Oggi le decisioni di politica monetaria della Bce restano legate a quelle che accadrà negli Stati Uniti e alle scelte della Fed
Dal Forum di Sintra Jerome Powell ha inviato dei messaggi chiari non solo al Presidente degli Stati Uniti che lo invita continuamente a tagliare i tassi (una manovra che il Presidente della Fed avrebbe già avvallato se la Casa Bianca non avesse iniziato ad agire in modo poco prevedibile sui dazi), ma anche agli investitori sulla situazione del debito pubblico americano, destinato a diventare insostenibile.
Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, in effetti «se un tempo i titoli di stato americano erano considerati un porto sicuro, oggi la situazione sta cambiando, tant’è che i rendimenti dei nostri Btp decennali sono inferiori a quelli dei T-bond di pari durata».
Secondo lei, i mercati oggi si fidano più di Powell o vorrebbero un taglio dei tassi come chiede Trump?
Entrambe le cose, perché da un lato una diminuzione dei tassi potrebbe essere una mossa che va incontro ai mercati, ma dall’altro gli investitori hanno bisogno che la Fed non perda di credibilità, come potrebbe avvenire se Trump riuscisse a sostituire Powell prima della scadenza del suo mandato o a imporgli la sua volontà.
Il Forum di Sintra era organizzato dalla Bce, la cui Presidente Lagarde ha spiegato che con l’inflazione arrivata al 2% a giugno nell’Eurozona si può parlare di “obiettivo raggiunto”. Tuttavia, vista la situazione di grande incertezza globale, “dovremo continuare a essere molto vigili per stare nell’obiettivo”. Significa che i tagli dei tassi da parte dell’Eurotower sono terminati?
La situazione europea è diversa da quella americana, tuttavia non penso che la Bce ora possa prendere le sue decisioni di politica monetaria in totale “autonomia”. È più facile pensare che agirebbe in risposta alle scelte della Fed. In buona sostanza, se la situazione non cambia negli Stati Uniti, è molto probabile che la Bce lasci i tassi invariati, mentre se la Fed dovesse decidere di tagliarli, allora l’Eurotower avrebbe margine per fare altrettanto, anche se con una riduzione di entità minore.
Il vicepresidente della Bce de Guindos ha evidenziato che tagliare i tassi non aiuterà a migliorare una situazione economica non particolarmente brillante per l’Europa. A suo avviso, “solo con riforme strutturali l’Europa potrà uscire dall’impasse”. Cosa ne pensa?
Effettivamente ci sono interventi che vengono sollecitati da tempo, come l’unione dei mercati dei capitali, piuttosto che un maggior coordinamento sul piano fiscale. Tuttavia, si tratta di misure che potrebbero non arrivare in tempi brevi e questo potrebbe non aiutare a risolvere i problemi dell’economia europea.
Bisognerebbe, allora, rimettere mano al Patto di stabilità?
Esattamente. Così com’è non favorisce la convergenza tra le economie europee e al momento non sappiamo nemmeno se uno shock provocato dai dazi sarebbe considerato un motivo sufficiente per sospendere l’applicazione delle regole del Patto di stabilità per tutti i Paesi Ue.
De Guindos ha anche detto che finché il cambio euro/dollaro resta intorno a quota 1,20 (oggi è a 1,18) non ci sono problemi, ma se dovesse superare quella soglia le cose si farebbero più complicate…
Potrebbe effettivamente accadere, in passato si era arrivati anche sopra 1,50. Senza arrivare a tanto, un taglio dei tassi da parte della Fed potrebbe portare a un ulteriore indebolimento del dollaro nei confronti dell’euro.
Come bisognerebbe affrontare il problema in modo che non soffra l’export dell’Eurozona?
Difficile dirlo, perché l’andamento dell’export dipenderà anche da come si chiuderà la trattativa relativa ai dazi. Certamente un eccessivo rafforzamento dell’euro potrebbe spingere la Bce a tagliare i tassi.
(Lorenzo Torrisi)
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