia con un ruolo fondamentale del Parlamento, il documento afferma innanzitutto che le opinioni di tutti gli intervenuti concordano che la definizione ed attuazione dei LEP è un passaggio obbligato per completare la riforma costituzionale del 2001 e prescinde dal percorso di realizzazione dell’autonomia differenziata.
Tra le tematiche sulle quali si è registrato un importante livello di convergenza il documento segnala innanzitutto il rapporto che deve esistere tra LEP e principio di uguaglianza, con la considerazione che in tale rapporto si deve tenere conto anche del principio di autonomia regionale e si deve fare in modo che i due principi agiscano per bilanciare uguaglianza ed autonomia, trovando un equilibrio tra uniformità e decentramento.
Connesso al tema precedente è quello della valorizzazione delle diversità: la tutela dell’unità del sistema non deve portare alla rinuncia della tutela delle diversità territoriali, perché il regionalismo è una componente fondamentale della forma del nostro Stato, bilanciando così le esigenze di ottenere un’erogazione uniforme delle prestazioni essenziali con quelle di rispettare le scelte dei governi locali. Questo equilibrio, se mal governato, potrebbe portare ad una amplificazione delle attuali differenze regionali.
Successivamente il documento analizza le questioni che sono emerse come problematiche.
La prima ha a che fare con la decisione se i LEP debbano essere considerati livelli “essenziali” ovvero livelli “minimi”, discussione che ha importanti conseguenze dal punto di vista giuridico che lascio agli esperti di diritto, limitandomi a segnalare che analogo dibattito era avvenuto (alla fine del secolo scorso e prima ancora della riforma del 2001) a proposito dei LEA sanitari e che aveva portato alla decisione di scegliere il termine livelli “essenziali” di assistenza.
Il secondo elemento critico è la questione demografica, che viene letta attraverso due profili: da una parte l’invecchiamento della popolazione e dall’altra lo spopolamento delle aree periferiche.
Per il primo profilo (aumento della età media, allungamento della attesa di vita, …) preoccupano le conseguenze sulle attività di programmazione delle politiche sociali, sanitarie e del lavoro, perché si può arrivare all’insostenibilità del sistema previdenziale, di quello sanitario e di quello sociale e lavorativo.
Per il secondo profilo si deve considerare che in Italia ben il 70% dei comuni ha una popolazione inferiore a 5mila abitanti e quindi lo spopolamento delle aree periferiche in corso da tempo rappresenta un problema serio, soprattutto (ma non solo) nel Mezzogiorno, che suggerisce di tenerne direttamente conto (con particolari accorgimenti) nella determinazione dei LEP e nel relativo finanziamento (oltre che nelle relative proposte, come esemplificato dal contesto sanitario con il caso delle unità mobili sanitarie itineranti).
La terza criticità viene identificata dal documento come il problema della perequazione infrastrutturale, cioè le specificità che hanno molti territori (isole, zone interne e montane, densità abitativa e delle unità produttive, …) e le carenze di adeguati collegamenti su gomma e su rotaia che abbiano un carattere nazionale. Non a caso per questa criticità il riferimento va alla mobilità sanitaria ed alla difficoltà di accesso alle cure.
Non poteva mancare, tra i punti critici, il riferimento ai costi e fabbisogni standard, e più in generale il tema del finanziamento, dei vincoli di bilancio e dei meccanismi perequativi, con la preoccupazione da una parte che il processo di attuazione dei LEP possa arrestarsi proprio sullo scoglio economico o, dall’altra, che possa esitare in un aggravamento delle differenze territoriali esistenti.
Molto debole e non specifico si presenta il capitolo delle proposte, non so se perché non ne sono emerse di significative o se perché saranno il tema di lavoro dei prossimi impegni della Commissione. Si parla infatti, in modo generico, dell’esigenza di ampliare il dibattito ed il confronto pubblico sul tema, di co-programmazione e di co-progettazione, di maggiore coinvolgimento delle istituzioni territoriali e delle rappresentanze sociali, di valorizzazione delle autonomie locali, di determinazione dei LEP in termini flessibili, di autonomia partecipata e solidale, di necessità della implementazione di sistemi di valutazione e monitoraggio ed eventuale correzione.
Niente da dire se questo è un documento interlocutorio che rende conto dei risultati dell’indagine conoscitiva svolta dalla Commissione, anche se la presenza da più di un ventennio dei LEA sanitari avrebbe dovuto fornire più spunti e più elementi di valutazione che non sembra siano stati colti dalle attività della Commissione stessa, ma se il documento rappresenta l’attuale stato dell’arte a cui la bicamerale è giunta ho l’impressione che di strada da fare per la definizione dei LEP ce ne sia ancora veramente tanta.
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