Chi lo ha incontrato nei frequenti incontri pubblici in Italia, è rimasto colpito dalla sua disponibilità, dalla freschezza e dalla vivacità della sua testimonianza di scienziato appassionato della verità: il fisico inglese Peter E. Hodgson si è spento l’altro ieri, pochi giorni dopo aver compiuto l’ottantesimo compleanno. Negli ultimi anni veniva spesso in Italia per conferenze e seminari sui vari temi della scienza, della sua storia, delle sue applicazioni, sempre attento a far emergere la ricchezza di esperienza umana che si può sperimentare affrontando la scienza con sguardo aperto; ma anche con senso critico verso tutte le implicazioni coinvolte nell’impresa scientifica oggi.
Molti lo ricordano rivolgersi alla platea del Meeting di Rimini nel 2005, presentando la mostra di Euresis Sulle spalle dei giganti, con toni precisi ma chiari nel mettere in luce la concezione della realtà che è stata cruciale per il fiorire della scienza nel Medio Evo europeo: un sentimento del reale, anche nel suo livello sensibile, materiale, come di qualcosa di buono, di positivo, dotato di un suo ordine interno e disponibile a farsi conoscere dall’uomo. «A cosa bisogna credere per diventare uno scienziato? Che la materia sia bene e che valga la pena passare la vita a capire la materia nella sua complessità. Dobbiamo anche credere che la materia sia ordinata, cioè si comporti in maniera costante, coerente. […] E poi bisogna essere convinti che l’impresa che si è incominciata valga la pena di essere portata a termine».
La sua carriera scientifica aveva preso le mosse all’università di Londra per poi approdare nel 1958 a Oxford dove è rimasto per oltre trent’anni a capo del gruppo di fisica nucleare teorica: Dal 1963 era poi diventato Fellow del Corpus Christi College, sempre a Oxford, dove ha intensificato l’attività, già peraltro avviata da tempo, di ricerca, insegnamento e pubblicazioni in campo filosofico e teologico, affrontando vari aspetti del rapporto tra scienza ed esperienza religiosa. In questo senso era diventato membro e collaboratore di associazioni e istituzioni internazionali e in particolare aveva collaborato col Pontificio Consiglio della Cultura e con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
A Rimini nel 2005 aveva sorpreso il pubblico affermando, con la consueta ferma pacatezza, che «l’incarnazione di Cristo ha fornito ulteriori convinzioni per la scienza: ha spezzato l’idea che il tempo fosse ciclico, ha nobilitato la materia pensando che fosse adatta a formare il corpo e il sangue di Cristo; ha superato il panteismo, dichiarando che la materia è creata e non generata»; tutte convinzioni «necessarie per lo sviluppo della scienza». E una profonda riflessione sulle radici della scienza è anche, secondo Hodgson, alla base di ogni discorso sulle sue applicazioni e sui loro possibili pericoli.
Come fisico nucleare, lo scienziato inglese si è speso per spiegare a un pubblico più vasto possibile le potenzialità di questa fonte energetica, abbinando sempre alla chiarezza delle prospettive scientifiche, una forte sensibilità per l’uomo, per la sua dignità e per le sue aspirazioni alla pacifica e operosa convivenza. La sua infaticabile attività (stava ultimando alcuni libri sui suoi temi preferiti) lo ha portato a tessere relazioni e a incontrare scienziati e uomini di cultura in tutto il mondo. La sua amicizia e la sua saggezza mancheranno a molti.