Metodologie Innovative per la Produzione di Idrogeno da Processi Biologici: più semplicemente IDROBIO. Così è stato denominato un progetto finanziato dal MIUR nel 2005 nell’ambito del Programma Strategico FISR “Nuovi sistemi di produzione e gestione dell’energia”: ad esso hanno partecipato le Università di Padova (capofila), Verona, e Firenze, l’Enea-Casaccia, e il Cnr con i suoi tre Istituti di Chimica Biomolecolare (ICB-Pozzuoli), di Chimica e Tecnologia dei Polimeri (ICTP-Pozzuoli) e Istituto per lo Studio degli Ecosistemi (ISE-Firenze).
Si è trattato di un’occasione molto importante che ha avviato anche in Italia un insieme di ricerche poco o per nulla coltivate fino a quel momento e ha permesso di creare un gruppo di ricerca che, in breve tempo, non solo si è messo alla pari con la ricerca internazionale nel settore ma ha contribuito al suo avanzamento in modo significativo e, quello che è più importante, ha avviato allo studio di queste tematiche un gruppo di giovani ricercatori che costituiscono l’investimento più importate per il futuro.
Da qualche anno, e da qualche decennio nei paesi più attenti al futuro energetico del pianeta, l’idrogeno è considerato il vettore energetico ideale trattandosi di un combustibile ad alto potere calorico il cui utilizzo è assolutamente rispettoso dell’ambiente e non comporta alcuna emissione nociva.
Gli Usa, l’Europa e il Giappone hanno già investito nel predisporre stazioni di servizio per la distribuzione di idrogeno e molte case costruttrici di automobili stanno investendo nella costruzione di automobili dotate di pile a combustile alimentate a idrogeno. Il problema è che non esistono giacimenti di idrogeno molecolare e per poterlo usare come combustibile è necessario produrlo dalle sostanze che lo contengono. Attualmente la produzione di idrogeno è basata quasi completamente sull’uso di combustibili fossili: steam reformation del metano (48%), raffinamento da petrolio (30%), gassificazione del carbone (18%), elettrolisi dell’acqua (4%). La produzione di idrogeno mediante questi processi è utile per ottenere grandi quantità di questo gas per uso industriale ma non evita l’utilizzo di combustibile fossile e quindi l’emissione di anidride carbonica e delle altre sostanze inquinanti associate al loro consumo. Non c’è quindi alcuna convenienza nell’uso dell’idrogeno come combustibile ad esempio per il trasporto veicolare quando esso sia prodotto in questo modo. Una vera economia basata sull’idrogeno potrà decollare solo quando questo potrà essere prodotto utilizzando sorgenti di energia rinnovabile.
La tecnologia moderna ha imparato ad utilizzare l’energia solare in vari modi: fotovoltaico, solare termodinamico ecc., certamente utili e da cui ci si aspettano importanti sviluppi per l’approvvigionamento di energia (elettrica) pulita e rinnovabile, ma nessuno di questi è adatto alla produzione di combustibili liquidi o gassosi adatti ad alimentare la trazione veicolare.
La natura, attraverso miliardi di anni di evoluzione biologica ha imparato ad usare l’energia solare attraverso il processo della fotosintesi. Per la biologia quindi, energia solare significa fotosintesi e biomassa che da essa deriva.
Il progetto IDROBIO ha inteso studiare la capacità di alcuni microorganismi di produrre idrogeno come sottoprodotto del loro metabolismo. L’energia primaria a disposizione per tale produzione è in tutti i casi la radiazione solare e il processo di conversione è quello fotosintetico.
Esistono due processi attraverso i quali la fotosintesi può essere utilizzata da microorganismi per produrre idrogeno: un metodo indiretto, in cui i le molecole energetiche fabbricate dal processo fotosintetico (la biomassa) vengono metabolizzate da batteri in processi fermentativi (fermentazione al buio e foto-fermentazione) che producono idrogeno come sottoprodotto e un metodo diretto, in cui microorganismi fotosintetici (microalghe verdi e cianobatteri) producono idrogeno estraendolo direttamente dall’acqua (water splitting). Entrambe i metodi sono stati presi in considerazione dal progetto in due linee di ricerca parallele e complementari con l’intento di arrivare alla progettazione di un impianto in cui i due processi si potessero integrare massimizzando la produzione di idrogeno.
Nell’ambito della prima linea sono stati isolati e caratterizzati nuovi ceppi batterici e loro consorzi naturali che, usati come inoculi hanno consentito di aumentare significativamente l’efficienza energetica del processo di produzione di idrogeno da fermentazione. E’ stato realizzato, per la prima volta, uno scaling up dei sistemi di produzione di idrogeno con batteri rossi non sulfurei fino ad arrivare a un fotobioreattore pilota da 50 litri operante in condizioni di illuminazione naturale ottenendo H2 con un tasso medio di produzione di 850 ml di H2 per ora.
La seconda linea di ricerca ha avuto due obiettivi principali:
Il miglioramento dell’utilizzazione dell’energia luminosa da parte della microalga Clamydomonas reinhardtii per generare potere riducente/biomassa, da utilizzare per la riduzione dei protoni a idrogeno molecolare;
Lo studio dell’ attività dell’enzima idrogenasi in modo da ottenere una migliore attività sia in termini di resistenza dell’enzima al suo inibitore naturale – l’ossigeno molecolare – sia un miglior controllo dell’espressione dell’enzima durante la crescita delle alghe in coltura.
Le prospettive sono quelle ben riassunte nella scheda di valutazione del progetto che ha portato al suo finanziamento: «Il progetto appare ben posto, le unità operative possiedono sicuramente tutti i requisiti tecnico-scientifici, il personale e le risorse per il suo corretto svolgimento e per il perseguimento dei risultati. Si tratta di una ricerca ad alto rischio, ma con obiettivi congruenti. Le prospettive di ricaduta sono valide e dovrebbero permettere di prendere le opportune decisioni per intensificare (o abbandonare) le ricerche in questo settore. L’attività di sviluppo del reattore, potrebbe apparire prematura, ma potrà dare un significativo contributo alla valutazione preliminare del costo di produzione del bioidrogeno da rifiuti organici o da fotobiolisi dell’acqua sfruttando l’energia solare».
I risultati del progetto, illustrati nel convegno internazionale “Biological processes as a possible source for renewable energy” che ha avuto luogo ai primi di novembre a Roma presso l’Accademia Nazionale dei Lincei, dimostrano che, nonostante la produzione di idrogeno mediante processi biologici non sia ancora al livello ottimale per una diretta applicazione su scala industriale e necessiti di uno sforzo ulteriore di ricerca, è stata posta una solida base che ha colmato il ritardo del nostro paese in un settore di importanza strategica per il suo futuro energetico.