Ma come è stato possibile raccogliere una quantità di dati così imponente, e soprattutto così precisa, da riuscire a localizzare con esattezza dove la psicosi della shizofrenia può potenzialmente avere origine nel cervello? Il merito è anche di macchinari sempre più avanzati al servizio della ricerca, come la risonanza magnetica funzionale alla quale si sono sottoposti i pazienti di questa sperimentazione. I 188 pazienti, tra schizofrenici e volontari sani, che si sono sottoposti ai test hanno visto effettuata una profonda mappatura del loro cervello, che ha posto il luce punti che si credevano estranei al meccanismo della schizofrenia, e soprattutto ha portato allo scoperto la frammentazione della connettività funzionale, ossia al mal funzionamento della comunicazione tra diverse aree della corteccia cerebrale, che è alla base della patologia schizofrenica. (agg. di Fabio Belli)
“PSICOSI HA SEDE A LIVELLO PROFONDO”
Arrivano dall’Istituto di Tecnologia di Rovereto (Trento) una importante scoperta che potrebbe rivoluzionare le terapie per la cura della schizofrenia, forma di psicosi cronica che solamente in Italia colpirebbe circa 250mila persone. Infatti, il team di ricerca del Centro per i Sistemi di Neuroscienze e Cognitivi del suddetto Istituto ha scoperto che la schizofrenia ha origine a un livello molto più profondo di quanto si pensasse nella cosiddetta teoria classica e non invece nella corteccia frontale: dunque, di conseguenza, anche allucinazioni visive, acustiche e quelle in genere legate ai sensi non si generano nella corteccia frontale ma riguardano aree percettive diverse tra loro e ciò comporta che la percezione dei soggetti che sono affetti da psicosi sia già “alterata” prima ancora che si passi a un livello di elaborazione cosciente dei segnali. Ciò si ricollega al fatto che la schizofrenia si caratterizza per un forte “scollamento” dalla realtà in cui il soggetto non è più in grado di distinguere quali avvenimenti o sensazioni siano reali e quali no, inficiando così la sua relazione col mondo esterno e con gli altri individui. (agg. R. G. Flore)
DA IBSEN A VAN GOGH, QUANTI CASI NELLA STORIA DELL’ARTE
Passo importante della scienza nelle evoluzioni che ci portano ad affinare lo studio della schizofrenia. Trovata l’origine nel cervello tramite uno studio che potrebbe permettere anche di trovare la strada per perfezionarne la cura. Sono numerosi nella storia dell’arte e dello spettacolo ad aver accusato problemi simili. Si va dal drammaturgo scandinavo Ibsen che con il suo Casa di Bambola riuscì ad attirare l’attenzione di tutto il mondo. L’esempio più noto però ci porta a Vincent Van Gogh, tanto che la psichiatra Kay Redfield arrivò a dire: “Gli sono state diagnosticate tutte le malattie note all’uomo e forse qualcuna di più“. Patologie quelle mentali che hanno colpito moltissimi personaggi importanti come Tolstoj, Michelangelo, Caravaggio, Twain e molti altri in periodi storici in cui era anche difficile solo fare una diagnosi. (agg. di Matteo Fantozzi)
“IL PRIMO PASSO VERSO TERAPIE PIÙ MIRATE”
Una scoperta sensazionale quella effettuata in simbiosi dal Centro per i sistemi di neuroscienze e cognitivi (Cncs) e dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Lit) a Rovereto. Come pubblicato su Neuroimage: Clinical, è stata individuata la culla della schizofrenia, l’insieme delle aree del cervello coinvolte nelle distorsioni della percezione, dove ha origine appunto questa malattia molto grave. Il coordinatore del gruppo di ricerca, l’italiano Angelo Bifone, ha commentato con entusiasmo i risultati ottenuti: «E’ il primo passo per programmare terapie farmacologiche più mirate». Grazie a questo risultato, viene di fatto contraddetta la teoria che fino ad oggi era più accreditata, quella che sottolineava che le allucinazioni e le alterazioni della percezione hanno origine nella corteccia frontale, un’area situata nel cervello, che serve per controllare alcune funzioni cognitive come il linguaggio e la programmazione di azioni.
“COMUNICAZIONE ALTERATA A LIVELLO MOLTO BASSO”
Per giungere a questo importante risultato, sono state analizzate e confrontate le immagini dell’attività del cervello, attraverso una risonanza magnetica, in 94 persone sane, e in 94 che invece sono malate di schizofrenia. Grazie a questo confronto visivo, si è scoperto che le aree della corteccia frontale, come appunto affermato dalla teoria più accreditata, non sono alterate, ma che le alterazioni della percezione iniziale del segnale avvengono e si riverberano sulle funzioni cognitive superiori. La prima autrice della ricerca Cécile Bordier, ha commentato che tale risultato fa chiaramente comprendere che «la comunicazione è già alterata ad un livello molto basso dell’elaborazione del segnale».