Di solito è l’uomo che parla delle macchine: da quelle di ogni forma e dimensione che vengono continuamente sfornate dagli stabilimenti, a quelle solo progettate e che incorporano le principali novità scientifiche, a quelle che potrebbero essere realizzate in futuro e offrire all’uomo i loro servizi o prospettargli preoccupanti minacce. È innegabile tuttavia che, in quanto opera dell’uomo, “le macchine parlano di noi”: dicono qualcosa, o forse molto, di chi le ha pensate, di chi le utilizza più o meno consapevolmente, di chi le teme.
È interessante allora, soprattutto in un momento come quello attuale, far venire allo scoperto questo “parlare” e cercare di cogliere le numerose implicazioni derivanti dalla presenza sempre più invadente e pervasiva delle macchine nella nostra vita di tutti i giorni. Ci ha pensato il SEFIR, organizzando a fine gennaio un convegno proprio con quel titolo: “Le macchine parlano di noi”, radunando a Roma alcuni degli studiosi che più si sono dedicati a riflettere sul tema; e che hanno trovato stimolante integrare le loro discussioni con una visita guidata a una mostra sulle macchine leonardesche presso il Palazzo della Cancelleria e con la proiezione di spezzoni di film di fantascienza, più o meno recenti, particolarmente significativi.
In attesa di poter approfondire i contenuti delle relazioni nel volume degli atti, che saranno pubblicati nella collana SEFIR – Città Nuova, ne abbiamo parlato con il Direttore di SEFIR e animatore del convegno Giandomenico Boffi, docente di matematica alla Libera Università LUSPIO di Roma.
Professor Boffi, anzitutto cos’è il SEFIR e come opera?
SEFIR (Scienza E Fede per l’Interpretazione del Reale) promuove da oltre dieci anni un dialogo interdisciplinare tra scienze “dure”, teologia e filosofia (soprattutto in chiave epistemologica e ontologica), anche in prospettiva storica, mediante l’organizzazione di convegni, gruppi di ricerca, manifestazioni varie, sia in proprio che in collaborazione con altri (ad esempio, c’è ormai una rodata collaborazione con la rivista Nuova Civiltà delle Macchine di Eri-Rai). Assegna anche un omonimo premio, mirato a segnalare libri italiani recenti che apportino un significativo contributo al dialogo interdisciplinare.
Attualmente costituito come area di ricerca dell’ISSR Ecclesia Mater di Roma e parzialmente supportato dal Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana, SEFIR coagula decine di docenti e ricercatori di varie università e istituzioni, alcuni molto affermati, altri più giovani, alcuni cattolici, altri no. Il nostro tradizionale momento di ritrovo annuale è il convegno di fine gennaio, per il quale il numero dei posti è limitato, allo scopo di favorire una forte interazione umana e intellettuale.
Da dove nasce l’idea del tema di quest’anno?
Con questo convegno, Le macchine parlano di noi, abbiamo inteso mettere a fuoco il concetto di macchina e verificare quanto esso rifletta la comprensione che noi esseri umani abbiamo di noi stessi. Per questo motivo, oltre a una rassegna storico-linguistica (affidata a Vittorio Marchis del Politecnico di Torino) e a una riflessione filosofica sulle problematiche sollevate dalla tecnologia (Adriano Fabris, Università di Pisa), ci sono state relazioni sull’idea di “macchina sociale” (Albertina Oliverio, Università di Chieti-Pescara), sul paradigma macchinistico in medicina (Luigi Tesio, Università di Milano) e sul tema “mitologia e teologia” (Giuseppe Lorizio, Università Lateranense). Avevamo pensato anche a una relazione sulla poesia delle macchine nella letteratura italiana contemporanea ma Giuseppe Lupo (Università Cattolica) non ha potuto essere presente a causa dello sciopero ferroviario: comparirà comunque negli atti.
Si può individuare un motivo dominante nelle vostre riflessioni?
Come ho osservato nel breve intervento conclusivo, il principale filo conduttore dei lavori si è rivelato il tema della libertà umana, che i contemporanei vedono minacciata da un apparato tecnologico incontrollabile (se non addirittura dalla comparsa di vere e proprie macchine pensanti e senzienti), da una riduzione del corpo umano a macchina (magari non sempre riparabile), da grandi costruzioni sociali in cui è oscuro il legame tra scelte individuali ed esiti collettivi, dall’eliminazione dall’esperienza umana di ogni dimensione che non sia angustamente razionalista.
Libertà di tutti e di ognuno di noi, libertà responsabile e solidale, libertà che ci accomuna al Creatore e ci consente perfino di ostacolarne l’opera con le nostre scelte.
Sul tema della libertà avete in programma altre iniziative?
Sì, la libertà sarà anche l’argomento di una scuola di formazione e ricerca che SEFIR promuove il prossimo mese di aprile, a Perugia: ventiquattro giovani borsisti italiani e non (prevalentemente dottorandi o postdoc), selezionati a seguito di un bando, condivideranno per quattro giorni un’esperienza di full immersion con sette qualificati studiosi che li aiuteranno a scoprire come dalle scienze più avanzate non emerga nulla che indichi una coercizione invincibile della libertà umana.
In sostanza però, la vostra non sembra una posizione negativa nei confronti delle macchine?
L’atteggiamento di SEFIR nei confronti della tecnologia, pur non essendo ingenuo, non è negativo. La tecnologia pone una volta di più all’essere umano la sfida di essere se stesso in maniera sempre più approfondita. Noi nutriamo la speranza che l’uomo saprà far fronte alla sfida.