La materia di cui siamo fatti noi, la terra su cui camminiamo, il sole e le stelle è costituita, al 99,95%, da protoni e neutroni. Le masse dei corpi e degli elementi dipendono dal numero di protoni e neutroni che contengono, e la ragione per cui il piombo è più pesante dell’elio con cui si riempiono i palloncini è che un nucleo di piombo contiene più di cinquanta volte più protoni e neutroni che un nucleo di elio. I protoni, i neutroni e numerose altre particelle subnucleari più rare sono a loro volta oggetti composti: sono fatti di quark, legati tra di loro da una delle forze fondamentali della natura, la cosiddetta interazione nucleare forte. Una sorprendente proprietà di tutte queste particelle è che la loro massa non è affatto la somma delle masse dei quark che li compongono: i quark, infatti, sono oggetti quasi senza massa.
Da dove viene allora la massa dei protoni, e dei nuclei atomici e in definitiva di quasi tutta la materia visibile? La risposta è la famosa equazione di Einstein E = mc2, che, letta da destra a sinistra, ci dice che la massa è uguale all’energia. Questo significa che si può fabbricare un oggetto molto pesante a partire da costituenti leggerissimi, purchè questi costituenti siano legati fortissimamente. I quark sono legati così fortemente che per spezzare il legame che li unisce è necessaria un’energia molto più grande di quella che basterebbe per spostare un quark. E’ questa “energia di legame” che ci appare come massa della materia – ed è per questo che la forza naturale corrispondente viene chiamata, appunto “interazione forte”. Questa situazione sorprendente offre un’opportunità straordinaria. E cioè che la massa della materia si può calcolare a partire da principi primi. In altre parole, conoscendo come funziona l’interazione forte possiamo calcolare la massa del protone, del neutrone, e di una miriade di altre particelle: allo stesso modo in cui un astronomo può calcolare l’orbita di una cometa basandosi solo sulla sua conoscenza della forza di gravità. Ora, noi siamo convinti di conoscere la forza nucleare forte altrettanto bene che la forza di gravità: le sue proprietà sono riassunte in una teoria dal nome esotico, la “cromodinamica quantistica” (QCD, secondo la sigla inglese). Questa teoria è stata verificata in una serie di esperimenti di accuratezza crescente, a partire dagli anni ’70 del ’900, fino alla costruzione dei grandi acceleratori degli anni ’90: il LEP al CERN di Ginevra, il Tevatron al laboratorio nazionale statunitense “Fermi” presso Chicago, e HERA al laboratorio nazionale tedesco DESY ad Amburgo. Un conto però è conoscere una teoria, magari benissimo, tutt‘altra cosa è sapere calcolare tutte le sue conseguenze: dopotutto, anche se le leggi della meccanica si conoscono dai tempi di Galileo e Newton, resta quasi impossibile calcolare il moto di una bicicletta da principi primi.
La teoria dell’interazione forte ha una peculiare proprietà, detta “libertà asintotica”, la cui scoperta è da parte dei fisici americani David Gross, David Politzer e Frank Wilczek, è stata premiata dal Nobel 2004. Questa proprietà implica che la teoria si presta facilmente al calcolo di fenomeni che avvengono ad altissima energia: come gli urti tra protoni che avvengono nei grandi acceleratori o al centro del sole. Ma la rende straordinariamente difficile da trattare nelle situazioni normali, quelle della materia ordinaria che ci circonda. In effetti, calcolare la massa del protone dalla teoria è uno dei famosi “problemi del millennio”, la cui soluzione è premiata con un milione di dollari dall’istituto Clay di matematica di Cambridge negli Stati Uniti. Tuttavia, in molti casi in cui non si sanno calcolare le conseguenze esatte di una teoria, si possono ottenere delle buone approssimazioni utilizzando i computer: un ingegnere della Ferrari non può calcolare esattamente le proprietà del prototipo che progetta, però le può simulare al computer con una accuratezza sufficiente a garantire la sicurezza il giorno del primo test. Poco dopo la scoperta della teoria dell’interazione forte fu proposto che molte sue proprietà che sfuggono al calcolo esatto si potessero ottenere al calcolatore, mediante una tecnica detta “del reticolo”. In questo metodo, si suppone che lo spazio ed il tempo si possano conoscere solo ad intervalli fissi: per esempio, che si sappia solo che cosa succede ogni millesimo di secondo. Il primo tentativo di calcolare la massa del protone usando questi metodi risale a quasi trent’anni fa: nel 1981 l’italiano Giorgio Parisi, ed il tedesco (laureato a Milano) Herbert Hamber presentarono un primo rozzo tentativo. Quanto siano migliorati i computer dal 1981 ad oggi lo sappiamo tutti.
Ma il miglioramento della nostra comprensione della forza nucleare forte e dei metodi per trattarla sono stati ugualmente impressionanti. Il calcolo completo della massa del protone da principi primi è così diventato una corsa tra diverse collaborazioni internazionali, disseminata di innumerveoli risultati parziali e prelminiari. Il 21 novembre scorso, la corsa è stata vinta da una collaborazione di tredici fisici ed ingegneri francesi, tedeschi ed ungheresi, che hanno pubblicato su Science per la prima volta un risultato completo, in cui ciascuna delle approssimazioni necessarie `e sotto controllo. Il calcolo è stato fatto su uno spazio formato da sedici punti in ciascuna delle tre dimensioni spaziali, e trentadue punti lungo la direzione del tempo. La distanza tra punti successivi è di circa un millesimo di secondo nel tempo, e di circa un milionesimo di milionesimo di centimetro nello spazio: circa un quarto del raggio di un protone. Insomma, una approssimazione che può sembrare abbastanza rozza, in cui ogni protone occupa un quarto di tutto lo spazio disponibile, ed in cui si sa quel che capita dentro ad ogni protone solo ad intervalli di un quarto del suo raggio. Eppure anche così è stato necessario usare alcuni dei più grandi supercomputer al mondo, tra cui “Blue Gene” dell’IBM. Ci possiamo aspettare che risultati ancor più precisi saranno presto presentati dai numerosi altri gruppi in lizza: uno giapponese, uno statunitense, uno italo-svizzero, uno franco-greco-italiano. Questi risultati costituiscono un tour de force teconolgico e scientifico: paragonabili alla capacità di prevedere il tempo con precisione. Hanno perciò un grande interesse per tutte quelle applicazioni – come le previsioni del tempo, appunto – dove l’uso di simulazioni al computer è indispensabile. Aprono la porta ad un futuro in cui sarà possibile calcolare accuratamente le proprietà del protone senza bisogno di fare un esperimento al CERN. Dalla nostra capacità di calcolare le proprietà degli elettroni nei solidi è nata l’elettronica. Che cosa nascerà dalla conoscenza delle interazioni forti non lo sappiamo. Nel frattempo, i nuovi esperimenti del CERN promettono di esplorare quello che succede dentro ai protoni, dove le nostre conoscenze ancora non arrivano.