Quel che sta accadendo in questi giorni mostra quanto sia stata sbagliata l'opzione militare per cercare di risolvere il conflitto in Ucraina

Gli accadimenti di questi giorni sulla scena internazionale stanno confermando quanto già noto da tre anni, ovvero dall’inizio della guerra in Ucraina derivante dall’invasione da parte della Russia e conseguente alla guerra nel Donbass che era in corso dal 2014. Come Mosca, anche la vecchia Amministrazione Usa ha adottato come unica opzione per gestire il conflitto l’azione militare avente come scopo quello di indebolire progressivamente la Russia, coinvolgendo in questa azione il Governo ucraino e i Governi europei che hanno rinunciato a qualsiasi tentativo di mediazione. Era infatti noto a tutti gli addetti ai lavori che la vittoria militare non sarebbe stata possibile e aveva come obiettivo geopolitico da parte della vecchia Amministrazione Usa solo l’indebolimento della Russia.



Già nel novembre del 2022 l’allora capo di stato maggiore Usa Mark Milley dichiarava pubblicamente “che era altamente improbabile che l’Ucraina potesse cacciare i russi dai territori occupati e i russi conquistare tutta l’Ucraina”. Queste scelte della guerra, dettate da calcoli geopolitici, hanno avuto delle conseguenze socioeconomiche devastanti, ci sono stati centinaia di migliaia di morti, qualcuno stima un milione di tra morti e feriti, la distruzione di buona parte dell’Ucraina, milioni di ucraini sono stati costretti all’emigrazione, le grandi risorse minerarie dell’Ucraina sono state impegnate per pagare i debiti di una guerra che non poteva essere vinta, si sono avuti migliaia di disertori sia sul fronte ucraino che su quello russo.



La scelta della guerra come unica opzione perseguibile è stata finanziata dagli Usa e dalla Russia, ma pagata pesantemente anche dai popoli europei che, oltre agli aiuti militari concessi dai Governi europei utilizzando risorse pubbliche che potevano essere devolute ad altri scopi sociali e di sviluppo, stanno affrontando una pesante recessione derivante dall’aumento dei costi energetici.

La nuova Amministrazione Usa ora ha cambiato radicalmente l’impostazione strategica rispetto alla precedente, in quanto non considera la Russia un nemico primario, ha lasciato chiaramente intendere che vuole riprendere buone relazioni con questo Paese concentrandosi sulle competizioni nell’area del Pacifico che ritiene invece strategiche. È stato avviato pertanto un processo per raggiungere la pace che penalizzerà inevitabilmente l’Ucraina rispetto a quanto si poteva ottenere impostando un negoziato all’inizio della crisi, oppure intervenendo subito diplomaticamente dopo le tensioni registrate a seguito del non rispetto degli accordi di Minsk nel 2014.



Questa evoluzione documenta chiaramente alcuni fallimenti politici che devono essere affrontati. In primo luogo, il fallimento dell’Europa, che non avendo una soggettività politica decidente e non avendo esercitato alcun ruolo propositivo non è considerata un interlocutore delle grandi potenze e deve affrontare le conseguenze economiche e sociali di scelte che l’hanno marginalizzata. La perdita di un’identità europea fondata sui valori della civiltà greca e cristiana, che esprime capacità di dialogo e di mediazione per affermare il primario valore assoluto della singola persona non facendo prevalere un nazionalismo guerrafondaio, è stata all’origine di tale fallimento che la rende subalterna alle potenze dominanti.

Il secondo fallimento riguarda l’impostazione bellicista utilizzata per risolvere i conflitti, un’impostazione che ha riguardato tutte le parti in causa e che tuttora condiziona pesantemente anche gli attuali Governi e istituzioni europee pur non avendo i mezzi per competere con le altre potenze. Il terzo fallimento che emerge è quello dell’impostazione sovranista e nazionalista che nei fatti è contro l’interesse nazionale, contro il bene del popolo che dovrebbe rappresentare.

Occorre guardare in faccia questi fallimenti per cambiare, per avviare nuovi processi che possano portare a un nuovo ordine mondiale in cui non prevalga la violenza del più forte, ma una libera convivenza in cui tutti gli uomini possano esprimersi. Da questo punto di vista ritorna centrale nelle sue ragioni la via profetica proposta in solitudine, ma con certezza, da papa Francesco, ovvero che “la guerra è sempre una sconfitta” che “la via del dialogo, della trattativa, sino all’accordo possibile” è l’unica strada realista da perseguire.

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