Il 2009 è stato dichiarato Anno Internazionale dell’Astronomia, anche in occasione dei 400 anni dalle prime osservazioni con un telescopio effettuate da Galileo. Il grande balzo in avanti fatto da Galileo è legato all’aumento del potere risolutivo del telescopio rispetto all’occhio nudo; la capacità cioè di distinguere dettagli molto più minuti di quanto non sia possibile senza l’ausilio di strumentazione. La storia dell’Astronomia in questi 400 anni è legata indissolubilmente al progressivo aumento nel potere risolutivo dei telescopi, che a sua volta dipende direttamente dal diametro dell’obiettivo del telescopio stesso. Ecco perchè si sono costruiti telescopi sempre più grandi, fino ad arrivare, oggi, al VLT, Very Large Telescope (che per l’appunto vuol dire “grandissimo telescopio”). Il VLT è un sistema di 4 telescopi da 8.2 m di diametro (tra i più grandi attualmente operanti al mondo) che possono funzionare sia come telescopi individuali sia in combinazione tra loro in modalità cosiddetta interferometrica (VLTI, VLT Interferometer). Per ampliare questa modalità sono inoltre a disposizione altri quattro telescopi da 1.8 m di diametro.
La tecnica interferometrica, già adottata da vari decenni nell’ambito delle onde radio, permette di sintetizzare un telescopio di grandi dimensioni attraverso la combinazione di più telescopi posti ad una certa distanza tra loro. La risoluzione angolare è legata alla distanza tra i telescopi: nel caso del VLTI la massima distanza tra i telescopi è di circa 100 metri, e la risoluzione angolare raggiungibile è dunque pari a quella di un singolo telescopio dal diametro di 100 metri.
Il VLTI è pienamente operativo già dal 2003 ed è dotato di due strumenti che lavorano alle lunghezze d’onda infrarosse, che hanno un grande interesse per gli astronomi in un grande numero di campi. Le applicazioni di questa tecnica, alcune tra queste già dimostrate sul campo, vanno dalla misura dei diametri stellari, all’analisi dei dischi di polvere intorno a stelle giovani; dallo studio delle esplosioni di stelle novae fino alla misura del toroide di polvere che circonda alcuni nuclei galattici attivi, all’interno dei quali si pensa si trovino dei buchi neri supermassicci.
Recentemente, chi scrive ha pubblicato (insieme ai colleghi francesi J. Berthier e A. Matter) un lavoro nel quale per la prima volta, grazie alla tecnica interferometrica, è stata possibile una misura diretta del diametro e della forma di due asteroidi della fascia principale. La notizia, dopo la sua pubblicazione, sta in questi giorni facendo il giro del mondo.
Il problema della misura delle dimensioni degli asteroidi è reso difficile dal fatto che questi oggetti sono in generale piccoli, per cui anche i telescopi più potenti non riescono a risolverne le immagini se non nel caso dei pochi oggetti più grandi, come Cerere e Vesta. Ma la regola è che la stragrande maggioranza degli asteroidi ha dimensioni troppo esigue per poter essere risolte. Le stime delle dimensioni vengono ricavate quindi per lo più per mezzo di tecniche indirette, che sono soggette ad incertezze notevoli. Questo è un problema, dato che è molto importante poter avere stime precise delle dimensioni del numero maggiore possibile di oggetti, in modo da poter stimare con sufficiente accuratezza quanti asteroidi esistono in differenti intervalli di dimensioni, in modo da derivare per estrapolazione l’inventario della popolazione anche a dimensioni più piccole, per le quali la maggior parte degli oggetti realmente esistenti attende ancora di essere scoperta. Le osservazioni da noi effettuate al VLTI dimostrano per la prima volta che la tecnica interferometrica può essere utilizzata efficacemente per ottenere misure dirette di un gran numero di asteroidi di dimensioni più piccole di quelle che erano alla portata del potere risolutivo dei telescopi ottici convenzionali. Questo apre dunque una nuova “finestra di misurabilità” per una porzione non trascurabile della popolazione asteroidale.
Ci siamo concentrati su due asteroidi: 934 Gaspra e 234 Barbara. Il primo ha rappresentato un importante test del metodo; esso è stato visitato dalla sonda Galileo e ne conosciamo bene la forma e le dimensioni. In questo caso è stato possibile ricavare con buona precisione il diametro, che è di circa 15 km. Da notare che la distanza dell’oggetto da Terra era all’epoca di circa 120 milioni di Km.
Il caso di Barbara è più interessante; si tratta di un oggetto più grande ma anche più distante (all’epoca delle osservazioni circa 200 milioni di km da noi), ma soprattutto è caratterizzato da una forma peculiare; avremo bisogno di ulteriori osservazioni per poter precisare meglio la forma, ma appare caratterizzata da due lobi principali. Potrebbe dunque avere una forma simile ad una nocciolina americana o forse anche essere formato da due corpi separati. In ogni caso le dimensioni di questo oggetto sono dell’ordine dei 40 km.
Nonostante l’oggettiva importanza di questo lavoro, non siamo dunque che ai primi passi. Dovremo studiare meglio questi oggetti, in particolare Barbara, e dovremo estendere lo studio ad altri asteroidi interessanti, in modo da ampliare il più possibile il numero di oggetti di cui si conosca direttamente, grazie al VLTI, la dimensione e la forma.