Mentre si rafforzano gli alleati della Russia, l'Ue sembra lavorare per allontanare le chance di una pace in Ucraina
I rapporti di forza nel sistema internazionale stanno assumendo una nuova configurazione. Quella configurazione che mi ero sforzato pochi anni fa, nel 2017, di delineare nel mio piccolo libricino edito da goWare dal titolo “Frattali. L’età dell’instabilità mondiale”. Un’instabilità che continua a rendersi manifesta tramite il rapporto tra le medie potenze di cui l’ aggregato internazionale dei cosiddetti Brics non è che la preclara manifestazione.
Nel luglio del 2025 ecco l’ultimo esempio di una qualche rilevanza di questa instabilità sistemica dei rapporti tra nazioni e tra blocchi di nazioni nel mondo di oggi. Gli 11 Paesi membri dei Brics si riunirono a Rio de Janeiro e pubblicarono dichiarazioni congiunte su temi essenziali quali l’attacco di Israele all’Iran, la guerra a Gaza seguita al pogrom di Hamas contro gli inermi abitanti dei kibbutz confinanti con l’area e i dazi commerciali imposti dagli Stati Uniti al resto del mondo in un’arcaica affermazione di supremazia nazionale e di potenza sistemica.
Ma sul peso relativo di potenza di quell’aggregato – che rappresenta quasi la metà della ricchezza mondiale – e sulle sue dichiarazioni aleggiavano le assenze di Xi Jinping e Vladimir Putin alla riunione.
Nel suo discorso di apertura, il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva aveva affermato che “stiamo assistendo al collasso senza precedenti del multilateralismo” e che l’incontro si stava svolgendo “nello scenario globale più avverso” rispetto alle quattro volte in cui il Brasile lo aveva precedentemente ospitato. “Se la governance internazionale non riflette la nuova realtà multipolare del XXI secolo, spetta ai Brics contribuire al suo rinnovamento”, disse Lula.
Ma è esattamente questa nuova realtà multipolare che par non dare segni di mutamento proprio quando la guerra di aggressione russa all’Ucraina continua a divampare e le speranze emerse recentemente per via della fisionomia tutta economicistica che i colloqui tra le parti nordamericana e russa avevano assunto, sono svanite dinanzi all’ostinazione russa di occupar anche territori su cui la stessa guerra non è divampata e – altro fatto da sottolineare – la Cina ha reso manifesto un disimpegno relativamente imprevisto nei confronti della questione, pur continuando a mantenere con la Russia quei rapporti di alleanza profonda che caratterizzano i nuovi tempi della post-globalizzazione.
Del resto i rapporti tra Cina e Russia continuano a intensificarsi su temi sempre più rilevanti. Il Valdai Club, gruppo di discussione e di influenza strategica dell’apparato diplomatico russo al più alto livello, per esempio, ha annunciato con grande enfasi che a partire dal 9 dicembre si svolgeranno i lavori sul tema “Security in Eurasia: From Concept to Practice.” “The event will take place – si afferma nel comunicato riservato inviato ai partecipanti e a una ristretta lista di invitati alle discussioni online – at the Moscow headquarters of the Club and will bring together more than 40 participants from India, Iran, Kazakhstan, China, Pakistan, Uzbekistan and Russia”.
Dinanzi a questa manifestazione di volontà di aggregazione a fianco della Russia che assume grande rilevanza nella situazione odierna – anche se del conflitto russo-ucraino nell’annuncio del Valdai non si fa cenno – spicca la dichiarazione del Presidente francese Emmanuel Macron pronunciata durante il suo viaggio in Cina. “L’unità tra Europa e Stati Uniti è fondamentale per sostenere l’Ucraina”. ha dichiarato Macron, aggiungendo che “non c’è sfiducia… (e che) l’unità tra americani ed europei sulla questione ucraina è essenziale. E lo ripeto ancora una volta, dobbiamo lavorare insieme”.
“Accogliamo con favore e sosteniamo gli sforzi di pace compiuti dagli Stati Uniti d’America. Gli Stati Uniti d’America hanno bisogno degli europei per guidare questi sforzi di pace”, nonostante che solo pochi giorni orsono la rivista tedesca Spiegel abbia citato la trascrizione di una telefonata riservata in cui il Presidente francese e il Cancelliere tedesco esprimevano forte scetticismo in merito agli sforzi del Governo statunitense e dei suoi inviati nella negoziazione per la pace tra Ucraina e Russia.
E per rendere ancora più evidente il grado di disgregazione intellettuale e diplomatica in cui versa il sistema internazionale non mi rimane che far cenno a quanto si legge sul documento Strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America, pubblicato all’inizio di questo dicembre 2025 dalla Casa Bianca:
“L’Amministrazione Trump – vi si legge – si trova in contrasto con i leader europei che nutrono aspettative irrealistiche riguardo alla guerra, appoggiati da Governi di minoranza instabili, molti dei quali calpestano i principi fondamentali della democrazia per reprimere l’opposizione. La grande maggioranza degli europei vuole la pace, ma questo desiderio non si traduce in politiche concrete, in gran parte a causa della sovversione dei processi democratici da parte di quei Governi. Ciò è strategicamente importante per gli Stati Uniti proprio perché gli Stati europei non possono riformarsi se sono intrappolati in una crisi politica”.
Non è un caso, allora, che gli Stati Uniti abbiano esercitato pressioni su diverse nazioni dell’Unione europea nel tentativo di bloccare i piani dell’Ue di utilizzare i beni congelati della Banca centrale russa per sostenere un massiccio prestito all’Ucraina.
I funzionari statunitensi hanno più volte detto agli Stati membri, in diverse sedi, che tali beni sono necessari per garantire un accordo di pace tra Kiev e Mosca e non dovrebbero essere utilizzati per prolungare la guerra. Nel mentre l’Ue – così da rendere sempre più manifesto il disordine mondiale – ha presentato questa settimana una proposta per utilizzare i beni immobilizzati a garanzia di un prestito di 90 miliardi di euro (105 miliardi di dollari) destinato a coprire le esigenze economiche e militari dell’Ucraina per i prossimi due anni. Sul territorio dell’Ue sono congelati circa 210 miliardi di euro di beni russi, e altri potrebbero essere utilizzati a partire dal 2028.
Ma è arrivata un doccia gelata da parte della Banca centrale europea: non intende sostenere il piano Ue per un “prestito di riparazione” da 140 miliardi all’Ucraina basato sui beni russi congelati. La Bce avrebbe concluso “che la proposta della Commissione europea viola il suo mandato”. La Bce sarebbe anche preoccupata delle conseguenze che una tale mossa potrebbe avere sull’andamento degli investimenti esteri diretti nelle nazioni aderenti all’Ue.
Questa presa di posizione incrementa le difficoltà di Bruxelles nel raccogliere la quota per il prestito da realizzare a fronte dei beni della Banca centrale russa immobilizzati presso Euroclear, il depositario belga dei titoli.
Scriveva Shakespeare in “Re Lear”: “La pazzia, mio Signore, con il sole se ne va passeggiando per il mondo e non c’è luogo dove non risplenda”.
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