Nel suo ultimo bollettino economico, la Bce fornisce utili suggerimenti per la crescita, ma dimentica quel che può fare per favorirla
Secondo la Banca centrale europea, il Pil dell’Eurozona quest’anno crescerà dell’1,2%, mentre nel 2026 e nel 2027 farà registrare un aumento rispettivamente dell’1% e dell’1,3%. Nel bollettino economico diffuso ieri, l’Eurotower spiega che “nell’attuale panorama geopolitico il Consiglio direttivo ritiene essenziale rafforzare tempestivamente l’area dell’euro e la sua economia.
Le politiche strutturali e di bilancio dovrebbero accrescere la produttività, la competitività e la capacità di tenuta dell’economia”. Per questo “i Governi dovrebbero dare priorità alle riforme strutturali e agli investimenti strategici che favoriscono la crescita, assicurando al tempo stesso la sostenibilità delle finanze pubbliche”.
Per la Bce, spiega Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «bisognerebbe dare un colpo al cerchio e uno alla botte. E perché ci sia una disponibilità di risorse per investimenti strategici favorevoli alla crescita, assicurando al contempo la stabilità dei conti pubblici, dovrebbe essere proprio l’Eurotower a fare la prima mossa».
Ci spieghi meglio.
L’elemento centrale per un intervento così ambizioso è la disponibilità di risorse che potrebbero arrivare da una riduzione della spesa per gli interessi sul debito pubblico (in Italia l’anno scorso è stata pari a circa 80 miliardi di euro) conseguente a una discesa, non brusca, dei tassi di interesse operata dalla Bce. Si libererebbero, di fatto, “risorse aggiuntive” per una politica economica fatta di investimenti pubblici che potrebbero trainare anche quelli privati.
La Bce, però, non sta dando indicazioni precise sulle scelte future in merito ai tassi di interesse…

Questo potrebbe anche dipendere da una mancanza di condivisione completa tra tutti i Paesi membri rappresentati all’interno della Bce: una diminuzione dei tassi aiuterebbe molti di loro, tra cui la Francia, ma la Germania potrebbe non essere molto interessata a una manovra sui tassi che di fatto rappresenterebbe un collegamento tra politica monetaria e politica fiscale.
Un’alternativa a questa mossa di politica monetaria sarebbe una scelta di politica fiscale a livello europeo. Per esempio, l’introduzione di una golden rule che scomputi gli investimenti dai parametri che contano per il Patto di stabilità oppure l’emissione di debito comune da destinare agli investimenti.
Tra le due forse la golden rule sarebbe forse politicamente più percorribile del debito comune, ma occorrerebbe in ogni caso un accordo tra i Paesi membri non semplice e rapido da raggiungere. Sarebbe, quindi, molto più agevole una limatura dei tassi da parte della Bce, che potrebbe anche ricevere una spinta in tal senso dalle scelte che farà la Fed nei prossimi mesi.
Si parla, in effetti, di ulteriori riduzioni dei tassi negli Stati Uniti entro la fine dell’anno.
La situazione nell’Eurozona non è precaria, ma credo che, rispetto anche al quadro internazionale, come riconosce la Bce ci sia la necessità di raggiungere prospettive di crescita più interessanti di quelle attuali. Tuttavia, per far sì che questo auspicio di Francoforte non resti sulla carta occorrono delle risorse. E una riduzione dei tassi non clamorosa potrebbe essere fatta anche nell’Eurozona, visto quel che si pensa di fare negli Stati Uniti.
Questa eventuale mossa della Bce aiuterebbe certamente la Francia, ma potrebbe anche favorire la strategia che il Governo italiano sembra perseguire: ridurre il deficit e ottenere una valutazione migliore da parte delle agenzie di rating proprio per far scendere il costo degli interessi sul debito…
Questa sembra in effetti la strategia che sta seguendo il nostro ministero dell’Economia e mi pare che abbia probabilità di successo, anche se non è scontato. Certamente un rafforzamento del sentiment più favorevole dei mercati nei confronti dell’Italia è una buona mossa, che può essere rafforzata dalle scelte della Bce.
(Lorenzo Torrisi)
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