Ursula von der Leyen si è recata in India, rischiando di ripetere un errore già compiuto in passato dall'Ue
Il gruppo dirigente politico indiano raccolto attorno a Narendra Modi e al partito induista – che ha contribuito a creare facendo rivivere la straordinaria e contraddittoria esperienza storica del nazionalismo indiano – rappresenta una delle grandi trasformazioni in corso su scala mondiale.
Su scala mondiale, appunto: perché l’India è una potenza demografica e una nuova e inedita forma di capitalismo che ha trasformato la stratificazione in caste della società induista e le comunità minoritarie confessionali in un formidabile meccanismo di inclusione delle caste degli intoccabili, oggi maggioritarie tra le file dei parlamentari.
Il capitalismo indiano di questi ultimi trent’anni ha eliminato ogni retaggio keynesiano e di economia mista che aveva caratterizzato il lunghissimo dominio della famiglia Gandhi e il saldissimo rapporto con l’Urss prima e la Russia gorbacioviana dei primi anni della Russia dopo. L’India è la sola potenza atomica retta da una grande democrazia a essere protesa nell’Indo-Pacifico ed è una potenza tanto talassocratica – protesa nei mari soprattutto in questi ultimi vent’anni – quanto terrestre – come dimostra il cosiddetto “Grande Gioco”, ossia l’attrattività dall’India esercitata a partire dall’antichità sulle potenze europee.
L’India è anche l’avversario storico della Cina, soprattutto di quella neo-maoista di Xi Jinping, ma è altresì nel contempo una potenza ispiratrice dei BRICS, organizzazione revisionista del potere anglosferico mondiale che ha in Modi e Putin i leader indiscussi e che si confrontano con gli USA sia in campo economico, sia in campo militare, contrapponendosi frontalmente alla crescente integrazione militare indo-pacifica e australe promossa dall’Australia e dalla Nuova Zelanda e che ha negli Usa e nel Regno Unito un sostegno essenziale.
Ho già sottolineato su Il Sussidiario come la potenza indiana è stata la matrice dell’ormai noto accordo per la creazione della cosiddetta Via del cotone, alternativa alla più famosa e già ben attiva Via della seta che rappresenta la strada verso Occidente del prolungamento di potenza cinese.
Sostenuta dall’Iran e dalle potenze revisioniste centro-asiatiche e dalla Russia, la difesa della Via della seta è stata la miccia che ha scatenato la violenza genocidiaria antisemita del fondamentalismo islamico-palestinese, ingenerando un cambiamento epocale della cultura e del sistema di potenza mondiale.
L’India ha nelle monarchie del Golfo un alleato essenziale nella sua ricerca di potenza: il nucleare non potrà mai sostituire la potenza delle materie prime fossili di cui quelle monarchie sono insostituibili depositarie.
Ebbene, la presidente della Commissione europea von der Leyen, mentre il mondo attraversa tempi pericolosi e apocalittici quanto mai, si reca nuovamente in India sottovalutando il terremoto inaudito scatenato dall’idea della Via del cotone. Una provocazione senza nessuna preparazione diplomatica all’altezza della sfida mortale che ingenerava con la Cina, l’Iran e la Russia, proprio mentre queste potenze erano – come sono – unite nell’aggressione all’Ucraina.
Orbene, l’Ue ha dimostrato e dimostra tutto il suo terribile dilettantismo diplomatico, frutto della divisione profonda delle nazioni su cui la tecnostruttura dell’Ue si erge ormai come potenza a sé stante, separata dalla forza che proviene dal basso dalle nazioni sofferenti che sono ogni giorno indebolite dalle decisioni di quel mandarinato.
Presidente von der Leyen, non viaggi più. Si dedichi alla meditazione. L’India può dirle molto a questo proposito.
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