SCHWAZER/ Netflix riapre il caso, mail autentiche, la procura di Bolzano annaspa

- Nando Sanvito

Sulla piattaforma streaming Usa una docuserie sulla vicenda del marciatore, ma la Procura di Bolzano sembra impotente anche quando scova conferme

schwazer 2 lapresse1280 640x300 Alex Schwazer (LaPresse)

A oltre duecento milioni di abbonati, Netflix da domani offrirà una docuserie in 4 puntate sulla vicenda Schwazer, girata da Massimo Cappello e scritta da Marzia Maniscalco. “Casuale” coincidenza, qualche settimana fa è stata data in pasto ai media la notizia che il Tribunale di Bolzano aveva archiviato la posizione di due indagati, atto giudiziario in realtà emesso a ottobre. Notizia tradotta dal solerte Corriere della Sera con il titolo (frase riproposta nel testo) “Schwazer caso chiuso. Non c’è alcun complotto dietro la sua positività”: strafalcione che può commettere solo chi non legge gli atti e del resto il Corrierone non è mai stato un assiduo frequentatore delle udienze del processo Schwazer.

Ci vuole infatti una bella dose di dilettantismo allo sbaraglio per sentenziare “nessun complotto” solo perché – a fronte di una dozzina di possibili indagati – la posizione di due periti processuali (ingaggiati fuori tempo massimo da Wada e World Athletics) viene giudicata dal pm “non punibile come reato, in quanto difendevano i loro clienti”. Magari fischieranno le orecchie al Tribunale di Salerno che condannò all’epoca del caso Claps per “falso in perizia” uno dei due periti in questione, ma insomma dedurre da questa archiviazione che non ci fu alcun complotto è del tutto gratuito! I “non-reati” dei periti avevano comunque attinenza alla fase processuale e non al “complotto”.

Detto tra parentesi: i reati di falso ideologico, frode processuale, diffamazione, comportamenti illeciti tesi ad ostacolare l’accertamento della verità denunciati dal giudice Pelino nella sua ordinanza riguardavano solo in parte i due periti. Molti altri atti sono finiti in quell’elenco “criminoso”. Perché gli autori di quegli atti (non erano certo consulenti di parte) non sono stati indagati? Chiusa la parentesi.

Intendiamoci: non ci siamo mai fatti illusioni sul fatto che una procura, accusata dal Gip Pelino di non averci capito nulla su quanto successo tra Stoccarda, Colonia, Losanna e Montréal nella vicenda Schwazer, potesse tirare fuori dal cilindro un’attività investigativa che smascherasse i colpevoli della manipolazione delle urine del marciatore. Tra l’altro perché nel frattempo erano passati 6 anni dalla denuncia contro ignoti presentata dai legali di Schwazer. Ci si fosse mossi a pochi mesi dai fatti, forse qualcuno nella rete investigativa sarebbe rimasto impigliato…

Detto questo, va dato atto che procura e polizia giudiziaria si sono in seguito attivate, seppure a 10 mesi di distanza dalla famosa ordinanza del giudice Pelino, ma hanno avuto il due di picche sulle rogatorie internazionali da Francia e Svizzera, non collaboranti (guarda caso).

L’attività investigativa si è dunque limitata a un paio di soggetti. Uno in terra tedesca, dove le autorità giudiziarie della Germania si sono mostrate sì collaborative, a differenza di quelle francesi e svizzere: in questo caso si sono avuti riscontri sull’autenticità delle mail incriminate di Fancy Bear, allegate nel procedimento dalla difesa legale di Schwazer. Sull’altro indagato infine – un italiano cui è stato sequestrato materiale informatico (che nel frattempo presumibilmente potrebbe  non essere più quello in suo uso nel triennio incriminato 2015-2017) – si è fatta comunque una significativa scoperta. A fronte di una mail dell’allora capo dei controlli antidoping Iaaf Thomas Capdeville che lo tirava in ballo sul caso Schwazer, l’indagato aveva dichiarato in un’intervista pubblica del 2021 “Non l’ho mai conosciuto”. Peccato per lui che l’attività investigativa della Procura di Bolzano abbia dovuto registrare un suo fitto scambio di corrispondenza proprio con lo “sconosciuto” Capdeville. Una menzogna, a quanto pare ritenuta non sufficiente a proseguire le indagini, se è vero che la procura ha chiesto l’archiviazione per il soggetto indagato. Nessun altro si è voluto o si è potuto fare oggetto di indagini, seppure l’elenco degli indagabili emerso nei quasi 5 anni dedicati all’incidente probatorio sia stato abbastanza nutrito.

Del resto i termini di prescrizione per l’ipotesi di reato della manipolazione delle urine di Schwazer si stanno avvicinando. Quanto si augurava chi voleva farla franca.

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