Mai come in questi giorni che cosa sia la storia mondiale si dipana sotto i nostri occhi. Un blocco di potenze secolarmente definitesi si confrontano, certo, secondo le accumulazioni di capitale – ossia di merci e di monete – che circolano e incontrano crisi di riproduzione e di formazione che sono ancor oggi quelle comprese nel Capitale di Karl Marx e riagguantate da un pugno di scienziati sociali come Sraffa, Kalecki e Hirschman. Ma sarebbe errato non comprendere, tanto più ora, in tempi di choc esogeni al ciclo economico mondiale – prima per pandemia e guerra imperiale e imperialistica russa all’Ucraina e ora per pogrom genocidari di Hamas contro gli ebrei dello Stato di Israele –, che il complesso di potenze si dispiega poi concretamente, nel farsi storico, attraverso il raggrumarsi della decisione politica ed è quindi il frutto dello spirito del tempo e di conseguenza dei patrimoni e delle lotte culturali che degli Stati determinano l’azione internazionale.
Il succedersi delle potenze dominatrici mondiali lo dimostra. Dalla Spagna imperiale asburgica tra i due oceani alla Francia assolutistica dilaniata dalle lotte di religione e poi al Regno Unito dominatore dei mari e del mondo, sin quando non apparve tra Otto e Novecento – prima nel Mediterraneo per la crisi franco-italico-marocchina e poi, tra Alaska e Indo-Pacifico, nel 1905, con la mediazione armistiziale che impose tra Russia zarista e Giappone sciamanico e militarista – la nuova potenza destinata a dominare il mondo: gli Usa.
Dopo la Seconda guerra mondiale, se Stalin vinse in Europa occupando Berlino, gli Usa, con la vittoria atomica sul Giappone e la creazione della Nato, si candidarono al dominio mondiale che tuttora è in vigore, ma con ben diversi potenziali di dominio e in carenza di egemonia.
Infatti, via via, alle guerre alla von Clausewitz ecco affiancarsi sempre più le già esistenti, ma prima ben controllate guerre asimmetriche e il dilagare delle burocrazie “celesti” delle organizzazioni internazionali, dall’Onu all’Ue, con diversi gradi di compulsività, ma con sempre più rilevanti diminuzioni del potere legittimo degli Stati e l’emergere dirompente delle claques di interessi armati e imprenditoriali che contendono agli Stati il dominio del mondo.
Così via via le relazioni internazionali si sono trasformate in relazioni in cui l’egemonia non si coniuga più con una leadership mondiale in grado di essere tale: ossia leader perché in grado non di dominare, ma di dirigere. E dirigere – e non solo su scala internazionale – vuol dire promuovere alleanze e inclusione via via di nuove potenze nel gioco di potenza.
È proprio quello che oggi non accade con gli Usa e il loro unipolarismo rivestito dei diritti umani che giustificano guerre sanguinose e distruzioni di Stati che possono poi ricostruirsi solo come nemici e generatori delle pulsioni genocidarie settarie che hanno l’Africa come epicentro e il Grande Medio Oriente come cornucopia teologica infinita.
La dimostrazione di ciò è nel recente ingresso nei Brics delle potenze petrolifere, accompagnate dall’Egitto (Germania dell’Africa) proprio mentre Ue e Usa profetizzano – su scala mondiale e propugnato da nuove possenti burocrazie celesti – il mondo mondato, purificato dagli idrocarburi… A ciò si aggiunga il trascinamento verso le lotte della politica interna delle relazioni internazionali. Esse appaiono in tutto il mondo sempre più dipendere dai gruppi nazionali in lotta, piccoli o grandi che siano.
In questo continuo bradisismo anche un nano feroce può far cadere le torri del potere. Aver umiliato storicamente gli Stati ora si ritorce contro quei poteri, privando i popoli degli unici guardiani che a essi possono badare… Il mercato e il dominio militare non sono in grado di farlo, come dimostrano i disastri dell’ordoliberismo anglosferico e di quello neocameralista teutonico imposto tramite Ue all’Europa: una sorta di Washington Consensus sperimentato già in America Latina che dilaga nel mondo.
L’Africa ne sarà distrutta, tanto più dopo il ritiro da quelle terre dell’Impero britannico e recentemente della Francia, separata per sempre dal dominio mondiale in una nuova edizione farsesca della tragedia della Guerra dei sette anni, quando il cuore culturale del mondo, la Francia, perse per sempre i suoi domini in India e in America del Nord.
Età di grandi insegnamenti: affascinanti e terribili.
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